Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1151-1163

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@TRIBUNALE DI LA SPEZIA 18 giugno 2009, n. 604. Est. De Bellis - Imp. D.M.K.G

Misure di prevenzione - Singole misure - Divieto di scavalcamento ed invasione di campo di gioco - Stadio circondato da recinzione - Definizione di luogo ove si svolge la manifestazione sportiva.

Ai fini della configurabilità del reato di scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive, ex art. 6 bis, comma 2, della legge n. 401/1989, si deve ritenere che, laddove i muri dello stadio siano circondati da una recinzione, luogo ove si svolge la manifestazione sportiva sia anche quello (chiuso) circondato dalla recinzione e strettamente pertinenziale allo stadio e non solo quello ricompreso nelle mura dello stadio stesso. (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6 bis) (1).

    (1) Nulla in termini.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. – Con decreto di citazione in data 10 dicembre 2008 il pubblico ministero disponeva la citazione a giudizio di D.M.K.G. quale imputato del reato descritto in epigrafe.

All’udienza, previa verifica della regolarità della notifica del decreto di citazione, veniva dichiarata la contumacia dell’imputato, non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento, veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive richieste di prova.

Si procedeva poi all’istruttoria dibattimentale mediante escussione dei testimoni indicati dal P.M. ed ammessi con ordinanza.

Il pubblico ministero ed il difensore concludevano come da verbale.

All’esito questo giudice affermava la penale responsabilità dell’imputato, in ordine al reato ascritto, alla stregua delle risultanze processuali.

Dall’istruttoria sono infatti emerse le seguenti circostanze.

Il teste Elena Dolfi, in servizio alla Questura della Spezia, riferiva che in occasione dello svolgimento della partita di serie B Spezia-Treviso, l’imputato scavalcava una recinzione dello stadio: più precisamente il fatto avvenne fuori dallo stadio ma all’interno della recinzione che circonda l’impianto; l’imputato scavalcò i tornelli situati in tale zona, al fine di non pagare il biglietto.

Alla luce dell’istruttoria svolta, si può ritenere provata la responsabilità dell’imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Non vi è infatti alcun dubbio sulla condotta materiale tenuta dall’imputato.

Sostiene tuttavia la difesa che il reato non sussiste in quanto il reato contestato (art. 6 bis, comma 2 legge 401/1989) punisce il fatto se commesso nei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, laddove il primo comma della stessa norma, nel punire la condotta di lancio di materiale esplodente o contundente, indica come possibile luogo di commissione del fatto quello ove si svolgono manifestazioni sportive ovvero quello interessati alla sosta, transito o trasporto di coloro che partecipano od assistono alle manifestazioni ovvero ancora le immediate vicinanze degli stessi.

Il confronto tra la dizione dei due commi dell’art. 6 bis legge 401/1989 imporrebbe dunque, secondo la difesa, una interpretazione restrittiva della nozione di luogo ove si svolge la manifestazione sportiva, dovendosene escludere gli spazi circostanti esterni alle mura dello stadio.

Ritiene il tribunale che non si possa accedere a tale interpretazione. Laddove infatti i muri dello stadio siano circondati da una recinzione, si deve ritenere che luogo ove si svolge la manifestazione sportiva sia anche quello (chiuso) circondato dalla recinzione e strettamente pertinenziale allo stadio e non solo quello ricompreso nelle mura dello stadio.

Si ritengono applicabili le attenuanti generiche, al fine di adeguare la pena concretamente irrogabile all’offensività del commesso reato ed al fatto che l’imputato non risulta pregiudicato da precedenti condanne.

Valutati, quindi, tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p., pena adeguata al fatto pare quella di giorni 20 di arresto e euro 700 di multa (pena base mesi uno di arresto e euro 1.000 di ammenda, pena ridotta nei termini predetti ex art. 62 bis c.p.).

Attesa l’incensuratezza dell’imputato, sussistono i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena, formulando, così, una prognosi positiva con riguardo al fatto che il condannato possa, per il futuro, astenersi dal commettere ulteriori reati, anche della stessa specie, e del beneficio della non menzione del casellario giudiziario, trattandosi della prima sentenza di condanna riportata dall’imputato.

Segue la condanna al pagamento delle spese processuali. (Omissis).

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@TRIBUNALE DI PISA 27 maggio 2009, n. 674. Est. Cipolletta - Imp. V.A

Prevenzione infortuni - Responsabilità - Datore di lavoro - Obbligo di verifica sull’idoneità dei macchinari utilizzati dai dipendenti - Inottemperanza - Conseguenza.

Tra i compiti di prevenzione che fanno capo al datore di lavoro vi è anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e macchinari del tutto sicuri, dovendo in proposito ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Ne deriva che l’aver addetto alla lavorazione potenzialmente pericolosa (nella specie lavoro di taglio e rifinitura del legname) un dipendente assunto con altre mansioni, non aver organizzato corsi di formazione per tale lavoratore, aver consentito l’impiego di un macchinario che presentava gravi anomalie di funzionamento, non aver disposto e imposto una puntuale manutenzione e verifica di funzionamento dei sistemi di sicurezza degli impianti, rappresentano una chiara responsabilità colposa attribuibile al datore di lavoro. (D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626, art. 32; D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81) (1).

    (1) Sull’obbligo del datore di lavoro di accertarsi che i macchinari messi a disposizione dei lavoratori siano sicuri ed idonei all’uso, si vedano Cass. pen., sez. fer., 26 agosto 2008, B., in Guida al diritto 2009, 4, 99 e Cass. pen., sez. IV, 8 febbraio 2008, Mantelli, in questa Rivista 2008, 1207. Di interesse anche Trib. pen. Ravenna 11 aprile 2008, X., in Il merito 2008, 7-8, 31, secondo cui, in caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dalla inidoneità delle misure antinfortunistiche nessuna efficienza causale, neppure concorrente, può essere attribuita ai comportamenti, sia pure disaccordi o maldestri, del lavoratore infortunato che abbiano dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondursi alla mancanza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare anche il rischio di tali comportamenti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. – (Omissis).

Dall’istruttoria dibattimentale è emerso che, in data 3 maggio 2006, l’operaio B.L. ha subito le lesioni di cui al capo di imputazione in occasione dello svolgimento della propria attività lavorativa – eseguita alle dipendenze della ditta P. Srl – il cui attuale imputato V.A. riveste la qualità di titolare a datore di lavoro.

L’operaio B.L., dipendente dalla ditta P. Srl – la ditta si occupa della lavorazione del legno – ha dichiarato che era stato assunto da circa due mesi, con la qualifica di autista, per il trasporto del materiale lavorato; tra un trasporto e l’altro, egli veniva impiegato quale operaio addetto ai macchinari, a seconda delle necessità.

Il giorno 3 maggio 2006 il B.L. stava lavorando al taglio dei listelli, secondo le richieste per realizzare cornici; se lo spessore del listello era molto sottile, poteva capitare che entrase nella fessura della lama e andare a ostruire la bocca dell’aspirazione.

In quel caso, si è verificata tale eventualità e ha rimosso lo sportello esterno della macchina per pulire la bocchetta di aspirazione dagli sfridi e dal listello; i rulli erano fermi e quindi egli ha dedotto che l’impianto fosse in sicurezza, senza azionare il pulsante di spegnimento; ha inserito la mano all’interno e le lame – che erano ancora in movimento, nonostante l’apertura dello sportello dovesse comportare comunque l’arresto della macchina – gli hanno tranciato le due dita della mano sinistra.

Il B.L. ha dichiarato che la ditta non l’ha mai fatto partecipare a corsi di formazione né ha mai ricevuto specifiche informazioni circa il funzionamento della macchina troncatrice; in precedenza, egli aveva lavorato presso altre ditte come metalmeccanico; le indicazioni circa il funzionamento della macchina gli erano stati dati da un altro operaio; di non essere stato risarcito dalla ditta per l’infortunio subito.

Il teste C.L., dipendente della ditta, ha riferito che la mattina del 3 maggio 2006 stava lavorando a una scorniciatrice, nei pressi della persona infortunata, quando ha visto l’operaio B.L. che si era tagliato due dita della mano sinistra; l’operazione di rimozione, dall’interno della macchina troncatrice, dei trucioli derivanti dal taglio doveva ripetersi anche una volta al giorno (quando quella macchina veniva azionata) in quanto l’accumulo di quei trucioli impediva la loro corretta aspirazione; per tale operazione doveva fermarsi il macchinario, aprire gli sportelli (e tale apertura faceva comunque azionare un micro interruttore che bloccava il funzionamento della macchina), infilare la mano all’interno e togliere i trucioli; in precedenza, il microprocessore aveva sempre funzionato.

Nell’occasione per cui è processo, invece, il micro interruttore non ha funzionato, probabilmente perché, a contatto con la polvere, si era sporcato.

Il teste ha riferito che in più occasioni era stata sostituita la guida della lama, che si usurava facilmente e questo comportava l’ingresso all’interno del macchinario dei trucioli.

Il teste B.D., dipendente ASL, ha dichiarato di essere intervenuto subito dopo l’infortunio; di aver accertato che il B.L. era stato assunto part-time e svolgeva funzioni di autista; quando non doveva effettuare trasporti, veniva impiegato nelle varie lavorazioni dell’azienda.

La macchina troncatrice aveva necessità, anche due o tre volte per...

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