Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine381-416

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@CORTE DI APPELLO DI ROMA 31 ottobre 2007. Pres. ed est. Koverech - A. (avv.ti Schettino e Mannetta) c. C. (avv. Filiè)

Contratto di locazione - Rinnovazione - Diniego alla prima scadenza - Per il motivo di cui alla lett. a) art. 3 L. n. 431/98 - Subentro di nuovo locatore a seguito della vendita dell'immobile intervenuta in pendenza del rapporto - Possibilità per l'acquirente di denegare il rinnovo per ragioni non consentite al locatore originario - Esclusione.

Nel caso in cui, a seguito di acquisto di un immobile già locato ad uso abitativo, una persona fisica subentri ad una giuridica (nella specie una società a responsabilità limitata), il nuovo locatore non può validamente denegare al conduttore il rinnovo del contratto alla prima scadenza adducendo il motivo di cui alla lett. a)art. 3 L. n. 431/98, dovendosi escludere che questa facoltà sia configurabile in capo all'originario locatore e, quindi, da questo trasferibile. (L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 3) (1).

    (1). Circa la possibilità di denegare il rinnovo del contratto alla prima scadenza, per il motivo dedotto, che era configurabile anche in capo al precedente proprietario, originario locatore, cfr. Trib. Lanciano, sez. dist. Atessa 15 luglio 2004, in questa Rivista 2006, 56.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Lamentano gli appellanti che la sentenza impugnata ha erroneamente interpretato la disciplina delle locazioni ad uso di abitazione dettata dalla L. n. 431 del 1998 e, in particolare l'art. 3 che regolamenta la disdetta motivata per finita locazione, da parte del locatore, alla prima scadenza contrattuale.

La Corte ritiene meritevole di accoglimento detta doglianza, alla luce di una corretta lettura del quadro normativo di riferimento, nel cui ambito va valutata e ricondotta la documentazione in atti.

Al riguardo, giova sottolineare che la norma sopra citata - la cui rubrica si intitola «Disdetta del contratto da parte del locatore» - si riferisce, più propriamente al «diniego di rinnovo», ovvero alla comunicazione che il locatore deve inviare alla prima scadenza contrattuale con l'indicazione del motivo, che deve rientrare, a pena di nullità, tra quelli tassativamente indicati dal primo comma dello stesso art. 3.

Fra i motivi in presenza dei quali il locatore ha la facoltà di inviare una comunicazione di diniego del rinnovo del contratto (con preavviso di almeno sei mesi) alla scadenza dei primi quattro o tre anni, a seconda del tipo di contratto prescelto (rispettivamente, contratti c.d. liberi o contratti agevolati), vanno evidenziati i seguenti:

a) «quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado».

Si tratta, in sostanza, dei motivi di cui alle lett. a) e b) dell'art. 29 L. n. 392 del 1978, escluso il caso, contemplato inequivocabilmente dal successivo paragrafo, in cui il locatore sia una persona giuridica;

b) «quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità».

Non appare logicamente né concettualmente compatibile con il dato testuale sopra riportato l'interpretazione fornita dal giudice di primo grado, il quale, nella parte motiva dell'impugnata sentenza, sostiene che, per quanto concerne la lett. a) dell'art. 3 L. n. 431 del 1998, «la legge fa riferimento al "locatore", senza alcuna specificazione o limitazione e che, pertanto, la lettera della legge non consente di escludere che un soggetto non persona fisica possa negare la rinnovazione in forza della lett. a) della citata legge», ritenendo, in particolare, che una diversa interpretazione - che limitasse l'ambito applicativo della citata lett. a) alle sole persone fisiche - farebbe sì che «le persone giuridiche, con finalità diverse da quelle normativamente individuate, rimarrebbero escluse sia dalla previsione della lett. b), che da quella della lett. a), con la conseguenza che ad esse sarebbe impedita senza motivo la possibilità di esercitare la facoltà di diniego».

Si ritiene, viceversa, che la disposizione in parola abbia deliberatamente - se pur implicitamente - voluto escludere dal proprio ambito di applicazione le società che non perseguano le finalità da essa indicate, bensì perseguano, per esempio, fini di lucro e intendano adibire l'immobile all'esercizio delle proprie attività statutarie o istituzionali.

