Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@TRIBUNALE DI CAMERINO 21 dicembre 2007, n. 136. Est. Potetti - Imp. D.N.M

Stupefacenti - Detenzione - Uso personale - Valutazione - Criteri - Individuazione. Stupefacenti - Detenzione - Uso non personale - Prova - Onere gravante sull'accusa - Fondamento.

I quantitativi massimi fissati dal decreto interministeriale di cui all'art. 73, comma 1 bis, lett. a), del D.P.R. n. 309 del 1990, possono solo costituire elementi di valutazione di natura scientifica, rimessi peraltro alla libera valutazione del giudice, il quale quindi potrà ritenerli soccombenti rispetto ad altri elementi indiziari o di prova diretta, nell'ambito del suo libero convincimento, secondo quanto stabilito dall'art. 192, comma primo, c.p.p. (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73; c.p.p., art. 92) (1).

Nell'ambito del delitto di cui all'art. 73, comma 1 bis, lett. a), del D.P.R. n. 309 del 1990, poiché l'art. 27 comma 2 Cost. impone la presunzione di non colpevolezza, sul pubblico ministero continua a gravare, anche dopo la novella di cui al D.L. n. 272 del 2005 (conv. in L. n. 49 del 2006), l'onere di provare che lo stupefacente detenuto dall'imputato è destinato ad un uso non esclusivamente personale. (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73; c.p.p., art. 92) (2).

    (1) In argomento si vedano Cass. pen., sez. VI, 5 novembre 2002, Fulciniti, pubblicata per esteso in questa Rivista 2003, 746, che ha ritenuto il mero dato quantitativo, anche se notevole, in mancanza di altri elementi sintomatici, non costituente di per sé la prova della destinazione a terzi della sostanza, occorrendo a tal fine, ad esempio, che esso risulti talmente elevato da non potersi in alcun modo ragguagliare alle condizioni economiche del detentore, e Cass. pen., sez. VI, 9 luglio 1995, Lucas, ivi 1996, 1163, per la quale la quantità particolarmente rilevante della sostanza, in assenza di elementi contrari può però rilevare, ai fini probatori, proprio per stabilire la sussistenza della destinazione ad uso personale. È tuttavia necessario che il giudice si pronunci positivamente sull'inesistenza della finalità dell'uso personale della detenzione, non essendo sufficiente che dia atto che manca la prova di esso, poiché ciò si risolverebbe nella mancanza di prova sull'uso non personale dello stupefacente e, quindi, nella mancanza di prova di un elemento (negativo) della condotta. In dottrina, si veda BARNI MAURO, CENTINI FABIO, Dalla presunzione quantitativa alla prova oggettiva dell'uso personale di droga (nota a Cass. pen., sez. VI, 16 maggio 1997, Sardino), in Riv. it. medicina legale 1997, 1397.

    (2) In senso contrario si è pronunciata Cass. pen., sez. IV, 15 aprile 1997, Riccelli, in questa Rivista 1997, 463, la quale ha ritenuto che l'onere della prova dell'uso personale, depenalizzato con il D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171, gravi sull'imputato in base alla considerazione che i fatti debbano essere allegati e provati da chi ne abbia conoscenza e più facilmente possa ricercare e offrire la prova relativa. L'orientamento maggioritario si pone tuttavia nel solco interpretativo tracciato dalla massima in epigrafe. Si vedano, entrambe pubblicate per esteso, Cass. pen., sez. VI, 16 marzo 1995, Olivieri, ivi 1995, 745 e Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 1994, Sunseri, ivi 1995, 165, secondo le quali l'uso non personale dello stupefacente costituisce un elemento della condotta del delitto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, per cui l'onere della prova di detto elemento negativo grava sull'accusa che può assolverlo anche attraverso indizi. La mancanza o l'insufficienza della prova sul punto si risolve nella formula assolutoria dell'insussistenza del fatto di reato. In dottrina, si rinvia a CASELLI LAPESCHI ALBERTO, A chi spetta provare l'uso personale di stupefacenti (nota a Cass. pen., sez. IV, 15 aprile 1997, Riccelli), in Dir. pen. e proc. 1998, 459 e AMATO GIUSEPPE, Onere della prova e disciplina delle sostanze stupefacenti o psicotrope (nota a Cass. pen., sez.IV, 25 febbraio 1994, Calbi), in Cass. pen. 1995, 1379.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Premesse in diritto.

1.1. I criteri di valutazione della prova introdotti dal comma 1 bis dell'art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990.

Mediante una norma assai problematica, ai fini della valutazione avente ad oggetto la destinazione della sostanza stupefacente o psicotropa, il legislatore della novella impone al giudice l'utilizzo di tre criteri.

Il primo criterio è quello della «quantità» della sostanza stupefacente.

Alla formulazione letterale di questo primo criterio di legislazione fa seguire una specificazione, prevedendo che di questo criterio si debba tenere conto «in particolare se» la quantità sia superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute, emanato di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga.

