La disciplina della crisi del gruppo bancario tra vincoli di partenza ed evoluzione del contesto normativo

AutoreAntonella Brozzetti
Pagine1045-1078
Antonella Brozzetti
La disciplina della crisi del gruppo bancario
tra vincoli di partenza ed evoluzione del contesto normativo*
S: 1. Osservazioni introduttive. – 1.1. Segue: origini e vincoli di partenza della disciplina dei grup-
pi bancari. – 1.2. Segue: contenuto del lavoro. – 2. Alcune caratteristiche della disciplina del gruppo
bancario condizionanti l’esame delle disposizioni sulla crisi del medesimo: a) la forza attrattiva (sem-
pre più ridimensionata) della disciplina delle banche rispetto alle società aventi natura non bancaria.
– 2.1. Segue: b) la rilevanza, sul piano di applicazione soggettivo, dei conni normativi del gruppo. –
3. I presupposti oggettivi dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrati-
va della capogruppo. – 3.1. Le integrazioni (e i dubbi) di cui alla l. 190/2008. – 4. Ulteriori rilievi
circa la forza attrattiva della disciplina bancaria: a) con riferimento alla interdipendenza tra crisi della
capogruppo e crisi delle società del gruppo. – 4.1. Segue: b) nei confronti della fattispecie (improbabi-
le) del gruppo “di fatto”. – 5. Funzioni e poteri dei commissari straordinari e dei commissari liquida-
tori: i riessi della disciplina dei gruppi societari nonché dei provvedimenti c.d. anticrisi. – 6. Qualche
considerazione d’assieme. – 6.1. Un inquadramento dell’attività di direzione e coordinamento funzio-
nale all’intelligenza delle norme sulla disciplina della crisi del gruppo. – 6.1.1. Il rilievo del diritto
comune dei gruppi. – 6.1.2. La riorganizzazione della vigilanza su base consolidata. – 6.1.3. L’interes-
se di gruppo tra diritto speciale e diritto comune. – 6.1.4. Il prolo della responsabilità della capo-
gruppo. – 6.2. I connotati oggi attribuibili alla disciplina sulla crisi del gruppo bancario.
1. Il modello organizzativo di gruppo si è sviluppato nel mercato nanziario, coniu-
gandosi con quello alternativo di banca universale, ed è stato una scelta obbligata nei casi
di riserve legali di attività a favore di alcuni intermediari. La progressiva formazione di
gruppi, anche intersettoriali, ha determinato rischi aggiuntivi per le imprese nanziarie in
essi integrate, ha fatto emergere dicoltà nell’avere una visione e conoscenza reale dell’espo-
sizione complessiva al rischio nonché – è il punto che qui interessa più da vicino – mag-
giori pericoli di trasmissione delle crisi all’interno del conglomerato, ed ha posto quindi
particolari esigenze di raorzamento delle discipline settoriali. Esigenze soddisfatte con
interventi sia ex post, in corrispondenza di fenomeni di instabilità bancaria (si pensi alla
crisi della B.C.C.I. e all’emanazione della direttiva 95/26/CE), sia ex ante, al ne di preve-
nire gli eetti destabilizzanti derivanti dalle dicoltà nanziarie incontrate dagli interme-
diari inseriti in un “conglomerato nanziario” (direttiva 2002/87/CE) ed altresì di favorire
un approccio di controllo dei rischi di tipo consolidato (accordo c.d. di “Basilea II”, con-
uito nelle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE).
In linea di principio, ma anche sul piano concreto (vista la tenuta del nostro sistema
bancario alla recente crisi dei mercati nanziari internazionali), il processo di regolamen-
tazione ha dotato le autorità di vigilanza di strumenti idonei a valutare nel complesso la
situazione anche prospettica di ogni intermediario, sia come singolo sia come apparte-
nente ad un gruppo, focalizzati sulla solvibilità degli stessi ma anche sulla gestione delle
crisi. Infatti, seppure il ripetersi nel tempo di fenomeni di instabilità bancaria, originati
* Una precedente versione di questo contributo è pubblicata in Dir. banc. mer. n., 2010, n. 2, I, 195-242.
1046 Studi in onore di Umberto Belviso
da cause molteplici, denota la dicoltà di costruire un apparato di regolamentazione e
di supervisione capace di assicurare la stabilità nanziaria1 (non a caso a livello europeo
si è subito messo in moto il meccanismo di revisione delle direttive settoriali), va però
sottolineato che la presenza all’interno della normativa creditizia di adeguati strumenti
di identicazione e risoluzione delle crisi rappresenta un prerequisito indispensabile per
guidare e/o arginare gli eetti delle stesse2.