La Corte ritiene, in sostanza, accoglibile la tesi - prevalente in dottrina - secondo la quale il perseguimento delle «finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto» costituisce il presupposto per l'applicazione della norma valevole anche per le società fungendo il «comunque» non come elemento separatore ed aggiuntivo, bensì come qualificante per tutti gli enti indicati. Interpretazione che sarebbe confermata dalla disposizione diPage 382 chiusura, per cui il perseguimento di dette finalità verrebbe a costituire il motivo qualificante e valido per il diniego al rinnovo.

In buona sostanza, mentre la previsione della lett. a) è riferibile ad ogni locatore (non persona giuridica) che intenda adibire l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado, la previsione della lett. b) sarebbe riferita dal legislatore ad ogni locatore (non persona fisica) che intenda adibire l'immobile alle particolari finalità istituzionali o statutarie indicate nella norma medesima, a condizione che offra al conduttore altro immobile idoneo.

Sulla scorta del dato normativo, la questione della sua applicabilità anche a persone giuridiche che perseguano finalità diverse (per esempio, società commerciali con finalità di lucro) comporta una risposta negativa, ma non «immotivata», stante il convincimento che il legislatore abbia consapevolmente inteso individuare i soggetti legittimati al diniego, non in base alla natura degli enti, ma in considerazione delle finalità da essi perseguite e, a fronte della mancanza delle previste finalità, appare del tutto legittimo e motivato il favore concesso alla stabilità del rapporto nei confronti dell'inquilino.

Pertanto, l'assenza di tali finalità - e la conseguente esclusione dall'ambito applicativo della lett. b) - non autorizza in alcun modo a considerare detti enti destinatari della previsione di cui alla lett. a).

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, appare, pertanto, non condivisibile la conclusione - circa l'applicabilità, nella fattispecie, della lett. a) dell'art. 3 citato - cui è pervenuto il tribunale il quale, con motivazione illogica e inconferente ha ritenuto che, in caso contrario, ai suddetti enti «sarebbe impedita senza motivo la possibilità di esercitare la facoltà di diniego» del rinnovo.

Va rilevato che il contratto di locazione avente per oggetto l'immobile per cui è causa sottoscritto in data 22 gennaio 2002 - e registrato il 31 ottobre 2002 - dalla A.I. srl e dagli odierni appellanti (A.C. e A.R.) prevedeva: al punto 1) che «Il contratto è stipulato dal 1º gennaio 2002 al 30 settembre 2005 e alla prima scadenza, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo e senza che sia necessaria la disdetta per finita locazione, il contratto è prorogato di diritto di due anni, fatta salva la facoltà di disdetta del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'art. 3 della legge 431 del 1998, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui all'art. 3...»; al punto 3) che «L'immobile dovrà essere destinato esclusivamente ad uso di civile abitazione del conduttore e delle persone attualmente con lui conviventi».

Alla luce dell'univoco dettato normativo - cui si attengono fedelmente le previsioni contrattuali dell'accordo inter partes - si deve concludere che l'originario locatore (A.I. srl) - dante causa dell'odierna appellata (C.V.) - non aveva la facoltà di diniego di rinnovo per il motivo di cui alla lett. a), L. n. 431 del 1998, né quindi poteva trasferirla, atteso che la cessione del contratto opera una vera e propria successione a titolo particolare, implicante il noto brocardo nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet.

A seguito dell'acquisto dell'immobile in argomento (condotto in locazione dagli appellanti), pertanto, la signora C. è subentrata nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione e correlati alla prosecuzione del relativo rapporto (ex art. 1602 c.c.).

L'odierna appellata, in sostanza, è subentrata nel rapporto locatizio nello stato in cui si trovava in capo all'alienante (Convest spa già cessionaria della A.I. srl) al momento della cessione, con successione nelle facoltà esercitabili, fra le quali, come sopra illustrato, non rientra quella del diniego di rinnovo alla prima scadenza da parte del locatore che intenda destinare l'immobile ad uso abitativo... (ex art. 3, lett. a, L. n. 431 del 1998).

Ha errato, pertanto, il primo giudice nel dichiarare legittimo il diniego di rinnovo del contratto di locazione di che trattasi per la scadenza del 30 settembre 2005. (Omissis).

@CORTE DI APPELLO DI ROMA Sez. IV, 18 aprile 2007, n. 1763. Pres. Verzillo - Est. Lallo - Condominio via Valsavaranche 73 (avv. Ciuti) c. P.F. (avv. Procaccini)

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