Il condominio parziale, questo sconosciuto

AutoreRenato Del Chicca
Pagine483-484
483
Arch. loc. e cond. 5/2015
Riforma
del condominio
IL CONDOMINIO PARZIALE,
QUESTO SCONOSCIUTO
di Renato Del Chicca
Il condominio parziale è sconosciuto sulla base - al-
meno - di due recenti pronunce della Cassazione. Infatti,
la recente ordinanza Cass. civ., sez. VI, 5 dicembre 2012,
n. 21866 (in questa Rivista 2013, 493) contiene il prin-
cipio secondo cui "le scale, essendo elementi strutturali
necessari alla edif‌icazione di uno stabile condominiale e
mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo
di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così
come indicato nell’art. 1117 c.c., anche relativamente ai
condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada,
in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condomini
ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e
manutenzione della copertura dell’edif‌icio". A conferma di
questo principio viene ricordata la sentenza Cass. civ., sez.
II, 10 luglio 2007, n. 15444 che, in effetti, contiene la me-
desima asserzione. La nota di commento alla predetta or-
dinanza, a f‌irma di Maurizio de Tilla, condivide l’assunto.
Se, però, il Collegio della VI sezione della Cassazione
avesse esteso la propria ricerca un po’ più indietro rispet-
to all’anno, si sarebbe imbattuto in altre pronunce della
Corte di legittimità che gli avrebbero, a mio modesto avvi-
so, fatto enunciare il principio opposto a quello espresso.
Infatti, quest’ultimo conf‌ligge inesorabilmente con quanto
sostenuto nella sentenza delle Sezioni Unite della Cassa-
zione n. 7449 del 7 luglio 1993.
In questa pronuncia del ‘93 si può leggere che nelle de-
cisioni della Corte in cui si è ritenuto «che "la destinazione
particolare vince la presunzione legale di condominio alla
stessa stregua di un titolo contrario", benché si sia richiama-
to erroneamente il concetto di presunzione, del tutto estra-
neo la norma dell’art. 1117 civ., s’é però, enunciato anche il
principio, indubbiamente corretto, secondo cui una cosa non
può proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva
per le sue caratteristiche strutturali soltanto all’uso e al go-
dimento di una parte dell’immobile oggetto di un autonomo
diritto di proprietà». «. . . in quanto la destinazione partico-
lare esclude già all’origine che il bene rientri nella catego-
ria delle cose comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la
norma dell’art. 1117 del codice civile. Come esempio chia-
rif‌icatore può considerarsi l’ipotesi di una scala che serva
per accedere a un solo appartamento dell’edif‌icio condomi-
niale. Non può dubitarsi che essa sia di proprietà esclusiva
del titolare di questa unità immobiliare, ma non perché la
sua destinazione particolare superi la presunzione legale di
comunione, bensì in quanto in tale caso la scala, per le sue
caratteristiche strutturali, non rientra proprio nell’ambito
delle cose comuni di cui all’art. 1117 del codice civile».
Questo principio è confermato, e l’argomento in que-
stione viene trattato in maniera pregevole ed assoluta-
mente esaustiva, nella sentenza Cass. civ., sez. II, 27 set-
tembre 1994, n. 7885 (relatore T. Corona). Vi si può infatti
leggere quanto segue:
Il «condominio parziale» raff‌igura una categoria radi-
cata nell’esperienza e riconosciuta dalla giurisprudenza
la quale, piuttosto che della def‌inizione del principio, si
occupa della decisione dei casi di specie . . . Indipenden-
temente dal titolo - consistente nell’assetto predisposto
dalla autonomia privata - nell’ambito della più vasta con-
titolarità, si ammette la costituzione per legge dei cosid-
detti condomìni parziali sul fondamento del collegamento
strumentale tra i beni: vale a dire, sulla base della neces-
sità per l’esistenza o per l’uso, ovvero della destinazione
all’uso o al servizio di determinate cose, servizi ed impian-
ti limitatamente a vantaggio di talune unità immobiliari.
Per la verità l’asserto che la proprietà comune appartenga
necessariamente a tutti i partecipanti e non si frazioni,
neppure in casi eccezionali, se non in virtù del titolo, non
è più condiviso e, in effetti, non regge alla critica, fondata
sulla ricognizione non aprioristica dei dati positivi.
I presupposti per l’attribuzione della proprietà comune
a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose,
i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi carat-
teri materiali e funzionali, sono necessari per l’esistenza o
per l’uso, ovvero sono destinati all’uso o al servizio non di
tutto l’edif‌icio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di
esso. Pertanto, del diritto soggettivo di condominio forma-
no oggetto soltanto i servizi e gli impianti, effettivamente
uniti alle unità abitative dal collegamento strumentale:
vale a dire, le sole parti di uso comune, che siano necessa-
rie per l’esistenza, ovvero siano destinate all’uso o al servi-
zio di determinati piani o porzioni di piano.
La disposizione, da cui risulta con certezza che le cose, i
servizi e gli impianti di uso comune dell’edif‌icio non appar-
tengono necessariamente a tutti i partecipanti, si rinviene
nell’art. 1123 comma 3 c.c. Secondo questa norma, l’obbliga-
zione di concorrere nelle spese per la conservazione grava sol-
tanto sui condomini, ai quali appartiene la proprietà comune.

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