Il fatto che la crisi dei mercati nanziari del 20083 abbia trovato il suo detonatore
nella scelta (scriteriata, ma obbligata) del governo americano di lasciar fallire la Lehman
Brothers, banca di investimento a capo di un gruppo avente ramicazioni internaziona-
li4, la vicenda della Northern Rock e in particolare l’insicurezza che ha colpito i deposi-
tanti dopo la decisione della Bank of England di “comunicare” al pubblico la concessio-
ne di assistenza nanziaria alla banca in crisi (facendo perno sul suo ruolo di Lender of
last resort) – per citare solo alcuni degli aspetti particolarmente signicativi –, portano a
puntare lo sguardo proprio sugli strumenti a disposizione delle autorità di vigilanza per
la risoluzione delle crisi e sul loro utilizzo. L’emanazione coordinata e condivisa a livello
internazionale di apposite legislazione anticrisi dimostra che la loro presenza è necessaria
ma può non essere suciente5.
1.1. L’ordinamento italiano si caratterizza per la presenza di una disciplina delle
crisi relative al gruppo bancario contenuta negli artt. 98-105 t.u.b., la cui fonte si trova
negli artt. 32-40 del d.lgs. 356/1990 che a loro volta davano attuazione all’indicazione di
1 Si vedano gli atti del convegno organizzato dalla Banca d’Italia su “Financial market regulation after nan-
cial crises: the historical experience”, Roma, 15-17 aprile 2009, reperibili sul sito http://www.bancaditalia.it/
studiricerche/convegni/atti/Financial_Market_Regulation
2 La mente corre verso il cambiamento di rotta dell’ordinamento inglese che, dopo il crollo di numerose
banche nazionali, ha introdotto con il Banking Act del 12 febbraio 2009 una legge concorsuale speciale per
le imprese bancarie (in precedenza ad una crisi delle medesime veniva infatti applicato il diritto fallimentare
comune di cui all’Insolvency Act del 1986). Sulla nuova Bank Insolvency procedure si veda ampiamente D
P, Crisi nanziaria e salvataggio delle banche inglesi. Il Banking Act 2009, suppl. al n. 1/2009 della Riv.
trim. dir. economia, disponibile sul sito www.rtde.luiss.it, in part. 23 ss.
3 La bibliograa sul punto è ormai amplissima, in particolare si possono vedere O, I nodi al pettine.
La crisi nanziaria e le regole non scritte, Bari, 2009; M, T, Il secondo pilastro di
Basilea 2. Prove di stress per le banche o per la vigilanza, in Banca impresa soc., 2009, 73 ss.; S, Crisi dei
mercati nanziari, vigilanza, regolamentazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 45 ss., ove diusi riferimenti.
4 Sul tema V, Chapter 11 e tutela dei creditori (note a margine del caso Lehman Brothers, in Dir.
banc. merc. n., 2009, II, 67 ss.
5 Anche se il fallimento del gruppo Lehman mette in guardia gli intermediari sul piano del moral hazard, i
numerosi interventi di nazionalizzazione e di salvataggio di banche lasciano intendere che la presenza di una
disciplina sulla crisi di fronte ad un conglomerato bancario di grandi dimensioni acquisisca una valenza
prevalentemente simbolica, alla stregua cioè di segnale per il mercato circa l’esistenza di poteri a disposizio-
ne delle autorità di vigilanza volti a tener sotto controllo le dicoltà emerse nel conglomerato coinvolto.
Torna anche alla mente la saggezza sottesa al richiamo einaudiano sul “non far romore” allorquando si in-
terviene in campo bancario. Seppure la tempesta nanziaria internazionale ha lasciato inalterata la struttura
del settore creditizio italiano, va infatti tenuto presente che sono emerse remore rispetto alla facoltà per le
banche di attingere ai primi sistemi di ripatrimonializzazione introdotti con la legislazione d’urgenza
dell’autunno 2008, dettate non solo dalla loro scarsa appetibilità, ma anche dal timore di compromettere la
ducia e reputazione nei loro riguardi da parte del mercato; sul punto cfr. O, Crisi dei mercati nan-
ziari e intervento statale, in Corr. giur., 2008,1633.
