Governo e pubbliche amministrazioni nella Costituzione e nell'evoluzione dell'ordinamento repubblicano
Autore | Salerno G.M. |
Pagine | 543-568 |
543
Giulio M. Salerno
GOVERNO E PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI NELLA COSTITUZIONE
E NELL’EVOLUZIONE DELL’ORDINAMENTO REPUBBLICANO
SOMMARIO: I. Una premessa: il quadro dei principi costituzionali. - II. La prima fase dei rapporti tra Go-
verno e Amministrazione sino agli anni Ottanta: una stagione improntata alla continuità e alla stabilità
- III. La seconda fase dei rapp orti tra Governo e Amministrazione: un’intensa – e convulsa – stagione
di riforme. - IV. In particolare: le modifiche costituzionali, e in specie la rif orma del Titolo V. - V.
Un’innovazione dovuta ai regolamenti e alle prassi parlamentari: la sfiducia individuale. - VI. Le nu-
merose innovazioni legislative. - 1. L’attuazione del principio costituzionale relativo alla disciplina
della numerazione, della struttura e dell’organizzazione dei ministeri. - 2. Gli interventi sul sistema
dei controlli sull’a mministrazione. - 3. Lo spoils system. - 4. Gli uffici di diretta collaborazione. - 5.
La distinzione tra funzioni di indirizzo politico e di gestione amministrativa. - 6. La dirigenza. - 7. La
privatizzazione e la contrattualizzazione del rapp orto di impiego pubblico. - VII. L’espansione
dell’amministrazione emergenziale. - VIII. Le autorità indipendenti. - IX. Le innovazioni derivanti
dall’esterno dell’ordinamento, ed in specie le r egole tecniche e i sistemi di soft law, la competizione
globale come competizione tra ordinamenti, e il diritto amministrativo europeo. - X. Conclusioni.
I. Una premessa: il quadro dei principi costituzionali
Non vi è chi non veda come il vigente quadro delle prescrizioni costituzionali ine-
renti ai rapporti tra Governo e pubbliche amministrazioni sia assai scarno. Anzi, può
dirsi che siffatto profilo ordinamentale sia retto da principi per lo più impliciti e ricava-
bili in via induttiva. Per l’individuazione di questi ultimi, infatti, è necessario ricostrui-
re in senso relazionale le non molte disposizioni costituzionali che concernono distin-
tamente la composizione del Governo, l’assetto degli apparati ministeriali, la posizione
giuridica dei componenti dell’esecutivo e dei pubblici funzionari, i limiti e le condizio-
ni posti all’azione amministrativa, e la tutela giurisdizionale offerta nei confronti di
quest’ultima. Un quadro siffatto, è evidente, non solo consente peculiare flessibilità
nella concreta attuazione dei principi desumibili dal dettato costituzionale, ma permette
anche di approntare molteplici e differenziate forme di interrelazione tra Governo e
pubbliche amministrazioni, pur sempre nel rispetto dei vincoli risultanti dai seguenti
principi fondamentali.
Il primo principio è quello in base al quale il Governo è strutturato per ministeri ai
sensi dell’art. 95, comma 3, Cost. La concezione presente sullo sfondo del dettato co-
stituzionale, dunque, è la permanente corrispondenza tra il vertice politico nazionale ed
il sistema complessivo degli organi dotati di poteri amministrativi. In breve, l’intero
apparato burocratico della Repubblica si collega, almeno dal punto di vista funzionale,
all’istituzione Governo, che, per l’appunto, per un verso è denominato espressamente
come “il Governo della Repubblica” (art. 92, comma 1, Cost.), per altro verso è titolare
della “politica generale del Governo” (richiamata nell’art. 95, comma 1, Cost.) di cui
risponde alle Camere sulla base del rapporto fiduciario (art. 94 Cost.). Ciò implica che
il Governo debba essere organizzato e suddiviso in dicasteri capaci di abbracciare
l’intero spettro delle attività di carattere amministrativo esercitate nell’ordinamento re-
pubblicano. In questo senso, se, in ragione delle sfere di autonomia amministrativa co-
stituzionalmente riconosciute e garantite a favore di altri enti e istituzioni, il Governo
della Repubblica non può dirsi posto direttamente a capo di tutta l’amministrazione
pubblica in senso strettamente gerarchico, esso stesso ne costituisce il punto unitario di
riferimento, configurandosi così come l’organo unitariamente responsabile innanzi al
Parlamento dell’indirizzo che il vertice statale dell’esecutivo formula ed imprime –
544
mediante gli atti di propria competenza sulla base del principio di legalità – allo svol-
gimento dell’intera gamma delle attività amministrative pubbliche.
