Il compenso dell'amministratore condominiale
Autore | Barbara Gambini |
Pagine | 370-371 |
370
dott
4/2015 Arch. loc. e cond.
RIFORMA DEL CONDOMINIO
il Compenso
dell’amministratore
Condominiale
di Barbara Gambini
Prima di scendere nel dettaglio dell’analisi delle di-
sposizioni codicistiche in tema di compenso dell’ammini-
stratore di condominio, anche al fine di intenderne la ra-
tio, occorre, seppur brevemente, soffermarsi sulla natura
dell’incarico che svolge l’amministratore condominiale.
Esaminando la natura fiduciaria che, anche prima della
L. n. 220/2012, ha da sempre connotato il rapporto contrat-
tuale instaurato tra l’assemblea di condominio ed il suo
amministratore, la giurisprudenza unanimemente ha indi-
viduato nel mandato il tipo di contratto cui far riferimento
per la regolamentazione dei rapporti assemblea/ammini-
stratore, in aggiunta alle previsioni specifiche contenute
nel libro III, titolo VII, capo II del codice civile.
Con la legge di riforma del condominio tale orientamen-
to è stato esplicitato nell’art. 1129, quindicesimo comma,
c.c., ai sensi del quale “per quanto non disciplinato dal
presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla
sezione I del capo IX del titolo III del libro IV” e cioè le
disposizioni di cui agli artt. 1705 e ss., in tema di contratto
di mandato.
Partendo da tale assunto, e tornando al tema trattato,
è necessario ricordare che, secondo la previsione dell’art.
1709 c.c., vige la presunzione di onerosità del mandato
secondo cui, al pari di qualsiasi altro mandatario, al-
l’amministratore di condominio spetta un compenso per
l’attività svolta; trattandosi peraltro di presunzione iuris
tantum, è ben possibile superarla con la prova contraria
derivante da un differente accordo (possibilmente scritto
o, comunque, verbalizzato in contraddittorio) o da una
consuetudine contraria.
Circa la onerosità dell’incarico di amministratore di
condominio, il nuovo disposto dell’art. 1135 n. 1, in tema
di attribuzioni dell’assemblea di condominio, prevede che
quest’ultima deliberi, oltre che sulla nomina dell’ammini-
stratore, anche sul suo eventuale compenso. Circa le mag-
gioranze necessarie per addivenire ad una valida delibera
su tale argomento, occorre chiarire che necessiterà un
quorum deliberativo costituito da un numero di voti che
rappresenti, in prima convocazione, la maggioranza degli
interventi ed almeno la metà del valore dell’edificio; in
seconda convocazione, la maggioranza degli intervenuti
ed almeno un terzo del valore dell’edificio (fermi i quorum
costitutivi di cui al primo e terzo comma dell’art. 1136 c.c.).
Nel caso in cui una unità immobiliare sia gravata dal diritto
di usufrutto, sarà l’usufruttuario che dovrà deliberare sul
compenso dell’amministratore e non il nudo proprietario.
Per usi locali diversi, si procederà di conseguenza.
Orbene, se è incontroverso che l’assemblea debba deli-
berare sul compenso dell’amministratore, vediamo, nello
specifico, l’oggetto di tale delibera, analizzando il disposto
del nuovo art. 1129, quattordicesimo comma, c.c. ai sensi
del quale: “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della
nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente,
a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a
titolo di compenso per l’attività svolta”.
Antecedentemente alla legge di riforma del condo-
minio, in sede di assemblea che deliberava alla nomina
dell’amministratore, questi poteva presentare due tipi di
preventivi per il suo compenso: a forfait o dettagliati. È
di tutta evidenza che la prima tipologia, prevedendo una
voce unica, doveva considerarsi onnicomprensiva di qual-
siasi attività svolta dall’amministratore nell’esercizio del
suo mandato, non risultando legittima la richiesta di voci
aggiuntive, magari presentate (rectius: inserite surretti-
ziamente) in sede di approvazione di bilancio consunti-
vo. Per la seconda tipologia, qualora l’amministratore si
trovasse a richiedere compensi specifici ed aggiuntivi ri-
spetto a quelli deliberati dall’assemblea, si era da sempre
posto il problema della liceità di tale richiesta, in assenza
di delibere assembleari autorizzative.
La giurisprudenza consolidatasi in materia, anteceden-
temente alla riforma del condominio, ha unanimemente
confermato che “in tema di condominio, l’attività dell’am-
ministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento
dei suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa,
quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al mo-
mento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività
amministrativa di durata annuale e non deve, pertanto,
essere retribuita a parte”, (Cass,, sent. n. 22313/2013, e, in
senso conforme, Cass., sent. n. 1224/2010, e Cass. sent. n.
3596/2003). Ed, ancora, che non opera, ai fini del ricono-
scimento di un compenso suppletivo, in mancanza di una
specifica delibera condominiale, la presunta onerosità del
mandato allorché “è stabilito un compenso forfettario a
favore dell’amministratore, spettando comunque all’as-
semblea condominiale il compito generale di valutare l’op-
portunità delle spese sostenute dall’amministratore che,
quindi, non può esigere neppure il rimborso di spese da
lui anticipate non potendo il relativo credito considerarsi
liquido ed esigibile senza un preventivo controllo da parte
dell’assemblea” (Cass., sent. n. 14197/2011).
Dopo la L. n. 220/2012, il nuovo art. 1129, quattordice-
simo comma, c.c. reca, al fine di fare definitivamente chia-
rezza nei rapporti tra condomini ed amministratore, una
norma assolutamente sanzionatoria secondo cui, qualora
l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina o
della conferma, non dia indicazione specifica ed analitica
del compenso relativo alla sua attività, si ha nullità della
nomina stessa.
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