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predisporre una «disciplina delle situazioni di crisi» con riferimento al gruppo, presente
nell’art. 5, lett. d), della l. delega 218/19906. In quegli anni il legislatore nazionale appar-
ve piuttosto lungimirante in quanto, in forma del tutto autonoma rispetto al contesto
comunitario, volle aancare uno specico trattamento delle crisi inerenti al “gruppo ban-
cario” ai più tradizionali strumenti di vigilanza consolidata informativa e regolamentare
allora in fase di rielaborazione in sede europea e poi conuiti nella direttiva n. 92/30/
CEE. Dietro quegli articoli v’era, more solito, la regia della Banca d’Italia. In un volume
apparso nel febbraio del 1989, muovendo dalla «solidarietà dei risultati economici, per cui
la crisi di una componente si ripercuote sulle altre», l’autorità di vigilanza chiedeva un’in-
tegrazione dei propri poteri conoscitivi e di intervento nei confronti del gruppo bancario.
Prospettava, quindi, una disciplina che, accanto a strumenti di ordine informativo e rego-
lamentare, prevedesse «procedure di gestione delle crisi aziendali: – relativamente a pro-
grammi di riassetto per il risanamento nel caso di crisi reversibile; – relativamente a pro-
cedure estintive di tipo concorsuale nel caso di crisi irreversibile»7. In eetti la stessa storia
bancaria di quel decennio, costellata da scandali e crisi di importanti gruppi nazionali (in
primis il Banco Ambrosiano, ma poi anche il Banco di Napoli e la BNL), spingeva verso
un raorzamento a tutto campo dei controlli sulle banche articolate in gruppo8.
In linea con gli originari vincoli di partenza delineati dall’art. 5 della l. 218/1990,
la normativa sulla crisi del gruppo bancario, ripresa poi in modo sostanziale nel t.u.b. del
1993, risente della peculiarità della fattispecie gruppo così come introdotta nell’ordina-
mento creditizio ed ha quindi un connotato ben denito: a) considera solo i proli
strettamente funzionali alle esigenze della vigilanza9 – e in ispecie quello della salvaguar-
6 I relativi materiali normativi si possono consultare in B D’I, La ristrutturazione della banca
pubblica e la disciplina del gruppo creditizio, in Quaderni di ricerca giuridica, n. 26, gennaio 1992, cfr. l’ap-
pendice, 227 ss. e in part. la Relazione illustrativa al d.lgs. 356/1990, 321 ss.
7 Cfr. B D’I, Intermediazione nanziaria non bancaria e gruppi plurifunzionali: le esigenze di rego-
lamentazione prudenziale, “Temi di discussione del servizio studi”, n. 113, febbraio 1999, rispettivamente
177 e 179. La crisi ha fatto emergere a livello europeo la lacuna relativa all’assenza di una organica legisla-
zione comunitaria sui gruppi operanti nel mercato nanziario. Il nostro paradigma, fondato su una gestione
coesa ed accentrata del gruppo bancario, potrebbe rappresentare un valido punto di partenza per la regola-
mentazione dei conglomerati cross-border. La Banca d’Italia sta nuovamente svolgendo un’azione importan-
te su tale linea, promuovendo l’idea: a) dell’adozione del modello italiano che poggia sul riconoscimento del
ruolo di coordinamento della capogruppo e fornisce un quadro di riferimento sulla distribuzione di diritti
e responsabilità tra le componenti del gruppo; b) dell’attribuzione alla capogruppo della funzione di intera-
gire con il collegio dei supervisori e il conseguente compito di far adottare alle imprese appartenenti al
gruppo le indicazioni fornite da quest’ultimo; cfr. C, Indagine conoscitiva sugli strumenti di vigilanza
europea dei mercati nanziari, creditizi e assicurativi, Audizione al Senato della Repubblica del 16 dicembre
2009, in www.bancaditalia.it, p. 16. Anche in sede ABI si sottolinea come la proposta della Commissione
di introdurre a livello comunitario il concetto di “gruppo bancario” risponda ad un auspicio dell’Associazio-
ne bancaria che vede nella normativa civilistica italiana il riconoscimento di una gestione accentrata dei
gruppi, idonea “in tempi normali” a ridurre “i costi di compliance” nonché “a sfruttare le economie di scala
e di scopo” e soprattutto, “in tempi di crisi”, a “minimizzare i costi di insolvenza e mantenere la ducia del
mercato”: cfr. F, Indagine conoscitiva europea sugli strumenti di vigilanza europea dei mercati nanzia-
ri, creditizi e assicurativi, Audizione al Senato della Repubblica del 9 dicembre 2009, in www.abi.it, p. 5.
8 Per un’ecace sintesi della storia bancaria del nostro paese si rinvia a B, Corso di legislazione bancaria,
Tomo I, Legislazione bancaria italiana (1861-2010), Pisa, 2010, passim.
9 Come nota S, sub artt. 98-105, Introduzione, in Commento al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385.

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