Il secondo principio è quello secondo cui la disciplina dei ministeri è subordinata
alla previa legge, ossia all’atto tipicamente espressivo della volontà del Parlamento, ai
sensi dell’art. 95, comma 3. Dunque, la decisione sull’organizzazione dell’amministra-
zione pubblica direttamente riconducibile al Governo è rimessa al Parlamento. In tal
senso non è ammessa la piena autonomia normativa del Governo – dovendo que-
st’ultimo agire soltanto sulla base e nei limiti di quanto stabilito dalla legge, né tanto
meno può essere riconosciuta la facoltà di auto-organizzazione da parte delle ammini-
strazioni stesse. Sussiste, infatti, il timore del famoso “trittico legislativo” adottato sot-
to il fascismo (l. 2263/1925, l. 100/1926 e l. 2693/1928) e che aveva sostanzialmente
sottratto al Parlamento ogni potere in materia, e attribuito all’esecutivo piena libertà di
manovra nella disciplina dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. La ri-
serva di legge e il principio di legalità sono posti a presidio della prevalenza della vo-
lontà degli organi direttamente rappresentativi della volontà popolare, al fine di evitare
che quest’ultima possa essere soggetta – e in ultima analisi soggiogata rispetto - ad un
potere esecutivo capace di autodisciplinarsi in toto e perciò di agire secondo modalità
organizzative e funzionali svincolate dalla previa decisione proveniente dalla rappre-
sentanza politica.
Il terzo principio è quello della responsabilità ministeriale, responsabilità che, dice
la Costituzione (art. 95, comma 2), è non solo collegiale per gli atti adottati dal Consi-
glio dei Ministri, ma anche individuale per gli atti relativi al singolo dicastero. In tal
modo, ciascun componente dell’esecutivo nazionale risponde integralmente dell’atti-
vità dell’apparato amministrativo cui è posto a capo, ed in specie risponde politicamen-
te al Parlamento dell’azione amministrativa concretamente determinatasi nel settore di
sua competenza durante la vigenza del relativo mandato ministeriale. E ciò in relazione
sia all’attività di indirizzo politico-amministrativo riconducibile – come appena visto –
all’esecutivo nazionale, sia allo specifico esercizio delle attribuzioni di carattere autori-
tativo che comunque ricadono nella sfera competenziale propria del singolo ministero.
Così, il circuito fiduciario consente di democratizzare l’intero svolgimento dell’operato
di tutti gli organi preposti all’esecuzione delle leggi, rendendo allo stesso tempo rile-
vante politicamente – e perciò collegandosi strettamente al meccanismo essenziale su
cui si regge la stessa forma di governo – il controllo degli organi direttamente rappre-
sentativi, cioè del Parlamento, sul Governo, e per il tramite di quest’ultimo sul com-
plesso delle amministrazioni pubbliche.
Il quarto principio è quello di legalità dell’organizzazione e dell’azione delle am-
ministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 97 Cost. Ciò implica che le modalità organiz-
zative e funzionali di tutte le strutture che pongono in essere atti di natura autoritativa,
devono trovare fondamento e limite nella legge, essendo in pari tempo subordinate in-
tegralmente al controllo della giurisdizione che avviene proprio “in nome della legge”.
I giudici, infatti, assicurano il rispetto dell’imparzialità dell’amministrazione che è ri-
chiamata nel predetto art. 97, non potendo pertanto sussistere zone franche rispetto alla
tutela dei diritti, tanto più se si pensa alla presenza della giustizia costituzionale quale
strumento di garanzia del rispetto della Costituzione – cioè della legge per così dire
fondamentale - nei confronti di tutti i poteri dello Stato.
Il quinto principio è quello in base al quale i pubblici funzionari sono selezionati
mediante concorso (salvo i casi stabiliti dalla legge) ai sensi dell’art. 97, comma 3,
Cost., e sono “al servizio esclusivo della Nazione”, come recita l’art. 98 Cost. In estre-
ma sintesi, l’apoliticità si pone quale principio cardine sia nel momento della selezione
dei funzionari pubblici, sia nel momento decisionale dell’azione amministrativa. In al-
tri termini, la Costituzione proibisce ogni disciplina e impedisce ogni procedimento che
Per continuare a leggere
RICHIEDI UNA PROVA