Il danno da perdita immediata della vita

AutoreEdgardo Colombini
Pagine211-218
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Arch. giur. circ. e sin. strad. 3/2015
Dottrina
Il danno da perdIta
ImmedIata della vIta
di Edgardo Colombini (*)
Con ordinanza 4 marzo 2014, n. 5056 la sezione III della
Corte di cassazione civile (in questa Rivista 2014, 386) ha
rimesso al Primo Presidente gli atti del procedimento al
suo esame per l’eventuale intervento delle Sezioni Unite
allo scopo “di def‌inire e precisare per imprescindibili
ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità
del danno non patrimoniale già delineato nel 2008, alla
stregua degli ulteriori contributi di rif‌lessione, tra loro
discordanti, offerti dalla Sezione semplice sul tema del di-
ritto alla risarcibilità iure haereditario del danno da morte
immediata”, visto il contrasto di giurisprudenza esistente
al riguardo in una questione di particolare importanza e
delicatezza.
Contrasto di giurisprudenza che ha coinvolto la stessa
Sezione della Suprema Corte, così come ammesso dai suoi
giudici nell’ordinanza di rimessione.
Osserva, infatti, il Collegio che con la sentenza n. 1361
del 23 gennaio 2014 aveva “affermato il principio secondo
il quale deve ritenersi risarcibile iure haereditario il danno
da perdita della vita immediatamente conseguente alle le-
sioni riportate a seguito di un incidente stradale”. Senten-
za che si poneva “in consapevole contrasto con la propria
precedente giurisprudenza, che più volte ha avuto modo di
pronunciarsi in senso opposto in subiecta materia”.
Nel 2009, ad esempio, la sez. lavoro della Corte di cas-
sazione (vedi sentenza n. 12326 del 27 maggio 2009, in
questa Rivista 2009, 693), riferendosi al principio esposto
nella decisione della sezione III (n. 458 del 13 gennaio
2009) aveva escluso la risarcibilità iure haereditatis anche
del solo danno morale “quando all’evento lesivo sia conse-
guito immediatamente lo stato di coma”.
Tanto dopo aver premesso che “il danno c.d. tanatolo-
gico o da morte immediata va ricondotto nella dimensione
del danno morale, inteso nella sua più ampia eccezione,
come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo
spegnersi della propria vita; ciò perché la lesione dell’inte-
grità f‌isica con esito letale intervenuto immediatamente o
a breve distanza dall’evento lesivo non è conf‌igurabile qua-
le danno biologico dal momento che la morte non costi-
tuisce la massima lesione possibile del diritto alla salute,
ma incide sul diverso bene giuridico della vita (Cass. sez.
III, 30 giugno 1998, n. 6404 e Corte cost. n. 372 del 1994).
Decisione della Consulta la quale aveva precisato che “in
caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo, la
sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia è autono-
mamente risarcibile non come danno biologico, ma come
danno morale iure haereditatis, a condizione, però che
la vittima sia stata in grado di percepire il proprio stato,
mentre va esclusa anche la risarcibilità del danno morale
quando all’evento lesivo sia conseguito immediatamente
lo stato di coma e la vittima non sia rimasta lucida nella
fase che precede il decesso”.
Richiamava anche, la Sezione Lavoro della Corte di
Cassazione, nella decisione dianzi indicata, la sentenza
della III Sezione del 16 maggio 2003, n. 7632, secondo cui
è accoglibile la domanda di risarcimento del danno da per-
dita del diritto alla vita o danno tanatologico, proposta iure
haereditatis dagli eredi del de cuius, in quanto la lesione
dell’integrità f‌isica col verif‌icarsi dell’evento letale imme-
diatamente o a breve distanza di tempo dall’evento lesivo
non è conf‌igurabile come danno tanatologico, in quanto
comporta la perdita del bene giuridico della vita in capo
al soggetto, che non può tradursi nel contestuale acquisto
al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto
al risarcimento, trasferibile agli eredi, attesa la funzione
non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione degli
effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del danno, e la
conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di
un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo ti-
tolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando
la persona abbia cessato di esistere, non essendo possibile
un risarcimento per equivalente che operi quando la per-
sona più non esiste”.
Come si vede aveva radici lontane nel tempo l’orien-
tamento della sezione III della Corte Suprema volto ad
escludere la risarcibilità iure haereditatis anche del solo
danno morale quando all’evento lesivo sia seguita imme-
diatamente la morte.
Più uniforme appare invece nel tempo l’orientamento
della giurisprudenza sulla esistenza o meno di un danno
biologico trasmissibile iure haereditatis.
È suff‌iciente ricordare che nella succitata sentenza
della Sezione Lavoro (ibid. pag. 694) si scriveva che
“in ogni caso - tenuto conto del fatto che la morte è so-
praggiunta a breve distanza dall’incidente (13 ore) - può
richiamarsi in proposito anche Cass. sez. lav. 13 gennaio
2006, n. 517, secondo cui la lesione dell’integrità f‌isica con

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