Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine591-612

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@TRIBUNALE CIVILE DI NOCERA INFERIORE Sez. II, 17 maggio 2000. Pres. Russo - Est. Scarpa - Soc. Universo Assicurazioni (avv.ti Giorgiadi e Alfano) c. Desiderio Rosetta (avv. Pedone) ed altro

Risarcimento del danno - Danno biologico - Lesioni di lieve entità - Criteri di liquidazione ex art. 3 D.L. 70/2000 - Retroattività - Esclusione.

La norma di cui all'art. 3 del D.L. n. 70/2000, in forza della quale si regolamentano le modalità di determinazione dei punti di invalidità permanente e si stabiliscono gli importi risarcitori unitari per i punti di invalidità permanente e per i giorni di invalidità temporanea, è da considerarsi, in difetto di difforme espressa volontà legislativa, ius superveniens, incidente sul contenuto sostanziale del risarcimento, come tale inapplicabile ai fatti produttivi di danno alla persona verificatisi anteriormente alla sua entrata in vigore, avvenuta il 29 marzo 2000. (D.L. 28 marzo 2000, n. 70, art. 3) (1).

    (1) Analogamente nel senso che l'art. 3 cit., non potendo avere effetto retroattivo e difettando di norme applicative transitorie, non è applicabile ai procedimenti iniziati anteriormente al 29 marzo 2000, v. Giud. pace Roma, sez. dist. Ostia, 12 aprile 2000, in Guida al diritto 13 maggio 2000, n. 17, 72. Si segnala inoltre che il Tribunale di Genova con ordinanza di rinvio 3 aprile 2000, ibidem, ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo citato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con citazione per l'udienza del 30 giugno 1999 la Universo Assicurazioni Spa ha appellato la sentenza del Giudice di pace di Nocera Inferiore n. 390/99, conseguente alla domanda proposta da Desiderio Rosetta, in proprio e quale genitore esercente la potestà sulla minore Correale Mariafrancesca, per il risarcimento dei danni subiti dalla minore stessa in seguito alla collisione avvenuta in data 21 giugno 1998 con l'autovettura Fiat Bravo targata AW 903 TZ, di proprietà di Morrone Guido. L'appellante contesta l'erroneità nella valutazione delle prove compiute dal primo giudice, il quale avrebbe prestato fede alla sola prova testimoniale, tralasciando le risultanze del verbale redatto dai vigili urbani di Roccapiemonte, da cui si desume che la ragazza percorresse a bordo della sua bicicletta la strada teatro del sinistro in senso contrario a quello consentito. Peraltro, l'appellante contesta la ponderazione del danno biologico contenuta nella sentenza impugnata, nonché la somma preventiva per spese odontoiatriche; è infine criticato l'importo delle spese processuali liquidato dal giudice di pace. Desiderio Rosetta evidenzia l'infondatezza dell'impugnazione e conclude per il rigetto dell'appello. Il tribunale, con ordinanza del 21 ottobre 1999, disponeva l'assunzione di prova testimoniale. Le parti precisavano poi le conclusioni all'udienza davanti al collegio del 25 febbraio 2000, provvedendosi alla decisione a norma dell'art. 352 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Va dapprima ribadito il giudizio di inammissibilità della deduzione di prova testimoniale formulata dall'appellante nell'atto di impugnazione, secondo quanto già osservato nell'ordinanza del 21 ottobre 1999, e ciò per la ricordata contrarietà, prima ancora che al divieto di cui all'art. 345 ult. comma c.p.c., al principio d'infrazionabilità delle prove, in forza del quale mai potrebbe ammettersi in appello una prova testimoniale che la parte avrebbe già potuto chiedere nel precedente grado di giudizio e che sia unicamente preordinata a contrastare le risultanze di quella già dedotta e assunta in primo grado, e cioè a determinare, attraverso nuove modalità e circostanze, ovvero per la connessione delle circostanze già provate con quelle da provare, una diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetti dello stesso mezzo istruttorio nelle precedenti fasi del processo (Cass. civ., sez. II, 3 aprile 1998, n. 3423; Cass. civ., sez. lav., 3 settembre 1997, n. 8421; Cass. civ., sez. II, 27 settembre 1994, n. 7881). È vero infatti che il difensore della convenuta Universo Assicurazioni Spa richiese al giudice di pace l'ammissione della prova testimoniale di Apice Andrea e Alfano Salvatore solo all'udienza del 3 dicembre 1998, dopo l'esaurimento dell'escussione del teste Arcaro Massimo e della produzione documentale, e quindi a preclusioni istruttorie ormai maturate.

Tuttavia, i testi Apice Andrea e Alfano Salvatore, vigili urbani del comune di Roccapiemonte (Salerno) - infine assunti a norma dell'art. 257 c.p.c. quali persone alle quali aveva fatto riferimento alcuno dei testi escussi - all'udienza del 28 gennaio 2000 hanno riferito al tribunale di aver appreso la circostanza che la bicicletta condotta da Correale Mariafrancesca percorresse in senso vietato il corso Mario Pagano da non meglio precisati «passanti presenti al fatto».

