Il concorso apparente di norme

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine315-326

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@1 Profili generali

Si ha concorso apparente di norme quando una medesima condotta soltanto in apparenza risulta riconducibile a più fattispecie incriminatrici, mentre in realtà integra un solo reato e una sola norma è ad essa applicabile.

Da questa nozione emergono i presupposti fondamentali dell’istituto:

- l’esistenza di una medesima situazione di fatto;

- la pluralità di norme apparentemente applicabili, non essendo concepibile un concorso di una norma con se stessa (Mantovani).

Anche se il più delle volte si verifica tra disposizioni incriminatrici, il concorso apparente di norme può sussistere anche tra norme differenti (scriminanti, circostanze etc.).

Il concorso apparente di norme rappresenta un fenomeno opposto rispetto al concorso di reati, nel quale, come visto, alle molteplici fattispecie incriminatrici applicabili corrispondono più reati.

Per individuare i casi di concorso apparente la dottrina dominante ricorre a determinati criteri di accertamento, quali quello di specialità, di sussidiarietà e di consunzione (o assorbimento).

A questo proposito, occorre precisare che, secondo una parte della dottrina (Antolisei), solo il criterio di specialità trova esplicito riconoscimento codicistico (art. 15 c.p.), ed è quindi l’unico criterio applicabile per risolvere il problema del concorso apparente di norme (teoria monistica); l’orientamento maggioritario (FiandacaMusco, Padovani), invece, ritiene che al criterio di specialità si affiancano anche i criteri della sussidiarietà e della consunzione, ricavabili implicitamente dalle norme del codice penale (teoria pluralista).

@2 Il principio di specialità

L’art. 15 c.p. dispone che "quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione

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di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito".

Tale norma determina il principio della prevalenza della legge speciale rispetto alla generale (lex specialis derogat legi generali). Il rapporto di specialità tra fattispecie si ha quando una norma (speciale) descrive un fatto che presenta tutti gli elementi del fatto previsto dall’altra (generale) e, inoltre, uno o più elementi cd. specializzanti. Con la conseguenza che la norma generale, di portata più ampia rispetto alla norma speciale, sarebbe comunque in grado di regolare quel fatto allorché la norma speciale venisse a mancare.

Un rapporto di specialità ricorre, ad esempio, tra gli artt. 610 (violenza privata) e 611 c.p. (violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato). L’art. 611 c.p. è norma speciale rispetto all’art. 610 c.p., poiché mentre in quest’ultima ipotesi il soggetto passivo è costretto a fare "qualche cosa", nell’art. 611 c.p., in sostituzione del più generale "qualche cosa", la violenza o la minaccia devono essere finalizzate a far commettere un reato alla persona offesa. Pertanto, se Tizio usa violenza nei confronti di Caio per costringerlo a commettere un furto, Tizio risponde soltanto del reato previsto dall’art. 611 c.p. e non anche di quello previsto dall’art. 610 c.p., proprio in virtù dell’applicazione del principio di specialità posto dall’art. 15 c.p. (CadoppiVeneziani).

E ancora, l’art. 642 c.p.

- che punisce la fraudolenta distruzione della cosa propria -costituisce un’ipotesi criminosa speciale rispetto al reato di truffa di cui all’art. 640 c.p.: nel primo, infatti, sono presenti tutti gli elementi della condotta caratterizzanti il secondo e, in più, come elemento specializzante, il fine di tutela del patrimonio dell’assicuratore (Cass., VI, 13-11-2003).

Ciò premesso, occorre chiarire il concetto di stessa materia cui fa riferimento l’art. 15 c.p., attorno al quale ruota tutta la tematica del concorso apparente di norme. Si tratta, infatti, di un presupposto necessario ai fini dell’applicazione del principio di specialità, in quanto proprio nell’identità della materia regolata risiede il fondamento del concorso apparente di norme (Garofoli).

A questo proposito, si riscontrano in dottrina e giurisprudenza numerose interpretazioni:

  1. per alcuni autori (Spiezia, BettiolPettoello, Mantovani) e la giurisprudenza prevalente (Cass. S.U. 29-10-1997; 29-2-1996; S.U. 21-4-1995), "stessa materia" significa stesso bene protetto; pertanto, il rapporto di specialità si configura soltanto fra norme incriminatrici che tutelano beni giuridici identici od omogenei. Ad esempio, non sussiste rapporto di specialità tra il delitto di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e quello di riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.), trattandosi di reati che tutelano interessi diversi: la correttezza dei rapporti familiari nella prima ipotesi, lo status libertatis dell’individuo nella seconda (Cass., V, 1-7-2002).

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    Il riferimento all’identità od omogeneità del bene protetto risulta eccessivamente generico, in quanto è affidato a interpretazioni soggettive, variabili a seconda del tipo di interesse che questo o quel giudice ritiene tutelato dalla norma penale incriminatrice. Inoltre, comporta un trattamento sanzionatorio eccessivamente rigoroso, in quanto potrebbe capitare che uno stesso fatto venga punito con più sanzioni solo perché offende più interessi penalmente protetti (ad esempio, si avrebbe concorso di reati tra l’ingiuria, dove il bene tutelato è l’onore, e l’oltraggio ad un magistrato in udienza, dove il bene tutelato è il prestigio dell’amministrazione della giustizia).

  2. per altri autori (FiandacaMusco) il concetto di "stessa materia" vale semplicemente a indicare una stessa situazione di fatto che si presta a essere regolata, a prima vista, da più norme penali incriminatrici.

    Si è sostenuto (Conti, Siniscalco), tuttavia, che quest’interpretazione, supponendo che un unico fatto sia riferibile a più disposizioni, non fa altro che riaffermare l’essenza stessa del concorso apparente di norme, risultando, pertanto, del tutto inutile.

  3. secondo un ulteriore indirizzo (Antolisei), che ha riscosso scarso successo in giurisprudenza, l’espressione "stessa materia" deve essere intesa in senso ampio e quindi non solo comprensiva delle ipotesi in cui uno stesso fatto rientra in due o più norme incriminatrici, ma anche delle ipotesi in cui uno stesso fatto concreto sia riconducibile a più fattispecie criminose anche se fra di loro non sussiste "in astratto" alcun rapporto di genere a specie (cd. specialità in concreto). Secondo questa tesi, il concorso va risolto applicando la norma che meglio si adatta al caso...

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