Secondo il significato proprio delle parole, l'inciso «in particolare se superiore» esprime un rapporto fra il generale (la quantità in generale) e (appunto) il particolare (una particolare quantità), così come un cerchio più grande ne comprende uno più piccolo.

Ne risulta sminuito il criterio del superamento dei suddetti limiti massimi (il cerchio più piccolo), per la rilevanza data al criterio quantitativo in generale (il cerchio più grande), il cui valore dimostrativo può quindi prescindere dal superamento dei suddetti limiti.

In altre parole, già sul piano letterale possono darsi i casi di sostanza ritenuta finalizzata all'uso di terzi nonostante sia di peso inferiore al limite massimo, e viceversa.

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Sul criterio quantitativo massimo si tornerà più avanti.

Il secondo criterio è quello (alternativo, come si evince dalla particella «ovvero») delle modalità di presentazione dello stupefacente.

Anche per questo secondo criterio, con una discutibile tecnica legislativa, il legislatore introduce una specificazione, prevedendo che di questo criterio si debba tener conto «avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato».

Poiché non è ragionevole (art. 3 Cost.) ritenere che il legislatore abbia interdetto al giudice di tenere conto anche di ulteriori eventuali modalità con le quali lo stupefacente si presenta alla valutazione indiziaria del giudicante, si deve invece ritenere che il giudice dovrà valutare il peso lordo complessivo e il confezionamento frazionato, ma che potrà altresì valutare ulteriori eventuali modalità di presentazione.

Questa (necessaria) interpretazione della norma ne dimostra la scarsa utilità aggiuntiva rispetto alla formulazione previgente (anche prima della novella non v'era ragione di dubitare che il peso della sostanza e il confezionamento frazionato dovessero essere valutati dal giudicante sotto il profilo indiziario).

Per quanto attiene al peso lordo complessivo si tratterebbe, secondo un Autore, di una duplicazione del criterio quantitativo «interministeriale» prima trattato, perché, se il parametro precettivo della norma è dato da un limite quantitativo (quello dato dal decreto interministeriale), ogni superamento di tale limite integrerebbe il reato.

Al contrario, non risulta senza significato (secondo le oggettive scelte del legislatore) che il dato indiziario quantitativo sia previsto una prima volta da solo (quindi espresso in principio attivo dal decreto interministeriale, dovendosi nel decreto astrarre dalle varie composizioni del peso lordo nel caso concreto sub judice, come tale non suscettibile di essere previsto in astratto e regolamentato), e una seconda volta come peso lordo, nell'ambito delle modalità di presentazione della sostanza.

Infatti, se il superamento del limite quantitativo massimo previsto dal decreto interministeriale dovesse essere inteso come decisivo ai fini della prova del reato, non vi sarebbe stata razionale giustificazione nel riproporre inutilmente lo stesso dato quantitativo come peso lordo (la prima precisa valutazione assorbirebbe la seconda, lorda e quindi approssimativa).

La contraddizione serve a negare la premessa, e quindi a dimostrare anche per questa via che la quantità di principio attivo della sostanza (in relazione al limite previsto dal decreto interministeriale) non è affatto un dato indiziario decisivo.

Il terzo criterio è ancora alternativo («ovvero»), e consiste nell'amplissima previsione delle «altre circostanze dell'azione».

A proposito di questo terzo criterio, si deve evidenziare che il legislatore ha del tutto trascurato gli elementi indiziari soggettivi della fattispecie concreta, cioè quelli che si possono trarre dall'analisi della persona dell'agente.

Si pensi, ad esempio, al fatto che l'agente sia (o non sia) tossicodipendente, oppure alle condizioni economiche dell'imputato (in relazione al valore della sostanza detenuta), ecc.

Pertanto, se l'elenco suddetto (dei criteri di valutazione indiziaria) fosse tassativo, si porrebbe un problema di ragionevolezza della norma (art. 3 Cost.) nella parte in cui esclude gli elementi relativi alla persona dell'agente (ravvisati nella fattispecie concreta) dalla prova della destinazione dello stupefacente ad un uso non esclusivamente personale.

D'altra parte, ritenere tassativo l'elenco di indizi formulato dalla novella in esame condurrebbe a risultati paradossali non solo in relazione ad ulteriori e imprevedibili elementi indiziari, ma anche (ovviamente) in relazione ad eventuali ulteriori prove dirette (si pensi al caso in cui non vi sia nessuno degli elementi indiziari indicati dalla novella, ma la destinazione a terzi della sostanza sia provata dalla confessione del detentore, da innumerevoli testimonianze insospettabili, da intercettazioni telefoniche, ecc.).

In conclusione, si deve ritenere non solo che i vari elementi indiziari previsti dalla norma devono essere oggetto di una valutazione unitaria e globale, senza alcuna gerarchia precostituita (le particelle «ovvero» lo stanno a dimostrare), ma anche che...

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