Giurisprudenza di merito

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@PRETURA DI UDINE 5 novembre 1998. Est. Feruglio - Imp. Ferro.

Inquinamento - Rifiuti - Smaltimento - Rifiuti speciali - Normativa introdotta con la decretazione d'urgenza - Applicabilità - Requisiti - Accertamento sull'effettiva destinazione al riutilizzo dei residui - Necessità - Carenza di prova certa in ordine a detta destinazione - Conseguenze - Regime ordinario di cui al D.P.R. n. 915/1982 - Applicazione. - Inquinamento - Rifiuti - Discarica - Deposito sul suolo di modesto quantativo di rifiuti - Assenza di autorizzazione - Realizzazione di discarica abusiva - Configurabilità del reato - Esclusione - Fattispecie.

In tema di smaltimento di rifiuti speciali, l'applicazione della normativa introdotta con la decretazione i cui effetti sono stati fatti salvi dalla L. n. 575 del 1996, è subordinata al previo accertamento, nel caso concreto, che i materiali oggetto di raccolta e stoccaggio siano destinati all'effettivo ed oggettivo riutilizzo. In carenza di prova certa in ordine a detta destinazione dei residui, devesi applicare il regime ordinario dell'autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti di cui al D.P.R. n. 915 del 10 settembre 1982 e, di conseguenza, le sanzioni ivi contemplate. (L. 11 novembre 1996, n. 575; D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915).

Non è configurabile il reato di realizzazione di discarica abusiva nel caso di uno scarico episodico ed occasionale di un non ingente quantitativo di rifiuti sul suolo, in uno spazio dalle dimensioni modeste e senza che l'area sia stata destinata di fatto a deposito o ricettacolo di rifiuti. (Nella specie, il quantitativo di rifiuti speciali conferiti sul suolo è di circa 2 metri cubi). (D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Tratto a giudizio, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, per rispondere delle imputazioni di cui in rubrica Maurizio Ferro, ritualmente citato, compariva liberamente in udienza.

In via preliminare i difensori chiedevano la riunione di tre processi, pendenti alla medesima udienza nei confronti dell'imputato per reati analoghi, commessi in un arco temporale ristretto, sostenendo l'esistenza di una connessione sul piano oggettivo e soggettivo, oltre che probatoria, e sollevavano inoltre un'eccezione relativa all'avvenuto inserimento nel fascicolo per il dibattimento di atti non contemplati dall'art. 431 c.p.p.

Il pubblico ministero nulla rilevava quanto alla questione relativa agli atti contestati per il loro inserimento nel fascicolo dibattimentale, mentre si opponeva alla riunione dei processi, specialmente con riguardo a quello relativo all'attività asseritamente commessa in Pradamano.

Il pretore accoglieva, a mente dell'art. 17 cp.p., la richiesta di riunione di due dei processi pendenti a carico del Ferro (per l'esattezza, quelli contrassegnati dai nn. 8183/95 e 3828/96 R.G.N.R.), riferendosi gli stessi a condotte commesse dal prevenuto nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, nel medesimo insediamento produttivo di Mortegliano e nello stesso periodo di tempo, e sussistendo comunque una identità della prova, come si evinceva sulla base delle richieste avanzate dalle parti con le rispettive liste testimoniali; accoglieva inoltre l'eccezione della difesa riguardante gli atti erroneamente inseriti nel fascicolo per il dibattimento, e ne disponeva la restituzione al pubblico ministero.

Aperto quindi il dibattimento, il giudice ammetteva integralmente le prove documentali e testimoniali indicate e richieste da pubblico ministero e difensori, nonché l'esame del Ferro, richiesto dal rappresentante della pubblica accusa, e si riservava invece in merito all'istanza di perizia tecnica, avanzata dalla difesa.

Si procedeva così, nel corso di più udienze, all'audizione di numerosi testimoni e all'esame dell'imputato, mentre venivano anche acquisiti durante l'istruttoria numerosi documenti, su richiesta e con il consenso delle parti. Veniva inoltre disposta ai sensi dell'art. 507 c.p.p., su richiesta del pubblico ministero, l'audizione del consulente tecnico dell'accusa, originariamente non indicato nella lista presentata a mente dell'art. 468 c.p.p.

All'esito dell'articolata attività di istruzione dibattimentale, definitivamente ritenuta non esperibile e comunque non necessaria la richiesta perizia, le parti prendevano ed illustravano le rispettive conclusioni, riportate in epigrafe, sulle quali la giudicante decideva con dispositivo letto in pubblica udienza e qui di seguito integralmente riprodotto in calce, dopo aver provveduto a revocare il decreto penale opposto dal prevenuto.

Si deve innanzi tutto rilevante come l'imputato debba essere mandato assolto, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con riguardo alle violazioni dell'art. 9 octies, comma terzo, della L. n. 475/88, a lui contestate ai capi b) ed e) di rubrica; infatti l'art. 52, comma secondo, del D.L.vo n. 22/97 ha previsto che la omessa od incompleta tenuta del registro di carico e scarico costituisca mero illecito amministrativo, cui consegue la sola applicazione di una sanzione pecuniaria.

