I Cinque Moduli Del Giudizio Direttissimo Tipico

AutoreElga Turco
Pagine357-369
357
dott
Arch. nuova proc. pen. 4/2017
DOTTRINA
I CINQUE MODULI
DEL GIUDIZIO DIRETTISSIMO
TIPICO
di Elga Turco
Abstract
La scelta di veicolare l’esercizio dell’azione penale
nelle forme del giudizio direttissimo – di esclusiva perti-
nenza del pubblico ministero – è subordinata all’integra-
zione di una serie di presupposti delineati dal legislatore
in modo non sempre nitido. Alle questioni interpretative
che ruotano attorno agli originari moduli tratteggiati dal
nomoteta del 1988 – istantaneo e consensuale – e a quelli
“ritoccati” nel 2008 – ad arresto già convalidato e contro il
reo confesso –, se ne aggiungono delle altre, che coinvolgo-
no il nuovo modulo di giudizio direttissimo “istantaneo”,
introdotto nel 2013, legato alla convalida dibattimentale
dell’inedita misura cautelare ex art. 384-bis c.p.p.: l’allon-
tanamento d’urgenza dalla casa familiare.
The public prosecutor’s choice to exercise the prosecu-
tion in the form of the “direct judgment” is subject to the
integration of a number of assumptions outlined by the le-
gislature in not always clear form. There are interpretive
issues about the original modules outlined by the legisla-
ture in 1988 – instantaneous and consensual – and about
those “touched up” in 2008 – validated arrest and against
the self-confessed –, plus other issues, about the direct jud-
ging, introduced in 2013, linked to the validation hearing
of the special precautionary measure governed by art. 384
bis c.p.p.: removal of urgency from the family home.
SOMMARIO
1. Note introduttive. 2. Casi e modi del giudizio direttissimo ti-
pico: prof‌ili generali. 3. Il giudizio direttissimo “istantaneo”;
3-1) I rapporti tra convalida e giudizio direttissimo “istan-
taneo”. 4. Il giudizio direttissimo consensuale. 5. Il giudizio
direttissimo ad arresto già convalidato. 6. Il giudizio direttis-
simo contro il reo confesso. 7. Il nuovo giudizio direttissimo
“istantaneo” per la persona allontanata d’urgenza dalla casa
familiare ex art. 384-bis c.p.p.
1. Note introduttive
«Talora accade che il modo di contenersi dell’agente, o
altre circostanze, presentino il fatto in guisa tale da rendere
evidente o quasi la imputabilità f‌isica dell’agente stesso, cioè
il rapporto di causalità materiale tra il fatto medesimo e l’in-
dividuo di cui si tratta […]. Orbene, in simili casi sarebbe
spesso inutilmente pedantesco procedere ad una istruzione
preliminare, sia pure sommaria, mentre, d’altra parte, è più
che mai opportuna l’applicazione del principio, per cui la
persecuzione e la repressione riescono tanto più eff‌icaci e
più esemplari quanto più sono spedite e pronte» (1).
Con queste parole il Manzini, circa quarant’anni fa,
riassumeva la ratio ispiratrice del “direttissimo”, contem-
plato tra i giudizi speciali (artt. 502-505 c.p.p. abr.) – su-
bito dopo il rito in contumacia (artt. 497-501 c.p.p. abr.)
e immediatamente prima del procedimento per decreto
(artt. 506-510 c.p.p. abr.) – e sorretto da situazioni di “pre-
sunta evidenza probatoria”: la f‌lagranza seguita da arresto
(comma 1) e la commissione del reato da persona arre-
stata, detenuta o internata in esecuzione di una misura di
sicurezza (comma 3) giustif‌icavano l’“immediatezza” del
giudizio e l’“esemplare” punizione del colpevole.
La scelta di veicolare l’esercizio dell’azione penale
nelle forme del giudizio direttissimo – di esclusiva perti-
nenza del pubblico ministero – era subordinata alla condi-
zione che l’accertamento del reato non richiedesse l’esple-
tamento di «speciali indagini».
Non si è dovuto attendere molto perché una nuova “lo-
gica emergenziale”, in risposta all’acuirsi di fatti delittuosi
di particolare allarme sociale, mutasse radicalmente le
coordinate del rito: attraverso una serie di leggi speciali,
il legislatore, esaltando il prof‌ilo della esemplarità e tra-
dendo l’ideologia che permeava l’archetipo tradizionale,
ha abbattuto gli angusti argini codicistici, aff‌iancando al
modello ordinario una costellazione di giudizi direttissimi
“atipici” obbligatori, extra codicem, totalmente svincolati
da circostanze idonee a rendere “evidente” la prova del
fatto e della colpevolezza e destinati ad una serie di reati
lesivi della “sicurezza sociale”: reati annonari, di stampa,
elettorali e commessi con il mezzo della cinematograf‌ia
o della rappresentazione teatrale; reati concernenti le
armi o le munizioni e gli esplosivi; delitti di rapina, rapina
aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di
persona a scopo di rapina o di estorsione, violenza contro
un pubblico uff‌iciale o agente di polizia giudiziaria o della
forza pubblica; taluni reati valutari e alcuni delitti com-
messi da appartenenti alle forze di polizia (2).
Si è trattato di una mutazione genetica (3) che non ha
affatto convinto il legislatore del 1988 (4) il quale, optato
per il mantenimento in vita del procedimento, nell’ottica
di potenziare meccanismi di semplif‌icazione processuale
(diversamente dalla legge-delega del 1974 e dal proget-
to preliminare del 1978, che, prediligendo una soluzione
estrema, avevano deliberatamente rimosso, tra i proce-
dimenti speciali, il predetto rito), ma ripudiata l’idea di
piegare il giudizio direttissimo a strumento di repressione
immediata ed esemplare diretto a “sedare l’allarme so-
ciale”, ha espunto tutte – o meglio, quasi tutte – le ipotesi
atipiche (5), recuperando gli elementi caratterizzanti il
tradizionale rito, secondo le indicazioni contenute nella
direttiva n. 43 della legge-delega 16 febbraio 1987 n. 81:
la facoltatività del procedimento – rimesso alla valutazio-
ne discrezionale del pubblico ministero – e la necessità di
una situazione di “limpidezza probatoria”, tipizzata in due
fattispecie, arresto in f‌lagranza e confessione del reo. Sa-
rebbe l’una o l’altra di tali circostanze a rendere superf‌luo

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