Il consenso dell'avente diritto

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine155-166

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@1 Caratteri del consenso

@@a) Profili generali

L’art. 50 c.p. prevede la scriminante del consenso dell’avente diritto, stabilendo che non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne.

Questa scriminante si spiega tenendo presente che, se il titolare rinuncia alla tutela di un proprio diritto, viene meno il bene da proteggere e, quindi, lo Stato non ha più interesse a sanzionare eventuali comportamenti lesivi di tale diritto (Mantovani, Antolisei).

Il consenso del titolare del diritto può essere in ogni momento (a meno che risulti impossibile interrompere l’attività consentita prima del suo esaurimento: si pensi ad un intervento chirurgico), in quanto non crea alcun obbligo a carico dell’avente diritto e non trasferisce alcun diritto in capo al soggetto che realizza l’azione.

Affinché il consenso sia valido, lo stesso:prestato dal titolare del bene protetto dalla norma penale o da un suo rappresentante legale o volontario (ad esempio, dal genitore), purché la rappresentanza risulti compatibile con la natura del diritto e dell’atto da consentire (Mantovani);spontaneo (cioè prestato in assenza di violenza, errore o dolo); ad esempio, con riferimento al reato di lesioni personali posto in essere dall’agente come episodio di "nonnismo" a danno di un commilitone, non opera la scriminante del consenso dell’avente diritto, poiché l’accettazione dell’atto lesivo non può considerarsi frutto di una libera determinazione del soggetto passivo, in quanto condizionata dalla forzata convivenza in cui si trovano coinvolti i militari e dal clima di soggezione creato dai più anziani nei confronti dei più giovani, i quali non possono sottrarsi a riti di iniziazione se non vogliono subire ritorsioni o scadere nella considerazione del gruppo (Cass., I, 11-4-2002);, ossia deve sussistere al momento del fatto. Non ha efficacia, invece, il consenso prestato successivamente al fatto (Fiandaca-

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Musco). Deve, inoltre, essere presente durante l’intero svolgimento dell’attività altrui. In relazione, ad esempio, alle pratiche sado masochistiche, la Cassazione ha affermato che, per escludere l’antigiuridicità della condotta lesiva, non basta il consenso del partner espresso nel momento iniziale della condotta, essendo, invece, necessario che il consenso stesso sia presente per l’intero sviluppo di questa; pertanto, la scriminante in esame non può essere invocata se l’avente diritto manifesta, esplicitamente o mediante comportamenti univoci, di non essere più consenziente al protrarsi dell’azione alla quale aveva inizialmente aderito (Cass., I, 16-6-1998); analogamente, poiché il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto, integra il reato di violenza sessuale previsto dall’art. 609bis c.p. la prosecuzione di un rapporto nel caso in cui il consenso originariamente prestato venga meno a causa di un ripensamento o della non condivisione delle modalità di consumazione dell’amplesso (Cass., III, 29-1-2008);lecito, ossia non deve essere contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume;

- può essere dato in qualsiasi forma (dichiarazione verbale, forma scritta etc.).

Il problema, semmai, si pone quando occorre fornire la prova dell’esistenza del consenso e del momento in cui questo è stato prestato. A questo scopo sono utilizzabili tutti gli elementi dai quali sia possibile ricavare che in quel momento il soggetto era consenziente alla lesione o alla messa in pericolo del bene di cui è titolare.

Si può fare lo stesso discorso anche se esiste una dichiarazione espressa e dal comportamento del soggetto o da altri elementi si deduce che egli, in realtà, non aveva acconsentito in quanto la dichiarazione è stata frutto di errore.

Non è necessario, invece, che la volontà del consenziente sia portata a conoscenza del destinatario, purché il consenso sia prestato prima della commissione del fatto (Mantovani).

Al momento del consenso il soggetto deve essere capace di intendere e di volere, ossia deve possedere una maturità sufficiente a intendere il significato e la portata del consenso prestato.

Invece, è richiesta la capacità di agire (ossia la maggiore età) per consentire alla lesione dei diritti patrimoniali, in applicazione del principio civilistico (art. 2 c.c.) che subordina al compimento della maggiore età la facoltà di disporre validamente di tali diritti (Antolisei).

Il consenso può essere anche putativo quando l’agente ritiene, per errore, che sussista il consenso del titolare del diritto. In tale ipotesi, il soggetto non è punibile in virtù dell’art. 59, 4° comma, c.p. (circostanze non conosciute o

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erroneamente supposte). Tuttavia, non ricorre consenso putativo quando debba escludersi, in base alle circostanze, il ragionevole convincimento di operare con il consenso della persona che può validamente disporre del diritto. Per quanto riguarda, invece, il consenso presunto - che si ha quando il soggetto si trova nell’impossibilità di prestare il proprio consenso e, tuttavia, si può presumere che, se avesse potuto, lo avrebbe prestato -, secondo la giurisprudenza (Cass. 21-1-1982) lo stesso non ha efficacia scriminante, ossia non esclude la sussistenza del reato; tuttavia, parte della dottrina (Pagliaro) è di contrario avviso, ritenendo che il consenso presunto può configurarsi quando il soggetto compie il fatto nell’interesse del titolare del diritto (si pensi, ad esempio, a chi si introduce, previa effrazione, nell’abitazione altrui per chiudere il gas dimenticato aperto).

Altri autori (Riz) ritengono che il consenso presunto sia configurabile purché ricorrano, tra l’altro, le seguenti condizioni:

- presenza di tutti i presupposti necessari per un consenso valido ed efficace (capacità del titolare del diritto, disponibilità del diritto etc.);

- mancanza di un dissenso dell’avente diritto o di contrarie indicazioni.

Per una critica al consenso presunto in materia di attività medicochirurgica, vedi par. 4, lett. b.

@@b) Attività medicochirurgica e consenso del paziente

Nel settore dell’attività medicochirurgica, la necessità del consenso si ricava dall’art. 13 della Costituzione, il quale afferma l’inviolabilità della libertà personale - nel cui ambito si ritiene compresa la libertà di salvaguardare la propria salute e la propria integrità fisica -, escludendone ogni restrizione se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previsti dalla legge. Per l’art. 32, 2° comma, Cost., inoltre, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

Si eccettuano i casi in cui:

- il paziente non sia in grado, per...

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