Il Condominio Con Oltre Sessanta Partecipanti

AutoreAntonio Scarpa
Pagine178-178
178
dott
2/2017 Arch. loc. cond. e imm.
RIFORMA DEL CONDOMINIO
IL CONDOMINIO CON OLTRE
SESSANTA PARTECIPANTI
di Antonio Scarpa
Ci sono delle leggi che sono come il vino cattivo, passa-
no gli anni e peggiorano.
L’art. 67, comma 3, disp. att. c.c., introdotto dalla Riforma
del Condominio entrata in vigore nel 2013, dispone, com’è
noto, che “nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice,
quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta,
ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui
all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappre-
sentante all’assemblea per la gestione delle parti comuni a più
condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza,
ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria
nomini il rappresentante del proprio condominio (…)”.
Per lo meno il presupposto numerico cui è legata l’appli-
cabilità della disposizione in esame è chiaro: quando i parte-
cipanti sono complessivamente più di sessanta, cioè quando
i condomini, intesi come proprietari esclusivi, pro indiviso, di
un’unità compresa nel complesso immobiliare, in conseguen-
za di acquisto per atto tra vivi, o di divisione o anche di suc-
cessione mortis causa, divengano, appunto, più di sessanta.
Peraltro, tutti, leggendo il comma 3 dell’art. 67 disp.
att. c.c., hanno f‌inora inteso che l’obbligo di nomina del
rappresentante sussistesse solo quando si sia in presenza
di una pluralità di edif‌ici, costituiti o meno in distinti con-
domini, ma compresi in un più ampio contesto connotato
dall’esistenza di cose, impianti o servizi comuni (il viale di
accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guar-
diola del portiere, il servizio di portierato, ecc.). Insomma,
la previsione è apparsa nelle sue prime interpretazioni ri-
volta a regolamentare quei complessi residenziali formati
da un insieme di edif‌ici, raggruppati in blocchi, ciascuno
dei quali comprenda diversi corpi di fabbrica, e caratteriz-
zati da parti comuni a ognuno dei blocchi e da parti comu-
ni, invece, unicamente ai singoli blocchi, e perciò apparte-
nenti ai soli proprietari delle unità site in ognuno di essi.
È però incontestabile che la lettera della norma dice
qualcosa di diverso e di più ampio: l’obbligo della nomina del
rappresentante per la gestione delle parti comuni sussiste,
non appena i partecipanti siano più di sessanta, “nei casi di
cui all’articolo 1117-bis del codice”. E i “casi di cui all’articolo
1117-bis del codice” non suppongono necessariamente che vi
siano più edif‌ici, costituiti o meno in distinti condomini, in
quanto, piuttosto, comprendono “tutti i casi in cui più unità
immobiliari o più edif‌ici ovvero più condomini di unità immo-
biliari o di edif‌ici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117”.
Il senso fatto palese dal signif‌icato proprio delle parole
(art. 12 delle preleggi) utilizzate negli art. 67, comma 3,
disp. att. c.c. e 1117-bis c.c. porta allora a ritenere che,
anche in caso di unico edif‌icio composto di più unità im-
mobiliari aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.,
quando i condomini siano in totale più di sessanta, la ge-
stione ordinaria delle parti comuni del pur unico edif‌icio
viene aff‌idata all’assemblea dei rappresentanti.
Si può obiettare che l’art. 67, comma 3, disp. att. c.c. affer-
ma che “ciascun condominio” deve designare il proprio rap-
presentante e che le parti da gestire devono essere “comuni a
più condominii”. Ma ciò cosa vuol dire? Non certo che ciascun
gruppo di unità immobiliari chiamato ad esprimere un proprio
rappresentante debba per forza rivelare una tipologia costrut-
tiva tale da dar luogo ad un edif‌icio "indipendente" ed “autono-
mo”, tale da consentirne lo scioglimento ai sensi degli artt. 61 e
62 disp. att. c.c. Per aversi un “condominio”, sempre in base al
nuovo art. 1117-bis c.c., basta che si hanno almeno due unità
immobiliari, di diversa proprietà esclusiva, che abbiano parti
comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. Se poi le unità immobiliari
di diversa titolarità esclusiva, ma aventi parti comuni ex art.
1117 c.c., sono più di otto, allora è obbligatoria la nomina di un
amministratore, come vuole l’art. 1129, comma 1, c.c. Quando
le unità immobiliari appartenenti a distinti condomini ed
aventi parti comuni ex art. 1117 c.c. siano oltre dieci, è pure
necessario formare il regolamento (art. 1138, comma 1, c.c.).
In def‌initiva, per come sono state scritte le due norme
analizzate, può fondatamente sostenersi che il legislatore
del 2012 abbia pensato di istituzionalizzare un’assemblea
di soli rappresentanti per la gestione ordinaria delle parti
comuni di tutti i complessi immobiliari recanti (indipen-
dentemente dal numero degli edif‌ici autonomini di cui sia
composto) oltre sessanta unità immobiliari di proprietà
esclusiva che presentino almeno una o più parti comuni
fra quelle elencate nell’art. 1117 c.c., in maniera da sem-
plif‌icare il procedimento di convocazione e di votazione
della relativa assemblea. Le parti del più ampio complesso
che siano, per contro, per loro struttura e destinazione,
comuni soltanto ad un numero più limitato degli oltre ses-
santa condomini, saranno gestite da costoro secondo le
ordinarie regole degli artt. 1135 e 1136 c.c.
La situazione di fatto che giustif‌ica, ed anzi impone,
l’operatività del l’art. 67, comma 3, disp. att. c.c. è che vi
siano almeno sessantuno unità immobiliari di titolarità fra-
zionata, le quali abbiano alcune parti comuni a tutte (ad
esempio, anche il cortile, il portone di ingresso, l’androne)
ed altre parti (scale, terrazze, impianti) destinate a servire
unicamente una frazione di esse (art. 1123, comma 3, c.c.).
Se, per assurdo, tutte le oltre sessanta unità immobiliari
del medesimo complesso abbiano in comune le stesse me-
desime parti, e non vi siano, cioè, beni connotati da una
più limitata contitolarità spettante soltanto ad un gruppo
di condòmini, come immagina l’art. 1123, comma 3, c.c.,
non vi sarebbe possibilità logica per delegarne ad un unico
rappresentante la gestione ordinaria. D’altro canto, neppu-
re l’art. 67, comma 3, disp. att. c.c. può funzionare quando
vi siano più di sessanta proprietà singole in sequenza, tipo
villette a schiera, dotate di strutture portanti e di impianti
in comune, perché non avrebbe senso designare un rappre-
sentante in luogo del titolare esclusivo di ciascuna di esse.

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