Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI APPELLO DI TORINO Sez. IV, 8 marzo 1999, n. 734. Pres. ed est. Witzel - Imp. Empereur ed altri.

Truffa - Aggravanti - Truffa in danno dello Stato o altro ente pubblico - Alterazione delle prove diagnostiche della tbc e brucellosi di bovini sani - Indebita percezione di indennizzi regionali - Configurabilità del reato - Sussistenza.

Configura il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche la somministrazione a bovini sani di sostanze idonee a positivizzare le prove diagnostiche della brucellosi e tubercolosi al fine di potere lucrare l'indennizzo previsto dalla normativa regionale per l'abbattimento coatto dei capi di bestiame infetti. (C.p., art. 640 bis; D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 118, art. 38; D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 118, art. 36).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - All'esito di procedimento penale riguardante una serie di truffe ed altri connessi reati, addebitati ad allevatori di bovini in taluni casi in concorso con medici veterinari - truffe finalizzate a fare falsamente apparire come affetti da tubercolosi e brucellosi animali in realtà sani, allo scopo di ottenere dalla regione l'indennizzo per l'anticipata macellazione dei capi infetti - il Gip presso il Tribunale di Aosta ha affermato la responsabilità, fra gli altri, anche degli imputati Empereur Gabriele, Brun Martino Giovanni, Dalbard Paolo e Ragionieri Marco Benedetto in ordine ai reati come in epigrafe ad essi ascritti.

Le vicende che hanno coinvolto i quattro imputati, essendo del tutto autonome fra loro, verranno, per comodità espositiva, esaminate singolarmente e separatamente.

Brun.

Il Gip lo ha ritenuto responsabile della contravvenzione p. e p. dall'art. 36 commi 1, 2 e 3, e 38 D.L. 27 gennaio 1992 n. 119, per avere detenuto e somministrato sostanza farmacologicamente attiva, idrazide, ai propri capi bovini, l'impiego e la detenzione del quale farmaco sono vietate dalla legge.

Ha proposto appello il difensore, chiedendo l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato.

Questa Corte ritiene assorbente il primo profilo, attinente all'aspetto oggettivo, poiché, come risulta dalla consulenza tecnica svolta dal dott. Rivolin su incarico del P.M., (pp. 2324 ss.) «la polvere di peso totale g. 440 sequestrata al sig. Brun Martino di Charvensod - fraz. Plan Felinaz - risulta detersivo».

Non vi sono agli atti elementi diversi che smentiscano una tale conclusione. L'ipotesi accusatoria è quindi infondata, e di conseguenza l'imputato va assolto dall'addebito per insussistenza del fatto.

Ragionieri.

Il Gip ne ha affermato la responsabilità in ordine alla sola imputazione sub 2), per avere egli, nella propria qualità di medico veterinario della Usl di Aosta e, quindi, come pubblico ufficiale, in concorso con gli allevatori Cuc Luciano e Jacquemod Lucia, attestato falsamente sul modello «4» trasporto animali, di avere proceduto al controllo ed alle verifiche degli animali ivi indicati.

L'ordinanza ministeriale 29 maggio 1992 richiamata dal Gip prescrive che prima del carico, il bestiame venga visitato dal veterinario, che dia poi atto degli esiti del controllo nel citato mod. 4.

Nella specie, l'imputato avrebbe falsamente attestato di avere proceduto alla visita, quando, in realtà, egli si sarebbe limitato a compilare il modello 4 sulla base dei dati identificativi degli animali fornitigli dal Cuc per telefono (conversazione n. 15 del 12 aprile 1993, in fascicolo intercettazioni).

Secondo la difesa, da tale telefonata non può desumersi la prova che il Ragionieri non avesse visitato il bestiame, cosa che, invece, egli avrebbe fatto, se non nell'immediatezza del carico, comunque nei giorni immediatamente precedenti ad esso.

D'altronde - osserva l'appellante - la legge non prescrive che il veterinario sia presente sul posto, al momento della spedizione - ma si limita a richiedere che il controllo venga effettuato prima del carico.

In tal senso sono, inoltre, le istruzioni impartite in Valled'Aosta dal responsabile del Servizio veterinario dell'Usl.

Il Gip ha respinto questa tesi, sostenendo che la legge richiede l'intervento del sanitario sul posto, proprio nel momento in cui la spedizione viene effettuata, e che, in ogni caso, non vi sarebbe prova che, seppure in altro momento, la visita fosse stata effettuata.

Con il proposto appello, il difensore chiede l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste, o, in subordine perché non costituisce reato, riconfermando la tesi difensiva suesposta.

In fatto, il difensore ribadisce che non vi è comunque prova che il Ragionieri abbia omesso la visita, e che anzi da una delle conversazioni telefoniche intercettate (comunicazione n. 81 del fascicolo intercettazioni) si desume che egli ebbe effettivamente a visitare i bovini dell'imputato nei giorni immediatamente precedenti la spedizione.

