La corte di giustizia UE esclude la costituzione di parte civile nei confronti dell'ente imputato

AutoreGaia Buonamici
Pagine477-480
477
dott
Arch. nuova proc. pen. 5/2012
DOTTRINA
LA CORTE DI GIUSTIZIA UE
ESCLUDE LA COSTITUZIONE DI
PARTE CIVILE NEI CONFRONTI
DELL’ENTE IMPUTATO
di Gaia Buonamici
SOMMARIO
1. La vicenda processuale. 2. L’opinione del giudice italiano.
3. Le conclusioni dell’Avvocato generale della CGE. 4. La ri-
sposta della Corte di Giustizia.
1. La vicenda processuale
Ad imprimere un nuovo moto al dibattito, che sem-
brava stesse giungendo a una conclusione def‌initiva con la
prima pronuncia della Corte di Cassazione sul controverso
tema della inserzione dell’azione civile nel processo con-
tro l’ente instaurato ai sensi del D.L.vo n. 231 del 2001(1),
è un’ordinanza del 9 febbraio 2011 del Gip del Tribunale di
Firenze con la quale si interpella la Corte di giustizia del-
l’Unione europea aff‌inché si pronunzi in via pregiudiziale
sull’interpretazione di “tutte le decisioni che concernono
la persona offesa”, in particolare sulle disposizioni della
decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, rela-
tiva alla posizione della vittima nel procedimento penale,
e della direttiva comunitaria 2004/80/CE del Consiglio
del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime
di reato, così da rispondere al quesito se sia conforme al
diritto dell’Unione europea la normativa italiana in tema
di responsabilità amministrativa degli enti, di cui al D.L.vo
n. 231 del 2001, nella misura in cui non prevede espressa-
mente che gli enti siano chiamati a rispondere, nel proces-
so penale, dei danni cagionati alle vittime dei reati.
La Corte di Lussemburgo, competente a pronunciarsi
in via pregiudiziale sull’esegesi dei trattati e di ogni altra
previsione comunitaria, è adita dal giudice italiano in seno
a un procedimento nel quale due società sono chiamate
a rispondere, ex art. 25-septiesdel D.L.vo n. 231 del 2001,
dell’illecito amministrativo derivante dai reati presuppo-
sto di omicidio colposo e lesioni colpose gravissime (artt.
589 e 590 comma 3 c.p.) in danno di due lavoratori, coin-
volti in un incidente ferroviario verif‌icatosi a seguito della
rimozione di alcuni dispositivi di sicurezza.
Apertasi l’udienza preliminare, le persone offese e
danneggiate dal reato depositavano atto di costituzione
di parte civile, per ottenere il risarcimento dei danni
patrimoniali e morali subiti, non solo nei confronti delle
persone f‌isiche imputate, ma anche nei confronti delle
persone giuridiche citate in giudizio a norma del D.L.vo
n. 231 del 2001.
2. L’opinione del giudice italiano
Il giudice rimettente, condividendo l’orientamento dot-
trinario(2) e giurisprudenziale(3) militante per l’inam-
missibilità della costituzione di parte civile nei confronti
dell’ente
morale chiamato a rispondere ai sensi del D.L.vo n.
231 del 2001, ritiene che la responsabilità degli enti ha
un carattere “sussidiario” e costituisce un genere proprio,
basato su criteri che non possono essere confusi con quelli
propri della responsabilità degli autori dei reati.
L’ente non può essere, allo stato attuale della legi-
slazione, chiamato in giudizio penale per il risarcimento
dei danni causati alle vittime dei reati. Vi ostano una serie
di ragioni giuridiche e la principale sembra essere la se-
guente: nel processo penale italiano, tale diritto sorge in
correlazione “diretta” con la condotta dell’autore dei reati,
sia essa colposa o dolosa, che, a sua volta, si pone in nesso
di relazione causale o concausale, altrettanto “diretti” con
i danni cagionati alle vittime.
Ne è riprova l’articolazione strutturale delle conte-
stazioni poste a base dell’attuale processo: agli imputati
si contesta la responsabilità diretta nella causazione della
morte e delle lesioni di due operai che stavano eseguendo i
lavori nello snodo ferroviario, per non aver posto in essere
comportamenti giuridicamente doverosi atti a tutelare la
loro sicurezza, mentre alle persone giuridiche, chiamate a
rispondere della responsabilità amministrativa da reato,
si contesta la mancata adozione di moduli organizzativi
più remoti che fondano la responsabilità per le sanzioni
previste dalla legge, ma che non potrebbero e non possono
essere giuridicamente considerate direttamente e causal-
mente eff‌icienti alla produzione degli eventi.
La f‌igura tipica per far valere le pretese risarcitorie nel
processo penale nei confronti di soggetti che debbono ri-
spondere, secondo le leggi civili, per l’imputato, il che però
si pone sul piano generale della responsabilità aquiliana
o di altro tipo, secondo norme di leggi civili o speciali, è
quella del responsabile civile per il fatto dell’imputato che
può essere citato in giudizio per ottenere il risarcimen-
to del danno da parte delle vittime o vi può intervenire
volontariamente secondo quanto prevedono gli artt. 83 e
Il punto critico sta nel fatto che il Decreto Legislativo
231/2001 dispone che l’ente si deve considerare formalmen-
te imputato nel processo penale e, conseguentemente, ad
esso si applicano le disposizioni relative all’imputato, in
quanto compatibili con il peculiare genus di responsabilità.
Pertanto, l’ente non può essere citato a rispondere dei
danni cagionati alle vittime dagli autori materiali del rea-
to, nella veste processualmente propria del responsabile
civile, perché a ciò osta la disposizione dell’art. 83 comma
1 c.p.p., per la quale: “l’imputato può essere citato come
responsabile civile per il fatto del coimputato, per ilcaso
in cui vanga prosciolto o sia pronunziata nei suoi confronti
sentenza di non luogo a procedere”.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT