Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine459-475

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@TRIBUNALE DI LA SPEZIA 16 giugno 2009, n. 683. Pres. Cardino - Est. Farina - Palmieri (avv.ti Damian e Mercurio) c. Musumeci (n.c.)

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Termine - In caso di morosità - Non maggiore di sessanta giorni.

Pur non applicandosi la disciplina dell’art. 55 L. n. 392/78 alle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, deve comunque ritenersi che, anche in tale ambito, vada contenuto in un termine non maggiore di 60 gg. la scadenza per il rilascio dell’immobile in caso di morosità. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 55; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 56) (1).

    (1) Si vedano le Sezioni Unite civili – sentenza del 28 aprile 1999, n. 272, in questa Rivista 1999, 397 – per l’affermazione secondo cui la disciplina ex art. 55 L. n. 392/78, relativa alla concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi e per la sanatoria del relativo inadempimento, non opera in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. – Con ricorso depositato in data 21 aprile 2009 Palmieri Sergio chiedeva che in sede di cognizione piena il tribunale in composizione collegiale confermasse il provvedimento assunto con ordinanza del 15 aprile 2009 con il quale, modificando il termine dilatorio di rilascio dell’immobile locato all’intimato Musumeci Alfio Giuseppe fissato dal giudice in sede di convalida di sfratto per il giorno 5 luglio 2009, fissava la data del rilascio per il giorno 30 aprile 2009.

Ritiene il collegio che debba trovare integrale conferma il provvedimento sopra indicato considerato ingiustificato il termine di mesi cinque inizialmente concesso dal giudice in sede di convalida dello sfratto per morosità.

Per la determinazione del termine di rilascio in caso di sfratto per morosità infatti ben può farsi riferimento ai criteri indicati all’art. 56 L. 392/1978, il quale non solo stabilisce che il giudice deve tenere conto delle ragioni per le quali viene disposto lo sfratto sussistendo con ogni evidenza minori ragioni di tutela del conduttore sfrattato nel caso in cui il motivo risieda nella persistente morosità – ma espressamente indicando un termine non maggiore di sessanta giorni per il caso di mancato pagamento nel termine di cui all’art. 55. Pur non applicandosi la disciplina dell’art. 55 L. 392/1978 alle locazioni ad uso diverso da quello abitativo, da tale norma può desumersi un sicuro riferimento legislativo che induce a contenere, anche in tale ambito, in una termine non maggiore di sessanta giorni la scadenza per il rilascio dell’immobile nei casi di sfratto per morosità.

Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in considerazione della natura e del valore della controversia. (Omissis).

@TRIBUNALE DI SALERNO Sez. I, 6 giugno 2009. Est. Scarpa - Quaranta (avv. Imparato Sirica) c. Condominio Palazzo Benvenuto di Via Principessa Sichelgaita, 26 in Salerno (avv D’Eboli)

Contributi e spese condominiali - Quote condominiali dei condomini morosi - Ripartizione tra i condomini non morosi - Delibera adottata a maggioranza - Nullità - Ragioni - Insussistenza del vincolo di solidarietà passiva nei confronti del terzo creditore.

È nulla, perché estranea alle attribuzioni dell’assemblea, la delibera condominiale adottata a maggioranza, con cui si provveda a ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi, non sussistendo in capo ai condomini adempienti alcun vincolo di solidarietà passiva nei confronti del terzo creditore e non potendosi perciò prefigurare alcuna urgenza derivante dalla possibile esecuzione individuale, la quale rimane comunque limitata dalla rispettiva quota di ciascuno dei partecipanti. (C.c., art. 1115; c.c., art. 1123; c.c., art. 1139) (1).

    (1) Alla luce del principio, ormai acquisito dalla giurisprudenza, espresso dalle S.U. con sentenza n. 9148 dell’8 aprile 2008, in questa Rivista 2008, 351 e 2009, 155 con nota di ROBERTO VIGANÒ, (secondo cui la solidarietà tra condomini per debiti nei confronti di terzi non ha alcun fondamento, prevalendo al riguardo l’intrinseca parziarietà dell’obbligazione), la pronuncia in epigrafe ha ritenuto di poter ancora condividere solo una parte dell’iter argomentativo seguito da Cass. 5 novembre 2001, n. 13631, in questa Rivista 2002, 12.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. – Con ricorso depositato il 5 gennaio 2007 Giampaolo Quaranta, qualificatosi proprietario di appartamento sito nel fabbricato costituente il Condominio di Via Palazzo Benvenuto, via Principessa Sichelgaita, 26, Salerno, ha convenuto il medesimo Condominio, per sentir dichiarare l’invalidità della delibera assembleare del 14 dicembre 2006 con cui era stata ripartita tra tutti i condomini la somma oggetto di decreto ingiuntivo richiesto dall’ex amministratorePage 460 per l’attività svolta negli anni 2001-2004, inserita nel consuntivo approvato con deliberazione assembleare dell’11 ottobre 2004 e rimasta inadempiuta per la rispettiva quota di contribuzione da alcuni condomini morosi, ciò a fronte del regolare pagamento da parte del ricorrente della somma di sua pertinenza.

Il Condominio convenuto si costituiva deducendo l’infondatezza dell’impugnativa, avendo inteso far fronte con la deliberazione del 14 dicembre 2006 all’eventualità di un’azione esecutiva conseguente all’ingiunzione richiesta dall’ex amministratore.

In difetto di deduzioni istruttorie, la causa è stata riservata in decisione ex artt. 190 e 281 quinquies c.p.c. all’udienza del 16 marzo 2009.

L’impugnativa risulta palesemente fondata.

È certo che l’amministratore cessato dalla carica – in base all’art. 1720 c.c. ed al contratto di mandato intercorrente coi condomini – può agire, per recuperare le somme anticipate nell’interesse del condominio, sia nei confronti del condominio in persona del nuovo amministratore che lo ha sostituito nell’incarico, sia nei confronti dei singoli condomini, ma, in quest’ultimo caso, può agire solo pro quota, e non già solidalmente nei confronti di ciascuno dei partecipanti (cfr. Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2008, n. 27890). È anche noto come le Sezioni Unite della Corte di cassazione abbiano affermato che, poiché la solidarietà tra i condomini per i debiti nei confronti dei terzi non ha alcun fondamento normativo, prevale al riguardo l’intrinseca parziarietà dell’obbligazione, di talché, pure una volta conseguita la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può al più procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la rispettiva quota di ciascuno e giammai per l’intero (Cass. civ., S.U., 8 aprile 2008, n. 9148).

Alla luce di tale principio ormai acquisito in giurisprudenza, può ancora condividersi solo una parte dell’iter argomentato seguito da Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2001, n. 13631 (più volte richiamata dalle parti nelle loro difese).

Certo è tuttora che, in mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità quale espressione dell’autonomia negoziale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente aver luogo secondo i criteri di proporzionalità fissati nell’art. 1123 c.c., sicché non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi. Mentre non è più sostenibile che «in ipotesi d’effettiva improrogabile urgenza di trarre aliunde le somme necessarie, come nel caso d’aggressione in executivis da parte di creditori del Condominio, possa ritenersi consentita una deliberazione assembleare con la quale si tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione d’un fondo cassa ad hoc tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti, dal vincolo di solidarietà passiva operante ab externo, alle azioni di terzi». Ciò perché questo ragionamento poggia sul convincimento, ormai superato, che il terzo creditore possa trovare tutela alla propria aspettativa di soddisfazione nell’attuazione solidale tra i condomini. Una volta identificati i condomini morosi, incombe sull’amministratore del condominio, in ragione dell’ufficio privato conferitogli con la nomina, il potere-dovere di attivarsi, per l’esazione delle quote dovute e non versate (essendo l’amministratore legittimato ad agire ed a chiedere l’emissione del decreto ingiuntivo previsto dall’art. 63 att.c.c. contro il condomino moroso per il recupero degli oneri condominiali), senza che l’amministratore o l’assemblea debbano preoccuparsi piuttosto di escutere nuovamente i condomini adempienti per procurare il soddisfacimento delle azioni del terzo creditore; di tal che i condomini adempienti nulla hanno più da temere sia da parte del terzo creditore che da parte della gestione condominiale.

Va qui osservato che le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle se l’assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifica i criteri di riparto stabiliti dalla legge (o in via convenzionale da tutti i condomini), mentre sono annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano violati o disattesi. Le attribuzioni dell’assemlea ex art. 1135 c.c. sono invero circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell’edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2008, n. 20394; Cass. civ., sez. II, 29 marzo 2007, n. 7708; Cass. civ., S.U., 7 marzo 2005, n. 4806).

È pertanto nulla, giacché estranea alle...

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