In ogni caso, se tali elementi non consentissero di addivenire ad una assoluzione per insussistenza del fatto, l'imputato dovrebbe essere mandato assolto per carenza dell'elemento psicologico del reato, essendo chiaro che egli fu indotto in errore dalle istruzioni ricevute dai suoi stessi superiori gerarchici e dalla prassi dell'ufficio veterinario.

Si fa riferimento in proposito anche al parere pro veritate - citato nella memoria aggiuntiva - del prof. Pezza dell'Università di Milano.

Questa Corte osserva: al dott. Ragionieri è contestato di «avere falsamente attestato nel modello 4 trasporto animali, di avere proceduto al controllo ed alle verifiche degli animali...», non già di avere falsamente attestato di avere assistito al carico del bestiame.

È pertanto del tutto irrilevante in questa sede discutere del contenuto dell'obbligo imposto dalla legge al veterinario nella materia in esame.

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Occorre, invece, verificare se vi sia, in effetti, prova che egli non abbia effettuato la visita.

E, posto che è all'accusa che incombe tale onere probatorio - non già all'imputato di dimostrare il contrario - si rileva come, nella specie, la prova d'accusa sia del tutto inconsistente.

La telefonata n. 15 citata dal Gip, del tenore che si riporta testualmente, non consente in alcun modo di rispondere all'interrogativo in punto effettuazione o meno della visita da parte del veterinario.

Cuc (indicato nel verbale d'intercettazione con la lettera A), rivolgendosi a Ragionieri (indicato con la lettera B), gli comunica: «dottore... sono poi andato a prendere anche l'altro vitello lì di Jacquemod Lucia»: tale comunicazione, non solo non avalla l'ipotesi dell'omessa visita, ma fa, semmai, pensare che il dott. Ragionieri abbia già visitato il secondo dei due vitelli su cui verte la conversazione.

Il Cuc fornisce, quindi, a Ragionieri: «due numeri se magari non ce li ho più lì», «no, no, no, ce li avevo tutti e due»: presumibilmente ce li ha tutti e due proprio per esserne venuto a conoscenza in occasione della visita.

Certo è, comunque, che dalla conversazione in oggetto - di significato, come visto, non certo univoco - non è dato in alcun modo dedurre che il Ragionieri non abbia visitato bestiame di proprietà del Cuc, e che sia di conseguenza falsa l'attestazione a sua firma di cui al modello 4.

Inoltre, dalla conversazione n. 81 del 26 aprile 1993 citata anche dalla difesa, sembra desumersi che in occasione di altra spedizione di bestiame egli si limità a richiedere telefonicamente i soli dati identificativi della spedizione (orario, mezzo di trasporto, destinazione), non già quelli degli animali, dei quali evidentemente era già venuto in possesso in occasione della visita.

Infine, nella telefonata n. 108 del 7 aprile 1993, il Cuc, parlando con Jacquemod Lucia, si lamenta proprio dell'atteggiamento estremamente vigile del servizio veterinario, che definisce «quei delinquenti» per la loro rigidità: «per mandare a Treviso bisogna portarli 48 ore prima i documenti, ma loro non sanno che i veterinari fanno solo due volte... cioè come fosse adesso facessero Martedì non sarebbe più in tempo, perché, se vengono su Mercoledì bisogna portarglieli giù 48 ore prima, stì pieni di merda».

Il tenore della conversazione conferma la tesi difensiva circa la prassi del Servizio veterinario della Valle d'Aosta di procedere tempestivamente - nelle 48 ore - al controllo del bestiame in partenza, e non vi sono elementi per affermare che da tale prassi il dott. Ragionieri si sia, nell'occasione che interessa - così come d'altronde in quella di cui alla telefonata 108 sopra citata - discostato.

In presenza di tale quadro probatorio, si impone l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste.

Empereur. È stato ritenuto responsabile, oltre che del reato di truffa di cui al capo 1), anche di ricettazione (capo 2) e di una serie di condotte di falso, strumentali alla commissione della truffa (capi 4, 5 e 6).

I fatti sono pacifici, stante la piena confessione dell'Empereur e del coimputato Ticcozzelli Francesco.

Con il proposto appello, il difensore chiede, quanto al capo 2), riconoscersi l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p.

Quanto al capo 6), prosciogliersi l'imputato, trattandosi di fatto procedibile a querela, che non è stata proposta. Ridursi la pena in limiti che consentano la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Eliminarsi la condanna al risarcimento dei danni.

Preliminarmente questa Corte rileva che, secondo la contestazione, le contravvenzioni di cui ai capi 9), 10) e 11), risultano commesse «nel 91-93».

Considerata la pena edittale dei reati ritenuti in sentenza e viste le norme di cui all'art. 157 c.p., il termine prescrizionale è di anni tre.

Anche ad ipotizzare - nella genericità della contestazione in punto tempus commissi delicti - che i reati siano stati commessi alla fine del 1993, il termine di prescrizione, pur in presenza di atti interruttivi, è ormai interamente decorso.

Stanti le risultanze in atti, non ricorre l'ipotesi prevista dall'art. 129 comma 2 c.p.p.; e pertanto va...

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