Le identità perdute

AutoreGiovanni Fontana
Pagine105-109
1149
Rivista penale 12/2016
Varie
LE IDENTITÀ PERDUTE
di Giovanni Fontana
Rif‌lettendo su questo complesso e complicato periodo
storico, mi rendo conto quante, delle certezze d’un tem-
po, siano venute meno; soffermandomi sugli stati d’animo
delle mie f‌iglie e dei relativi coetanei, mi domando quanto
possa apparire così diff‌icile, se non impossibile, il loro fu-
turo.
Probabilmente, è solo una preoccupazione di un geni-
tore, comunque da ricondurre al suo inevitabile invecchia-
mento quando, per un giovane, è vincente l’imposizione
del coraggio della ragione, per la ricostruzione di un fu-
turo migliore.
Tra queste incertezze, comunque, ve n’è una ch’è co-
mune ai più giovani ed ai meno giovani, impegnati nella
tutela della sicurezza pubblica, sia nazionale, come locale.
Si tratta della certezza sull’identità della persona sot-
toposta al controllo di polizia.
Ebbene, al di là di tutto quello che andremo a dire,
sulle motivazioni e sulle modalità del controllo dell’iden-
tif‌icando, si deve evidenziare che rientra tra i principali
(se non, il principale) compiti della pubblica sicurezza -
ancorché in forma ausiliare, come nel caso del controllo
di polizia locale (1) - quello di identif‌icare le persone non
altrimenti identif‌icabili (art. 4 T.U.L.P.S. e art. 289, comma
7 Reg. T.U. Cit.).
A parere di chi scrive, si rileva che a fronte di un sem-
pre più incessante aggiornamento professionale sulla
normativa vigente - europea, nazionale, regionale e locale
- non si impegnano adeguate risorse sulle tecniche di po-
lizia inerenti il controllo documentale e l’identif‌icazione
delle persone.
In buona sostanza, a fronte di una potenziale e perfetta
documentazione dell’attività di polizia, possiamo lasciare
impunito (2), anche il peggior delinquente denunciato a
piede libero in ragione del possesso di un documento falso
(talvolta, anche mal fatto) e, quindi, di un non-documen-
to, inidoneo, in quanto tale, a far riconoscere con certezza,
chi ne risulta il titolare.
Soffermiamoci, quindi, sul concetto di documento.
Etimologicamente, documento, deriva dal latino
documentu(m), derivativo di docere e quindi, insegnare,
dimostrare; più propriamente “ciò che serve a insegnare”.
Non a caso, sono proprio gli storici a fondare e dimostrare
i propri assunti sull’esistenza e sul contenuto dei docu-
menti acquisiti, a scopo di studio, ricerca o consultazione.
Dunque, ciò che non consente di riconoscere fatti o sta-
ti certi, non può essere considerato un documento.
Il documento, per def‌inizione, altro non può essere
se non lo scritto che convalida o certif‌ica la realtà di un
fatto, di una condizione, di una situazione, specialmente
in ambito burocratico, amministrativo o giuridico; in par-
ticolare, certif‌icato, attestato rilasciato da una pubblica
autorità.
Infatti, è la pubblica autorità che attesta la veridicità
del contenuto del documento e di quello che, tramite il
documento stesso, si vuole rappresentare.
Dunque, il documento di identità personale (che nel
nostro ordinamento è, per antonomasia, la carta di identi-
tà) contiene i dati salienti della persona che lo detiene e
che dichiara di esserne il titolare, ivi compresa l’eff‌ige del
suo volto; ma non potrebbe avere la dignità e la funzione
del documento, se non fosse stato rilasciato da una pubbli-
ca amministrazione.
Tant’è che, ai sensi dell’art. 293 del Regolamento del
T.U.L.P.S., le tessere per l’uso dei biglietti di abbonamento
ferroviario sono considerate titoli equipollenti alla carta
di identità, quando contengano la dichiarazione esplicita
che sono state rilasciate previo accertamento dell’identi-
tà personale dei titolari; ancora, che si considerano equi-
pollenti alla carte di identità le tessere di riconoscimento
munite di fotograf‌ia e di timbro a secco da chiunque rila-
sciate, quando l’identità del titolare risulti convalidata da
dichiarazione scritta da un organo dell’amministrazione
dello Stato.
Ma sono comunque da considerare, documenti in gene-
re (abilitazioni, nulla osta, certif‌icazioni, ecc.), quelli che
contengono fatti o stati particolari della persona e che, in
quanto tali e siccome rilasciati dalla pubblica autorità,
consentono alla persona a poterne fare uso laddove richie-
sto dalla legge.
Non a caso, l’eventuale falsif‌icazione degli stessi, costi-
tuisce uno dei delitti contro la c.d. fede pubblica.
In buona sostanza, l’atto inidoneo ad attestare il vero
- sia perché contiene la descrizione di fatti o stati non ve-
ritieri, sia perché chi lo rilascia, non è una pubblica am-
ministrazione o non è abilitato a farlo - è da considerare
un non-documento e, in quanto tale, inidoneo ad essere
immesso in circolazione.

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