Il caso Taricco. Scheda riassuntiva

AutoreBartoli Laura
Pagine1-1
1
Arch. nuova proc. pen. 1/2016
Dottrina
IL CASO TARICCO.
SCHEDA RIASSUNTIVA
di Laura Bartoli
Il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale
di Cuneo, nell’ambito d’un processo per frode IVA, osserva
che uno dei reati è già caduto in prescrizione, mentre per
le fattispecie più gravi il termine spirerà entro il febbraio
2018; la concreta irrogazione di un’eventuale pena appare
dunque un’ipotesi assai improbabile. Con ordinanza del 17
gennaio 2014, il magistrato adisce in via pregiudiziale la
Corte di giustizia dell’Unione europea ritenendo che l’art.
160, quarto comma, c.p., in quanto prevede «un prolun-
gamento del termine di prescrizione di appena un quarto
a seguito di interruzione», contravvenga a diversi vincoli
derivanti dal diritto europeo. La disciplina censurata, es-
sendo alla radice di una sistematica «impunità» rispetto
alle frodi IVA, falserebbe il gioco della concorrenza, costi-
tuirebbe aiuto di stato, farebbe sorgere un’esenzione IVA
non prevista dalla direttiva che regola la materia e viole-
rebbe il principio delle f‌inanze sane.
Sulla questione conclude il 30 aprile 2015 l’avvocato ge-
nerale presso la Corte di giustizia Juliane Kokott; nessuna
delle norme richiamate consente di fornire una risposta
utile al giudice del rinvio; tuttavia, egli ricava dall’ordi-
nanza un quesito implicito. L’asse si sposta verso l’art. 325
TFUE, che impone agli Stati membri il dovere di prevedere
sanzioni eff‌icaci, proporzionate e dissuasive a tutela degli
interessi f‌inanziari dell’Unione. Ad avviso dell’avvocato
generale, se la disciplina della prescrizione inf‌iciasse l’ef-
f‌icacia e la capacità dissuasiva degli strumenti repressivi
predisposti dall’ordinamento interno, essa contravverreb-
be agli obblighi europei; il giudice nazionale avrebbe dun-
que il dovere di disapplicarla. Questa soluzione, secondo
le conclusioni di Kokott, non trova ostacolo nel principio
di legalità: anche ipotizzando un sostanziale allungamen-
to dei termini di prescrizione, non si aggraverebbe la re-
sponsabilità penale degli imputati nè s’istituirebbe una
diversa fattispecie incriminatrice, e tanto basta a restare
nell’alveo dell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea e dell’art. 7 della Convenzione euro-
pea dei diritti dell’uomo.
Con la sentenza dell’8 settembre 2015, la Corte di giu-
stizia fa proprie le conclusioni dell’avvocato generale: se
considerate in astratto, le sanzioni penali che l’ordinamento
italiano oppone alle frodi gravi sono effettive e dissuasive.
Il termine di prescrizione stabilito per l’ipotesi in cui inter-
vengano atti interruttivi, tuttavia, se impedisse l’applicazio-
ne delle pene in un numero considerevole di casi, le ren-
derebbe ineff‌icaci, violando così il primo paragrafo dell’art.
325 TFUE. In più, se gli interessi f‌inanziari della Repubblica
Italiana fossero tutelati più intensamente di quelli europei,
si entrerebbe in rotta di collisione anche con il secondo
comma dell’art. 325 TFUE e, fa notare la Corte, il diritto na-
zionale «non prevede, in particolare, alcun termine assoluto
di prescrizione per quel che riguarda il reato di associazione
allo scopo di commettere delitti in materia di accise sui pro-
dotti del tabacco». Il giudice nazionale è quindi tenuto a di-
sapplicare, se necessario, la normativa interna per dare pie-
na eff‌icacia alle disposizioni del trattato. L’effetto in malam
partem che verrebbe a determinarsi non contrasta, secondo
la Corte, con il principio di legalità, per come formulato in
sede europea: il perimetro e le conseguenze dell’illecito, in-
fatti, resterebbero in ogni caso immutati.
Sul fronte interno, alla sentenza della Corte di giustizia
hanno fatto immediato seguito due provvedimenti. Da un
lato, la Corte di cassazione ha disapplicato, con decisione
assunta nell’udienza del 17 settembre 2015, la normativa
nazionale indicata; le motivazioni, tuttavia, non sono
ancora note. Dall’altro, la Corte d’appello di Milano, con
ordinanza del 18 settembre 2015, ha sollevato questione
di legittimità costituzionale, invocando la categoria dei
controlimiti. La norma impugnata è la legge di ratif‌ica
ed esecuzione del Trattato di Lisbona, nella parte in cui
impone al giudice nazionale di disapplicare gli artt. 160 e
161 c.p., così come prescritto dalla sentenza Taricco, an-
che quando dall’operazione discendano effetti sfavorevoli
per l’imputato. Investendo anche gli aspetti relativi alla
punibilità, infatti, il principio di legalità espresso dall’art.
25 Cost. copre a pieno titolo l’istituto della prescrizione:
alla disapplicazione, pur sdoganata dalla Corte di giusti-
zia, conseguirebbe l’instaurarsi di un regime sfavorevole,
in chiaro attrito con un principio fondamentale di ordine
costituzionale. I giudici milanesi hanno quindi rimesso la
questione alla Consulta, che si è sempre riservata il sinda-
cato sulle leggi di esecuzione del Trattato «in riferimento
ai principi fondamentali del nostro ordinamento costitu-
zionale e ai diritti inalienabili della persona umana».

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT