Il concorso esterno in associazione mafiosa tra legislazione e giurisprudenza
Autore | Valerio Vartolo |
Pagine | 10-14 |
618
dott
7-8/2016 Rivista penale
DOTTRINA
IL CONCORSO ESTERNO
IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
TRA LEGISLAZIONE
E GIURISPRUDENZA
di Valerio Vartolo
SOMMARIO
1. Un dibattito mai sopito. 2. Corte di cassazione penale, Sez.
un., 5 ottobre 1994, n. 16, Demitry. 3. Corte di cassazione
penale, Sez. un., 21 maggio 2003, n. 22327, Carnevale. 4. Cor-
te di cassazione penale, Sez. un., 12 luglio 2005, n. 33748,
Mannino. 5. Corte di cassazione penale, sez. II, 2 maggio
2016, n. 18132, P.G. in proc. T.M. 6. La sentenza della CEDU
Contrada contro Italia. 7. Rilievi critici; 7-1) Sul dolo. 7-2)
Sulla (in)determinatezza della fattispecie – contestazioni e
confusione fra prova e contestazione. 8. Tribunale di Cata-
nia, Giudice delle indagini preliminari, 12 febbraio 2016, n.
1077 . 9. Possibili orizzonti.
1. Un dibattito mai sopito
La recente sentenza della seconda sezione penale della
Corte di Cassazione, in tema di concorso esterno nel reato
associativo mafioso (più correttamente di concorso even-
tuale in un reato a concorso necessario), riaccende il di-
battito, in realtà mai sopito, sulla fattispecie di creazione
giurisprudenziale (utilizzando i canoni degli articoli 110 e
416 bis c.p.) del concorso esterno in associazione mafiosa.
Un dibattito che infiamma la dottrina e la giurisprudenza
perché molti sono i punti da sempre posti all’attenzione
del giurista su questa particolare fattispecie: dall’elemen-
to soggettivo alla condotta delittuosa fino alla stessa com-
mistione fra contestazione dell’imputazione e prova.
Altresì non può non rilevarsi come la particolare atten-
zione su questa fattispecie dipenda, anche, da non pochi
processi penali a carico dei cosiddetti colletti bianchi ri-
tenuti da alcune Procure della Repubblica come contigui
alle associazioni criminali mafiose: processi, i cui esiti
sono stati a volte contradditori fra loro, palesando, in ogni
caso, una certa difficoltà di ricostruzione degli elementi
cardine della fattispecie delittuosa in oggetto.
In questa sede si procederà, dapprima, a ricostrui-
re brevemente la genesi giurisprudenziale del concorso
esterno in associazione mafiosa e poi, traendo spunto dalla
sentenza in commento, si analizzeranno alcuni elementi
di criticità per come rappresentanti dalla dottrina e dalla
stessa giurisprudenza.
2. Corte di cassazione penale, Sez. un., 5 ottobre 1994,
n. 16, Demitry
Questa sentenza (1), che contrariamente alla leg-
genda non è la prima che riconosce il concorso esterno
in associazione mafiosa, è ritenuta, non a torto, la prima
che istituzionalizza la figura delittuosa, delineandone
i contorni, ed è ritornata di attualità perché ripresa dai
giudici europei nella sentenza che ha condannato l’Italia
per la vicenda del poliziotto Bruno Contrada, ma sul pun-
to si tornerà. Tralasciando la storia del processo – impu-
tato non era un politico colluso ovvero un imprenditore
contiguo ma un cancelliere di tribunale accusato di aver
partecipato all’aggiustamento di un processo per conto di
un boss mafioso e del sodalizio criminale – la sentenza è
di straordinaria importanza perché delinea alcuni aspetti
di diritto penale sostanziale che costituiranno lo spunto
per le successive pronunce della Suprema Corte di Cassa-
zione. Chiarito che la peculiarità del concorrente esterno
si delinea nell’assenza dell’affectio societatis, cioè nella
circostanza che il concorrente non è parte organica del
sodalizio criminoso (ed infatti la figura delittuosa è pen-
sata per colpire la cosiddetta zona grigia della contigui-
tà alla mafia) i giudici della Suprema Corte delineano la
necessità che il concorrente ponga in essere un concreto,
specifico, consapevole e volontario contributo a vantag-
gio dell’associazione criminale, e come questo contributo
debba modellarsi è presto detto: il contributo deve essere
posto in essere anche mediante un solo intervento tale da
consentire all’organizzazione criminale di mantenersi in
vita, anche limitatamente ad un dato settore di attività.
Ne consegue che in questa prima prospettazione il concor-
so esterno o meglio il contributo del concorrente esterno
afferisce ad un dato momento della vita associativa, ed
in particolare si inserisce in una fase di difficoltà ovvero
fibrillazione dell’associazione criminale. Tale assunto, e
cioè che il contributo del concorrente esterno si sostanzi
in una condotta posta in essere in un dato e soprattutto
circoscritto momento, in particolare un momento di fibril-
lazione, ha destato non poche perplessità, proprio per il
carattere e le peculiarità delle organizzazioni criminali
mafiose, le quali, storicamente, tendono a cercare appoggi
e commistioni con i poteri politici ed imprenditoriali, cir-
costanza per la quale ritenere che simili contatti sarebbe-
ro indicativi di uno stato di difficoltà ovvero di fibrillazio-
ne significherebbe sovvertire alcune delle più elementari
regole di esperienza in tema di organizzazioni mafiose e
dunque non avrebbe senso alcuno ritenere che tali con-
tatti si realizzano esclusivamente in presenza di una fase,
per così dire, patologica o di fibrillazione dell’organizza-
zione criminale. Quanto all’elemento soggettivo, i giudici
della Suprema Corte orientano la propria ricostruzione
sulla figura del dolo generico, che, nel caso della figura
delittuosa in oggetto, si mescola al dolo specifico richie-
sto dalla fattispecie delittuosa di cui all’art. 416 bis c.p.
Si è, dunque, ancora lontani dal dolo diretto di contribu-
zione (cui si farà cenno subito dopo) ma, per paradosso,
tale ricostruzione del dolo, operata dai giudici in questa
sentenza, appare più in linea con l’esigenza di puntellare
una differenza con il dolo proprio del partecipe tout court
all’associazione criminale.
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