Il collegamento fra reati

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine763-767

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@1. Il collegamento tra reati: in generale.

Il capitolo del collegamento tra reati è uno dei più vasti ed appassionanti del diritto penale, croce e delizia di ogni autore che vi si voglia impegnare.

Molteplici sono, infatti, i campi d'applicazione che il diritto positivo impone della categoria (anche in diritto civile si parla, molto di «contratti collegati» (MESSINEO).

Alcuni casi di collegamento ineriscono esclusivamente al sistema sanzionatorio: ad esempio, all'art. 304, terzo comma, c.p. è stabilito che «tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'accordo».

Già se si comincia ad esaminare la struttura degli artt. 361 ss. c.p., i problemi, aumentano, e non di poco.

Si tratta dell'omessa denuncia di reati perseguibili d'ufficio.

Quindi, nel fatto di reato sono presenti degli elementi normativi inerenti a un altro fatto di reato. Ma, si badi, l'omessa denuncia di reato non presuppone la commissione effettivamente avvenuta di un reato, ché, altrimenti, i giudici potrebbero «chiudere bottega». Si tratta dell'obbligo di denunciare degli accadimenti di fatto indizianti in ordine ad un'ipotesi di reato (BRUNELLI, COPPI, BORGOGNO).

Il reato di cui all'art. 361 c.p., come quelli successivi (artt. 362-365), è omissivo proprio, e, quindi, l'obbligo di denuncia promana immediatamente dalla legge penale. Ma bisogna distinguere, quanto all'errore invocalibile: esso non potrà riguardare, per giurisprudenza costante, i connotati formali dell'obbligo (esempio: profili territoriali, e, in genere, di competenza), poiché, in questi limiti, varrebbe sempre l'inesorabile disposto dell'art. 5 c.p. (MANZINI); potrà, invece, riguardare il carattere di reato del fatto di cui si è omesso la denuncia (esempio: l'obbligato si può ingannare sull'estensione di una legge di depenalizzazione - art. 47, terzo comma, c.p. -).

Quanto all'ipotesi di errore sulla perseguibilità (si crede trattarsi di delitto perseguibile a querela, mentre si tratta di perseguibilità d'ufficio), si deve dar ragione al MANZINI, che opta per l'inescusabilità ex art. 5 c.p., e non alla dottrina avversa (ANTOLISEI, BRUNELLI), che applicherebbe l'istituto dell'errore di fatto, più segnatamente sul fatto, ex art. 47, primo comma, c.p.

A prescindere dal rilievo che la querela è istituto «misto», di punibilità e procedibilità, di diritto sostanziale e processuale, l'argomento decisivo proviene dal diritto positivo: gli artt. 361, terzo comma, e 362, secondo comma, c.p., nell'esimere, in via edittale, dall'obbligo quando si tratti di delitti perseguibili a querela, limitano, così, il tipo di reato, ma, allora, è sulla legge penale che si cade in errore quando ci si inganna sull'estensione della limitazione del penalmente rilevante. E crediamo che tale impostazione debba seguirsi anche a proposito della seconda parte del secondo comma dell'art. 362 c.p.: anche in questa particolare situazione la legge pone dei limiti all'obbligo, e, quindi, l'errore non può che cadere sulla stessa estensione della legge penale (artt. 104 L. 22 dicembre 1975, n. 685, e 32, primo comma, L. 26 giugno 1990, n. 162).

Se si incolpi falsamente taluno di un fatto del quale si ignora il carattere di reato, non si risponderà di calunnia, poiché, qui, non si tratterà di un errore sul divieto imposto dall'art. 368 c.p., ma sul fatto richiamato, nei suoi caratteri di reato; così dicasi per l'autocalunnia, se l'autoincolpazione abbia ad oggetto un fatto del quale si ignora il carattere di reato (ANTOLISEI, BRUNELLI; contra, MANZINI).

Se la calunnia, o l'autocalunnia, riguardi un reato perseguibile a querela, richiesta o istanza, e questa non sia presentata, per costante giurisprudenza, manca la calunnia, perché non si incolpa, o non ci si incolpa, di un reato; d'altra parte, anche se non fosse così, mancherebbe l'evento della lesione del bene «Amministrazione della giustizia». Invece, nei casi di cui agli artt. 361 ss. c.p., l'esenzione legislativa dall'obbligo riguarda soltanto i reati perseguibili a querela, non, anche, quelli perseguibili a richiesta o istanza (MANZINI).

@2. La presunzione di reati.

Ma non siamo ancora nel campo di quel particolare collegamento tra reati che va sotto il nome di presupposizione.

Quando si calunnia, o ci si autocalunnia, può darsi che s'attribuisca falsamente, ad altri od a sè stessi, un reato commesso da altre persone, ma può darsi, anche, che un reato non sia mai stato commesso; analogamente, riguardo ai casi di cui agli artt. 361 ss. c.p., può darsi che, nella competente sede, per qualsiasi ragione, sia esclusa la sussistenza del reato i cui estremi (nel senso suddetto) erano stati denunciati da chi vi fosse obbligato.

La presupposizione di reati è tema che va studiato insieme al fenomeno del «post factum non punibile», a quello dell'acessorietà, del concursus subsequens, e, comunque, va inquadrato nel capitolo del collegamento tra reati (PARAGGI).

Per non dilungarci, e per spiegarci meglio, prenderemo in esame due titoli di reato in ordine ai quali si sono sempre accesi i dibattiti più eleganti ed ampii: il delitto di favoreggiamento personale e quello di ricettazione (artt. 378 e 648 c.p.).

Già sotto il vigore del codice Zanardelli poteva dirsi, ormai, al riguardo, superato l'inquadramento di tali fattispecie criminose nella dommatica del concursus subsequens: colui che favorisce taluno, dopo che lo stesso ha commesso un delitto, non può dirsi concorrente ex post nel delitto, né può dirsi concorrente ex post nel delitto presupposto colui che acquisti un oggetto che ne provenga.

Non di meno, è da osservare che sia per la prima figura criminosa (art. 225, primo comma, cod. Zanardelli), sia per la seconda (art. 421, terzo comma, cod. Zanardelli), la pena era ancorata a quella del reato presupposto.

Anche se il nostro legislatore ha escluso questa sorta di collegamento, si continua a parlare, per il favoreggiamento personale e per la ricettazione, di reati accessori rispetto al presupposto (LANNI, BONINI, FIANDACA, MUSCO).

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Riteniamo preferibile la terminologia del PARAGGIO (reati collegati). E ciò per molteplici ragioni.

@3. Presupposizione e cause estintive del reato.

Se si volesse applicare rigorosamente la categoria dell'accessorietà, si dovrebbe applicare la regola accessorium...

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