La giuritecnica: problemi e proposte

AutoreVittorio Frosini
Pagine75-89

    Il presente scritto è il testo della relazione presentata al congresso su «Le nuove frontiere del diritto», tenuto a cura della Facoltà di giurisprudenza di Bari (aprile 1975).

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@1. Un nuovo simbolo semantico

L'incidenza dei nuovi procedimenti tecnologici nel campo dell'esperienza giuridica si è verificata nell'ambito più vasto della trasformazione contemporanea delle metodologie di ricerca scientifica sui rapporti fra l'uomo e gli oggetti e sui rapporti fra gli uomini stessi: questo quadro complessivo, che si designa comunemente col termine di civiltà tecnologica, va tenuto presente sullo sfondo, per comprendere ciò che sta avvenendo nel mondo dei giuristi, e che consiste in una vera rivoluzione intellettuale riferita alla conoscenza operativa del diritto. La coscienza nomologica diventa un frammento riflessivo della coscienza tecnologica totale, quando essa venga riferita ai problemi della tecnologia giuridica.

Per esprimere la novità di questo processo in atto, si è avvertita subito l'esigenza di fare ricorso ad un nuovo termine, che fosse emblematico, cioè rappresentativo ed indicativo, in modo pregnante, della nuova condizione di lavoro mentale del giurista. Lee Loevinger, al quale spetta il titolo di pioniere nell'esplorazione del nuovo territorio di scoperta scientifica, intitolò Jurimetrics il suo articolo, pubblicato nel 1949 sulla «Minnesota Law Review», con il quale egli compiva il primo passo avanti nel «tentativo di utilizzare i metodi della scienza nel campo del diritto», o per meglio dire, di applicare la nuova tecnica dell'automazione e dell'elaborazione elettronica dei dati al diritto. Negli anni successivi, laPage 76 nuova espressione si diffuse nella cultura anglosassone e prese radici nel suo lessico giuridico1.

Il termine venne trasposto in italiano, adattandosi facilmente alla nostra lingua per le sue componenti di derivazione latina e greca, e fu tradotto con «giurimetrica» (termine, che però venne corretto presto in quello di «giurimetria»2, conforme a quello di «econometria» già entrato nell'uso). Un altro termine, la cui invenzione fu sollecitata dallo stesso bisogno di congiungere in una sola parola composta due indicazioni delle diverse provenienze culturali, quella giuridica e quella tecnologica, fu lawtomation (da law, diritto, e automation), coniato da Paul S. Hoffmann in un suo articolo apparso su «Modern Uses of Logic in Law» (MULL) nel 1963. Esso aveva un significato affine, ma non identico, a quello precedente messo in circolazione da Loevinger, giacché il suo autore si limitava con esso a designare un obiettivo: questo consisteva nell'auspicata semplificazione, razionalizzazione e unificazione del criterio di classificazione dei testi giuridici, per facilitare delle macchine per la memorizzazione e il reperimento automatico dei testi stessi (information retrieval). La sua traduzione in italiano non poteva essere altra che quella di «automazione giuridica», con due vocaboli distinti, i quali peraltro cominciavano già ad essere associati in varie forme anche nel linguaggio della dottrina giuridica italiana3.

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Dall'inizio della seconda metà del secolo aveva fatto il suo ingresso nella cultura contemporanea il termine di «cibernetica»; le opere di Norbert Wiener, che ne davano la definizione e ne chiarivano la complessità di riferimenti, vennero tradotte in italiano nel 1953. La congiunzione dei due termini, «diritto» e «cibernetica», avvenne negli anni sessanta, interessando prima i giuristi e poi anche i tecnologi4; e la coppia si fuse nell'unica parola «giuscibernetica», che venne proposta e propagandata da Mario G. Losano, il quale con essa intese non tanto evocare l'idea di una quantificazione dei fenomeni giuridici (come aveva inteso fare invece Loevinger) quanto piuttosto indicare un nuovo metodo di affrontarli5. Al contempo, si era venuta affermando anche un'altra espressione per designare lo stesso ordine di problemi, e cioè quella di «informatica giuridica», derivata dal termine informatique (coniato in Francia nel 1962 da Philippe Dreyfus); essa venne raccogliendo sempre più larghi consensi, e ha finito con l'essere comunemente accettata6. Nella cultura germanica, con la facilità che ha la lingua tedesca di compiere opera di assimilazione semantica di più vocaboli, è stato accoltoPage 78 nel lessico giuridico il corrispondente termine di Rechtsinformatik7.

Informatica giuridica

è una etichetta, che presenta tuttavia qualche inconveniente nella sua applicazione generalizzata. Anzitutto, essa designa un settore specifico (quello giuridico) della scienza e tecnica dell'informazione, che comprende un campo di indagini e di manipolazioni ormai reso vastissimo dallo sviluppo dell'informatica, ma non designa un modello nuovo di procedimento operativo giuridico: quello che si è cercato di definire come «diritto artificiale»8, e che consiste in un trattamento tecnicizzato, ossia oggettuale ed automatico, dei dati giuridici come metodologia logicooperativa. Secondariamente, e sia pure in subordine, l'espressione si presta malamente all'uso linguistico, non potendosi adoperare in forma aggettivale con la consueta flessibilità. Col termine di «giuritecnica» non si pretende di voler sostituire gli altri in precedenza elencati, ma si propone un nuovo simbolo semantico, riassuntivo delle attuali istanze emergenti nel dominio della nuova esperienza giuridica, e di facile fungibilità.

@2. Tecnologia e diritto

Per «giuritecnica» si intende, dunque, in forma contratta, la tecnologia giuridica, e cioè la produzione inPage 79 atto delle metodologie operative nel campo del diritto risultanti dall'applicazione di procedimenti e di strumenti tecnologici. Vanno perciò subito avanzate alcune osservazioni.

Anzitutto, la giuritecnica non va confusa con la tradizionale «tecnica dei giuristi», e cioè con i metodi di formulazione normativa e di interpretazione delle norme stesse al fine di disciplinare le procedure (assembleari o giudiziarie) e di stabilire un'applicazione della legge al caso concreto. Questa specie di tecnica consiste in un'abilità di previsioni legislative e di analisi e combinazione delle disposizioni di legge, in una capacità di manipolazione mentale, che contraddistingue il lavoro del giurista rivolto ad un fine pratico di soluzione d'un problema giuridico. Qui si tratta invece non di tecnica, ma di tecnologia.

La differenza fra tecnica e tecnologia è stabilita, in maniera convenzionale, in questo modo. Secondo la definizione di un dizionario filosofico, «in senso specifico oggi tecnica è l'applicazione del sapere scientifico per una realizzazione pratica. Lo studio della tecnica prende il nome di tecnologia»9. La tecnica dunque concerne il momento strumentale, praticistico, del sapere; la scienza riguarda invece la conoscenza come fine; la scienza della tecnica è la tecnologia. Veramente, nello stesso dizionario da cui ho tratto quelle definizioni, si ricorda anche l'uso del termine téchne in uno dei primi pensatori greci, Anassagora, per il quale la tecnica era una delle forme (insieme con quelle della memoria e della sapienza) per ottenere una visione (mentale) di ciò che è comunemente invisibile (ai sensi). Vale a dire, essa veniva concepita come uno strumento di conoscenza e non di sperimentazione empirica.

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La tecnologia contemporanea è anch'essa, diversamente dalla tecnica, una forma di conoscenza scientifica, giacché essa è precisamente il risultato della compenetrazione fra scienza...

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