I procedimenti speciali

AutoreStefano Ambrogio
Pagine279-298

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@1 I riti speciali

Oltre al procedimento ordinario di cui abbiamo parlato nei capitoli precedenti, il codice prevede numerosi procedimenti che in varia misura si discostano dal rito ordinario.

La dottrina (Tonini) distingue a tale proposito tra:

- procedimenti differenziati che sono quelli che pur rispettando la successione delle fasi tipica del procedimento ordinario (indagini preliminari, udienza preliminare e dibattimento) presentano rispetto a quest'ultimo delle differenze. Sono procedimenti differenziati il procedimento presso il tribunale monocratico, quello presso il giudice di pace, quello presso il tribunale dei minori e il procedimento che accerta la responsabilità amministrativa dell'ente;

- procedimenti speciali, che sono quelli che si differenziano dal modello ordinario in quanto omettono alcune delle fasi tipiche di questo procedimento e che analizzeremo in questo capitolo. Sono anche detti riti alternativi in quanto gli stessi sono frutto di una scelta discrezionale delle parti volta a deviare il procedimento rispetto alle regole generali in tema di giudizio penale.

I procedimenti speciali, di cui si occupa il libro VI del codice di procedura penale, si distinguono di due gruppi (Tonini):

- il primo comprende i riti che per giungere più celermente al giudizio, eliminano l'udienza preliminare (giudizio direttissimo e giudizio immediato);

- il secondo comprende i riti che invece omettono la fase dibattimentale (giudizio abbreviato, patteggiamento e procedimento per decreto). Omettendo il dibattimento con tutte le garanzie per la difesa che questo riconosce, questi procedimenti speciali possono essere attivati solo con il consenso esplicito o implicito dell'imputato.

La scelta del rito alternativo, pur comportando per l'imputato la privazione delle specifiche garanzie dell'udienza preliminare o del dibattimento, è dettata però dai corrispondenti benefici che lo stesso imputato ne trae in termini di rapida definizione della sua posizione processuale e, con riguardo al rito abbreviato, al patteggiamento e al procedimento per decreto, in termini di riduzione della pena nell'ipotesi di condanna.

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Si è spesso definito il processo penale come processo collaborativo, (Riccio), nel senso che l'accordo delle parti può superare i limiti posti dalla norma e, per i fini che qui interessano, può consentire l'accesso a riti speciali. Alcuni (patteggiamento, giudizio direttissimo ove non sia convalidato l'arresto) sono, infatti, attivati solo con l'accordo tra le parti (p.m. e imputato).

Vi sono, tuttavia, procedimenti speciali che sono rimessi all'iniziativa di una singola parte. Rientrano in tale categoria:

- il giudizio abbreviato, che può essere richiesto dal solo imputato ai sensi dell'art. 438 c.p.p. senza che rilevi il consenso del p.m.;

- il giudizio direttissimo nei casi previsti dall'art. 449 c.p.p. (ad eccezione dell'ipotesi di cui al 2° comma, che richiede l'accordo tra le parti);

- il giudizio immediato, che può essere frutto dell'iniziativa dell'imputato (in caso di rinuncia all'udienza preliminare ai sensi dell'art. 419, 5° comma, c.p.p.) oppure del p.m. ai sensi dell'art. 453 c.p.p.;

- il procedimento per decreto previsto dall'art. 459 c.p.p., che attribuisce la iniziativa al p.m.

Compete, infine, al giudice verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dal legislatore per poter procedere secondo le norme dei procedimenti speciali.

@2 Il giudizio abbreviato

Il giudizio abbreviato (art. 438 c.p.p.) è quel rito speciale in base al quale l'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare sulla base degli atti legittimamente confluiti nel fascicolo del p.m.: per esempio, sulla base delle sommarie informazioni fornite alla polizia giudiziaria (Cass., I, 11-5-1993) o delle dichiarazioni rese dall'indagato in assenza del suo difensore acquisite sul luogo o nell'immediatezza del fatto (Cass., I, 30-1-1998) etc.

La richiesta dell'imputato può essere formulata, oralmente o per iscritto, solo dopo l'esercizio dell'azione penale da parte del p.m.; non a caso la norma attribuisce tale facoltà all'imputato e non all'indagato. Termine finale per la richiesta del rito è quello dell'esposizione delle conclusioni nel corso dell'udienza preliminare.

Tuttavia, la Corte costituzionale ha ammesso che l'imputato possa reiterare, prima dell'apertura del dibattimento, la richiesta di giudizio abbreviato condizionato quando la medesima sia stata respinta dal g.u.p. (sentenza 23-5-2003, n. 169).

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Sulla richiesta il giudice delle indagini preliminari provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.

