Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine671-683

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@TRIBUNALE DI CAMERINO Uff. del Gip, 7 marzo 2008. Est. Potetti - Imp. S.S

Circolazione stradale - Guida in stato di ebbrezza - Aggravanti - Ipotesi ex art. 186 nuovo c.s., commi 2 e 2 bis - Configurabilità di figure autonome di reato - Esclusione - Circostanze aggravanti del reato base - Fondamento.

Sulla base del criterio distintivo secondo il quale tra reato-base e reato circostanziato intercorre un rapporto di specialità unilaterale per specificazione o per aggiunta (nel senso che il reato circostanziato include tutti gli elementi essenziali del reato base, con la specificazione o l'aggiunta di elementi circostanziali), i commi 2 (salva la lett. a)e 2 bis dell'art. 186 nuovo c.s., come novellato dal D.L. n. 117 del 2007, prevedono circostanze aggravanti, e non figure autonome di reato (1).

    (1) Nulla in termini. La citata pronuncia delle SS.UU. del 10 luglio 2002, Fedi, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2002, 755.

MOTIVI DELLA DECISIONE. (Omissis). - Con il consenso del pubblico ministero, chiede applicazione di pena secondo un conteggio che questo giudice condivide nel petitum finale, ma non nei passaggi intermedi (che peraltro non lo vincolano), per i motivi che di seguito brevemente si esporranno.

La richiesta viene quindi accolta seguendo però il conteggio che segue.

Pena base: euro mille di ammenda.

Attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., solo equivalenti rispetto alla contestata aggravante di cui alla lettera C) del nuovo art. 186 c.d.s., considerato da un lato lo scarso carico di cui il casellario, ma dall'altro lato rilevata la specificità del precedente penale ivi iscritto.

Diminuente di cui all'art. 444 c.p.p.: euro 895,00 di ammenda.

Segue l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria di cui al dispositivo (la cui misura è giustificata dall'elevato tasso alcolimetrico accertato e dal suddetto precedente specifico), dovendosi precisare che, trattandosi (per testuale espressione normativa) di sanzione amministrativa accessoria, che consegue all'accertamento del reato, la sua entità deve essere parametrata sulla fattispecie base di cui alla lettera A) dell'art. 186 comma 2 c.d.s., anche se ad essa si perviene per il meccanismo del giudizio di comparazione fra aggravanti e attenuanti.

La suddetta definizione giuridica di aggravante, data da questo giudice alla lettera C) dell'art. 186 comma 2 c.d.s. (definizione che impedisce di condividere i passaggi intermedi del conteggio proposto dalle parti) deriva dalla condivisione dell'insegnamento delle Sezione unite penali in proc. Fedi (Sez. un., 26 giugno 2002, Fedi, in Diritto penale e processo, 2003, p. 295 ss., e in Giur. it., 2004, p. 374), le quali hanno scelto (per risolvere la tormentata questione della distinzione fra elemento costitutivo e aggravante del reato) il c.d. «criterio strutturale», il quale consiste nel valorizzare il modo in cui il legislatore descrive gli elementi della fattispecie; modo che rivela la volontà di qualificarli come circostanza o come reato autonomo.

Si sostiene, quindi, che quando la fattispecie è descritta attraverso un mero rinvio al fatto-reato tipizzato in altra disposizione di legge, ci si trova in presenza di una circostanza aggravante.

Più precisamente, la descrizione della fattispecie circostanziale non muta gli elementi essenziali del reato-base, né quelli materiali né quelli psicologici, ma introduce soltanto un oggetto materiale specifico (tradizionalmente qualificato come accidentale, e quindi circostanziale).

Tra reato-base e reato circostanziato intercorre quindi un rapporto di specialità unilaterale, per specificazione o per aggiunta, nel senso che il reato circostanziato include tutti gli elementi essenziali del reato base, con la specificazione o l'aggiunta di elementi circostanziali.

A voler seguire la scelta autorevole delle Sezioni unite, pare evidente che i commi 2 (salva la lett. a) e 2 bis dell'art. 186 c.d.s., come novellato, prevedono circostanze aggravanti.

Essi, infatti, rinviano al reato base previsto dal combinato disposto dei commi 1 e 6, dello stesso art. 186, limitandosi a specificarlo mediante l'aggiunta di elementi specializzanti, quali sono effettivamente i tassi alcolemici più elevati e il provocato incidente stradale. (Omissis).

@TRIBUNALE DI SAVONA Uff. del Gup, 6 febbraio 2008. Est. Aschero - Imp. M.V

Delitti colposi di pericolo in genere - Delitti contro la salute pubblica - Reato di epidemia - Elementi costitutivi - Individuazione.

Elementi costitutivi, in senso materiale, della fattispecie preveduta e punita dall'art. 438 c.p. so-Page 672no: la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero indeterminato e notevole di persone, l'ampia estensione territoriale della diffusione del male. Il reato deve, perciò, escludersi se, come nel caso di specie, l'insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell'ambito di un ristretto numero di persone che hanno ingerito un pasto infettato dal germe della salmonella. (C.p., art. 438; c.p., art. 452) (1).

