Proprietà e (governo del) territorio

AutoreCabiddu M.A.
Pagine673-681
673
Maria Agostina Cabiddu
PROPRIETÀ E (GOVERNO DEL) TERRITORIO
SOMMARIO: I. Dalla proprietà liberale alla proprietà liberante. - II. La molteplicità degli statuti pr oprietari. -
III. Funzione sociale e accesso alla proprietà. - IV. Diritto di proprietà e governo del territorio. - V. Il
territorio come bene comune.
I. Dalla pr oprietà liberale alla propr ietà liberante
Figura paradigmatica del concetto stesso di diritto soggettivo, la proprietà conqui-
sta il centro della scena pubblica tra la fine del sec. XVIII e l’inizio del XIX, quando il
binomio libertà-proprietà, bandiera della nascente borghesia, diventa principio di orga-
nizzazione e di funzionamento dell’intero sistema giuridico. Sullo sfondo, l’idea, risa-
lente al padre dell’individualismo liberale, che “ricchezza e beni sono il prodotto del
lavoro”1, cioè espressione dell’agire libero e creativo dell’uomo, che garantisce a cia-
scuno di possedere “quel tanto di cui può far uso”2, giustificando, da un lato, l’equi-
parazione della proprietà ai diritti di libertà e al diritto a lla vita, dall’altro, la ricondu-
zione sotto lo stesso concetto di “pr operty di tutto ciò che attiene all’individuo e ai
suoi bisogni. Su questa base culturale, si innestano le riflessioni dei “philosophes
francesi e si fonderanno, più tardi, la Dichiarazione dei diritti del 1789 (che qualifica la
proprietà come diritto sacro e inviolabile), la Costituzione del 1791 e il Codice Napo-
leone, che rivalutando l’antecedente di origine romanistica del “dominium ex iure
Quiritium”, designante l’appartenza piena ed esclusiva di una r es a un civis definisce
la proprietà come “diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta,
purché non se ne faccia un uso proibito dalle leggi o dai regolamenti” (art. 544)3.
Questa concezione sarà recepita anche dal nostro Statuto albertino (art. 29) e dal
codice civile del 1865 (art. 536) e tuttavia, già nella seconda metà dell’Ottocento,
quando il sistema di produzione di massa fa emergere il fenomeno della organizzazione
degli interessi privati e dei conflitti fra forze sociali contrapposte, l’accento definitorio,
fino ad allora posto sulla naturalità e l’assolutezza del diritto considerato, si sposta sul-
la sua dipendenza dalla legge positiva, sicché esso potrà essere limitato solo che il legi-
slatore lo ritenga necessario per armonizzarlo con gli interessi generali.
In questo mutato clima sociale e culturale si radicano la Costituzione di Weimar e
la maggior parte delle Costituzioni del secondo dopoguerra, fra le quali quella italiana,
il cui art. 42 (integrato dagli articoli 41, 43, 44 e 47 per alcune specie di beni), conden-
sa in poche righe il risultato dell’aspro dibattito in Assemblea Costituente, segnando il
passaggio dalla classica concezione liberale, di tipo essenzialmente negativo, a un ap-
proccio finalistico, che attribuisce alla norma giuridica la funzione di coordinare il
principio economico, cioè la ricerca del soddisfacimento dei bisogni del singolo indivi-
duo con l’interesse generale4.
1 LOCKE, Scritti editi ed inediti sulla tollera nza, trad. it., Torino, 1961, 138.
2 LOCKE, Due tratta ti sul governo, II, trad. it., Torino, 1968, 339.
3 RODOTÀ, Il ter ribile dir itto. Studi sulla proprietà privata , Bologna, 1 981; cfr. GROSSI, Propr ie
(Diritto intermedio), in Enc. Dir., XXXVII, Milano, 1998, 226 ss.
4 RODOTÀ, La proprietà all’assemblea Costituente, in Politica del dir itto, 1979, 395 ss.; ID., Il terribi-
le diritto, cit.; ID., sub 42, in AA.VV., Commentario alla Costituzione, a cura di BRANCA, Bologna Roma,
1982, 69 ss.; MACARIO, Art. 42, in AA.VV., Commentario alla Costituzione, I, a cura di BIFULCO, CELOTTO,
OLIVETTI, Torino, 2006, 945 ss

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