La normativa sul giudizio abbreviato è stata fortemente modificata dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (cd. legge Carotti) che ha eliminato il consenso del pubblico ministero cui prima era subordinata la decisione del g.u.p. sulla disposizione del rito. Ne deriva che, attualmente l'imputato, ove presenti la relativa richiesta, ha diritto di essere giudicato mediante il rito abbreviato, così da usufruire, in caso di condanna, della riduzione di pena prevista dalla legge. La normativa vigente non consente, infatti, al giudice di respingere la richiesta di abbreviato anche se le prove raccolte durante la fase delle indagini preliminari risultino carenti, sottraendogli ogni valutazione in relazione alle eventuali carenze investigative, ai fini della scelta del rito; tale scelta compete, infatti, all'imputato, e non può essere limitata da una scarsa efficienza del p.m.

Nel giudizio abbreviato il giudice deve giudicare, come abbiamo visto, allo stato degli atti raccolti durante le indagini preliminari. L'art. 438 c.p.p. prevede però due ipotesi di integrazione probatoria:

- quando il giudice, che non può respingere la richiesta di abbreviato, ritenga le indagini incomplete e tali da non permettergli di decidere nel merito e, quindi, debba assumere d'ufficio ulteriori elementi di prova necessari ai fini della decisione (art. 441 c.p.p.);

- quando l'imputato avanzi una richiesta di abbreviato condizionato, ovvero subordini il suo consenso a essere giudicato sulla base degli atti allo svolgimento, da parte del g.u.p., di ulteriori specifici accertamenti.

Nel caso di abbreviato condizionato, il giudice è chiamato a svolgere una duplice valutazione, in quanto questa particolare forma di abbreviato è ammessa solo se l'ulteriore accertamento richiesto (Cass., III, 8-10-2003):

- sia necessario ai fini della decisione, ovvero riguardi un fatto non verificato ed essenziale per la ricostruzione della vicenda;

- sia compatibile con le finalità di economia processuale, ovvero riguardi una fonte di prova diversa da quelle già raccolte.

Ad esempio, se l'imputato chiede l'abbreviato condizionato all'audizione della persona offesa, che ha già fornito sommarie informazioni nel corso delle indagini preliminari, il giudice deve respingere la richiesta, poiché la ripetizione di un atto già compiuto è in contrasto con la funzione del rito. Se la richiesta di rito abbreviato è accolta, il p.m. deve essere ammesso alla prova contraria, per consentire un pieno contraddittorio sul fatto oggetto dell'accertamento.

In seguito a questa attività di integrazione probatoria potrebbero derivare modifiche alle contestazioni sulla base dei nuovi elementi acquisiti.

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Normalmente nel giudizio abbreviato non sono ammesse nuove contestazioni: infatti, l'imputato, nel momento in cui sceglie il rito, deve essere garantito in ordine all'ambito dei fatti a lui ascritti, al fine di non vedersi esposto, dopo aver rinunciato al dibattimento, a ulteriori accuse.

Ne consegue che solo nel caso di ulteriori accertamenti, dovuti alla richiesta di integrazione probatoria dell'imputato o alla valutazione d'ufficio del giudice, sono ammesse modifiche alle contestazioni sulla base delle nuove circostanze emerse.

L'imputato, anche in questo caso, non resta privo di tutela, in quanto viene rimesso in termini per operare di nuovo una scelta tra il rito abbreviato e il rito ordinario; tale scelta, al pari della richiesta di abbreviato, deve provenire direttamente dall'imputato, che la esprime personalmente o tramite procuratore speciale. Si pensi, ad esempio, al caso in cui, all'esito dell'audizione di altre persone presenti ai fatti, emerga l'uso di un'arma utilizzata per la commissione della rapina oggetto dell'abbreviato, motivo per il quale il p.m. deve contestare l'aggravante specifica di cui al 3° comma dell'art. 628 c.p.

Nel giudizio abbreviato si osservano le disposizioni previste per l'udienza preliminare. Esso quindi si svolge in camera di consiglio a meno che gli imputati non facciano tutti concorde ed espressa richiesta di procedere a udienza pubblica (art. 441 c.p.p.).

La parte civile può costituirsi però non può opporsi al giudizio abbreviato. Se accetta il rito abbreviato, come nel caso in cui si costituisca dopo l'ammissione del rito speciale, la parte civile può presentare le sue richieste e il giudizio civile, eventualmente instauratosi prima del processo penale, resta sospeso; se, invece, rifiuta, la domanda di risarcimento sarà decisa dinanzi al giudice civile.

Dichiarata chiusa la discussione, il giudice deve emettere sentenza di condanna o di assoluzione, valutando gli atti presenti nel fascicolo del p.m., le indagini investigative, gli accertamenti svolti da entrambe le parti dopo la richiesta di rinvio a giudizio, nonché tutte le prove eventualmente raccolte nel corso dell'udienza preliminare (art. 442 c.p.p.).

Il giudizio abbreviato è un rito premiale, per cui nel caso di condanna l'imputato ha diritto alla riduzione di un terzo della pena (art. 442 c.p.p.). Nel caso in cui il giudice dichiari la responsabilità dell'imputato, egli deve prima determinare la pena oggetto della condanna e poi ridurla nella misura fissa di un terzo. Ad esempio, se la pena per il reato è stabilita in tre anni di...

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