Per tale ragione, ed in ossequio a quanto previsto dal successivo art. 55, commi primo e terzo, del medesimo testo normativo, si dovrà disporre la trasmissione degli atti alla Provincia di Udine, per quanto di competenza in ordine all'applicazione delle sanzioni amministrative ad oggi applicabili (in senso analogo, relativamente alla necessità di trasmissione degli atti, si vedano decreto di archiviazione Gip Pretura Udine 18 aprile 1997, imp. Nobile; Pret. Pavia 25 marzo 1997; Gip Pretura Vicenza 17 giugno 1997).

Venendo a considerare la contestata violazione dell'art. 25, comma secondo, D.P.R. n. 915/82 (ancora oggi prevista come reato e punita dall'art. 51, comma terzo, D.L.vo n. 22/97), per valutare la materialità del fatto si dovrà far riferimento alle deposizioni dei testi dell'accusa ascoltati nel corso dell'udienza del 5 febbraio 1998, ed in particolare a quelle dei testi Gnatta (si vedano in proposito le pp. 8-11, 19, 23-24 della trascrizione delle registrazioni eseguite nel Page 372 corso del diabttimento), Rebeschini (pp. 47 ss. della trascrizione), D'Ambrosio (pp. 97-101 della stessa trascrizione), Zanello (pp. 102-103), Busatto (pp. 104-105), Visentini (pp. 106-107), e Gervasutti (p. 108); alle dichiarazioni del teste Comand, introdotto dalla difesa ed escusso all'udienza del 18 settembre 1998 (cfr. in particolare le pp. 1-6 della trascrizione delle registrazioni di quell'udienza); al verbale di sequestro del 30 agosto 1995, al verbale di ispezione locale delegata del 26 settembre 1995, ed infine alle fotografie contenute nell'allegato 4, alle pp. 8-12 dell'originario fascicolo per il dibattimento n. 1185/96, e nel fascicolo fotografico predisposto nel corso dell'ispezione locale, visibile alle pp. 20-23 dello stesso fascicolo per il dibattimento.

Sulla base di tali elementi si è dunque accertato che il 30 agosto del 1995 la titolare di una ditta avente sede nella zona industriale di Mortegliano, Angela D'Ambrosio, segnalò al comune che nell'area di pertinenza di uno stabilimento confinante con il suo era in corso il sotterramento di un certo quantiativo di rifiuti (la teste in aula ha usato, per l'esattezza, il termine «immondizie»).

A seguito di ciò intervenne sul posto un agente della Polizia municipale di Mortegliano, Giorgio Gnatta, accompagnato dal tecnico comunale, geom. Palazzoni; essi constatarono che nel piazzale retrostante lo stabilimento in precedenza occupato dalla ditta Weba (per questa ragione sinteticamente indicato nelle varie deposizioni testimoniali come stabilimento «ex Weba»), all'epoca dei fatti nella disponibilità dell'odierno imputato Ferro, erano in corso lavori di movimentazione del terreno.

Più precisamente (cfr. deposizione Gnatta, alla p. 10 della trascrizione dell'udienza 5 febbraio 1998) nel piazzale era stato asportato con mezzi meccanici lo strato superficiale di terreno vegetale, per una profondità di circa 30, 40 centimetri, ed una parte dell'avvallamento così creato era stata riempita con ghiaia ed altro materiale inerte, dal quale si notavano affiorare rifiuti di varia natura.

Per tale ragione, ritenendo che nella segnalazione della D'Ambrosio vi potessero essere elementi di verità, l'agente Gnatta prese contatto con la Procura circondariale di Udine, ricevendo disposizioni di procedere al sequestro dell'area, eseguito poi con l'ausilio di personale della Stazione Carabinieri di Mortegliano (come confermato dal maresciallo Rebeschini, comandante di quella stazione).

Secondo quanto riferito dai testi e quanto annotato nel verbale di sequestro, ed inoltre sulla base di quanto riprodotto nelle fotografie in atti, la superficie complessivamente interessata dalle opere di sbancamento era piuttosto estesa (il teste Gnatta ha fatto riferimento, seppure in via approssimativa, alle dimensioni di un campo di calcio), mentre l'area già ricoperta con la ghiaia, che fu quella di fatto sottoposta a sequestro, era una porzione limitata, pari a circa dodici metri per quindici.

Sempre dalle diverse deposizioni delle persone intervenute nel settembre del 1995 all'ispezione locale (si vedano in particolare quelle dell'escavarotista Busatto e degli operai del Comune di Mortegliano Visentini e Gervasutti, nominati ausiliari di P.G., il primo dei quali eseguì lo scavo in profondità dell'area sequestrata mentre gli altri prelevavano il materiale via via affiorato, ed inoltre quella del tecnico comunale Busatto, che pure partecipò alle operazioni), e dalle fotografie scattate nella medesima circostanza, si è accertato che nella zona in questione vennero rinvenuti pneumatici usati, pezzi di cemento e di ferro, reggette in plastica e in ferro, tubi in silicone e in pvc, guaine bituminose, un accumulatore per mezzi pesanti ed altro materiale vario (si vedano in particolare le immagini da 5 a 12 del fascicolo fotografico in atti).

Per concludere, si...

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