    (1) Anche per Trib. pen. Trento, 16 luglio 2004, Marcucci, pubblicata per esteso in questa Rivista 2004, 1231, la condotta del reato di epidemia consiste nella diffusione di germi patogeni, tale da cagionare un evento definito come la manifestazione collettiva di una malattia infettiva umana che si diffonde rapidamente in uno stesso contesto di tempo in un dato territorio, colpendo un rilevante numero di persone. L'evento che ne deriva è quindi, al contempo, un evento di danno e di pericolo, costituendo il fatto come fatto di ulteriori possibili danni, cioè il concreto pericolo che il bene giuridico protetto dalla norma, rappresentato dall'incolumità e dalla salute pubblica, possa essere distrutto o diminuito. Conformi pure Trib. pen. Trento, Uff. Gip, 12 luglio 2002, M., in Cass. pen. 2003, 3940 con nota di STOLFI, e Trib. pen. Bolzano, 20 giugno 1978, Oberhollenzer, in Giur. merito 1979, 945.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - In data 12-13 giugno 2005 alcuni soggetti che avevano consumato il pasto presso la mensa del personale appartenente a varie forze dell'ordine e non (Polstato, G.F., impiegati del Ministero dell'Interno) gestita dalla soc. Scudo Piemontese snc (legale rappresentante Marchevi V.) venivano ricoverati presso il Pronto Soccorso Locale con sintomi gastroenterici per presumibile infezione da salmonella.

Si apprendeva che tutti i soggetti coinvolti avevano mangiato un piatto a base di salsa tonnata.

Non essendo rimasti residui del cibo presumibilmente avariato non si potevano effettuare le analisi microbiologiche del caso. Si procedeva solo al campionamento di alcune uova utilizzate per la preparazione della salsa per ricerca di salmonella sul guscio e sul tuorlo, analisi che davano esito negativo. Anche le analisi coproculturali sul personale di cucina davano esito negativo alla salmonella.

Si apprendeva peraltro che il personale di cucina non era stato informato circa le regole base di conservazione del cibo, in particolare circa la temperatura a cui dovevano esser conservati gli alimenti.

Nei giorni seguenti le analisi sulle parti offese confermavano l'intossicazione da salmonella per molti dei soggetti coinvolti (61 risultavano le persone offese).

Seguivano le querele degli stessi.

Effettuate tutte le indagini del caso, la CT disposta dal P.M., confermava un focolaio epidemico di salmonellosi causato con molta probabilità dalla ingestione di salsa tonnata. L'assenza di rispetto di alcune regole base per la conservazione degli alimenti, attesa anche l'elevata temperatura ambientale del momento (stagione estiva), veniva identificata quale possibile causa o concausa della contaminazione ed infezione batterica.

Ciò premesso si osserva:

Quanto al reato sub b) tutte le parti offese, risarcite, rimettevano la querela, remissione accettata dall'imputato.

Il reato sub b) pertanto va dichiarato estinto. Quanto al reato sub a), a parere di questo giudicante, lo stesso non sussiste.

Sebbene infatti si valuti sufficientemente provato il nesso causale tra la condotta di omessa vigilanza del M. (in sicura posizione di garanzia quale legale rappresentante dell'ente che somministrava i pasti) e le infezioni - in quanto, sebbene vi sia stata l'impossibilità di effettuare su un campione residuo di pietanza l'esame microbiologico, e quindi di poter affermare con certezza statistica la causa del contagio, si è raggiunta l'assoluta «certezza logica» (Cass., S.U. 11 settembre 2002, Francese) circa la causa di detto contagio derivante dall'insieme degli altri accertamenti che portano a ritenere non spiegabile in modo alternativo le infezioni (tra le altre Cass. 21 dicembre 2006) - non si ritiene essersi verificata una epidemia ai sensi dell'art. 438 c.p.

Il reato di epidemia richiede infatti: 1) il carattere contagioso del morbo; 2) la rapidità della diffusione e la durata limitata del fenomeno; 3) il numero elevato di persone colpite, tale da destare un notevole allarme sociale e correlativo pericolo per un numero indeterminato e notevole di persone; 4) l'estensione territoriale di una certa ampiezza, sì che risulti interessato un territorio abbastanza ampio da meritare il nome di regione e di conseguenza una comunità abbastanza numerosa da meritare il nome di popolazione contagioso e diffuso del morbo, la durata temporale limitata e il numero elevato di persone colpite e l'estensione territoriale dell'affezione, che deve essere di una certa ampiezza.

A confermare questa nozione di epidemia è in primo luogo un criterio di natura sistematica: il delitto di epidemia è collocato nell'ambito dei delitti contro l'incolumità pubblica. E come sostenuto anche in dottrina, i delitti contro l'incolumità pubblica sono quei delitti che provocano un pericolo o un danno di una tale potenza espansiva ovvero da una tale diffusività da minacciare o da ledere un numero indeterminato di persone non preventivamente individuabili; se è vero dunque che questi delitti possono ledere o minacciare...

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