Così va dunque spiegata l'asserzione del rapporto sull'incidente redatto dai medesimi vigili urbani secondo cui «il velocipede percorreva il corso Mario Pagano in senso contrario a quello consentito». Sarà pertanto sufficiente ricordare come i rapporti ed i verbali degli organi di polizia giudiziaria facciano fede fino a querela di falso solo per quanto concerne i fatti che il pubblico ufficiale afferma di avere personalmente compiuto o constatato, mentre le dichiarazioni rese a tali organi non vincolano in sede civile, ed il giudice ha unicamente il potere-dovere di apprezzarle liberamente (Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1989 n. 57; Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1979 n. 6417, in Arch. giur. circ. e sin. 1980, 291). La estrema genericità e lacunosità delle fonti di conoscenza utilizzate dai pubblici ufficiali inducono allora a trarre esclusivamente dalla prova testimoniale resa in primo grado da Arcaro Massimo elementi determinanti per la formazione del convincimento del tribunale. Questo teste ha riferito che il conducente della Fiat Bravo investì la ragazza con la bicicletta allorché la medesima era ferma già da qualche minuto all'altezza di una pescheria. La ricostruzione consentita dall'unico teste sentito in primo grado è innanzitutto decisiva per escludere l'operatività della presunzione di cui al comma 2 dell'art. 2054 c.c., non potendosi parlare di scontro di veicoli nell'ipotesi di investimento, da parte di un'autovettura, di un pedone fermo sul ciglio dellaPage 592 strada, seppure a bordo di una bicicletta, né dunque considerare la minore Correale «conducente» del veicolo (cfr. Cass. civ., sez. III, 7 gennaio 1991 n. 57, in Arch. giur. circ. e sin. 1991, 305; Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 1981 n. 1027, in Riv giur. circ. e trasp. 1981, 604). Tornerebbe quindi applicabile piuttosto la presunzione di colpa del conducente dell'autoveicolo investitore prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c., che potrebbe escludersi solo ove fosse stata data prova che Morrone Giuseppe, alla guida della Fiat Bravo, avesse fatto tutto il possibile per evitare l'incidente, senza poterlo in alcun modo prevenirlo. La presunzione di colpa del conducente del veicolo non preclude peraltro l'indagine relativa all'eventuale concorso di colpa della minore danneggiata, e non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito fondato sul rapporto di causalità tra evento dannoso e condotta umana, attuandosi solo ove non sia possibile l'accertamento della dinamica dell'incidente e del comportamento della vittima. Nulla però è stato utilmente addotto, eliminata ogni rilevanza alla sommaria descrizione dei fatti tentata dai vigili urbani (e tanto più a quella prospettata in sede di anamnesi dal C.T.U.), per delineare un concorrente comportamento colposo della minore Correale, quali la repentinità ed imprevedibilità del suo movimento, o l'inosservanza imputabile all'investita di norme regolanti la circolazione, ovvero la concreta impossibilità di un tempestivo avvistamento da parte del conducente del veicolo.

Venendo alla quantificazione dei danni cagionati alla minore in esito all'investimento, occorre premettere che Correale Francesca riportava ferita lacero contusa al mento e frattura degli incisivi centrali superiori. Tali lesioni (nelle condizioni attuali all'epoca dell'indagine, e nelle condizioni precedenti certificate dalla documentazione sanitaria acquisita) sono state oggetto in primo grado della consulenza tecnica d'ufficio, le cui conclusioni sono condivise in questa sentenza, e perciò inducono coerentemente alla formazione del convincimento sul punto da decidere. Le emergenze dell'attività tecnica di integrazione, condotta con corretta metodologia ed adeguatamente argomentata, vengono perciò qui recepite, consentendo l'accertamento di situazioni di fatto, in ordine alla durata dell'invalidità temporanea e dell'invalidità permanente, rilevabili solo con il ricorso a determinate cognizioni scientifiche. La consulenza tecnica di ufficio evidenzia gli esiti permanenti delle lesioni patite e valuta l'invalidità permanente nella misura del 4%. Viene poi riconosciuta un'invalidità temporanea assoluta per giorni 4 ed un'invalidità temporanea parziale al 50% per ulteriori giorni 10.

L'appellante critica poi il valore del punto di liquidazione accordato dal giudice di pace, e, nella comparsa conclusionale depositata il 19 aprile 2000, invoca le «nuove disposizioni normative» in tema di «danno da lesioni», e perciò l'applicazione dei «nuovi parametri così come fissati dal recente decreto legge». È da ritenersi che la difesa della Universo Assicurazioni Spa faccia riferimento al D.L. 28 marzo 2000, n. 70, che, all'art. 3, detta appunto criteri e misure del risarcimento dei danni alla persona di lieve entità.

Sennonché, è noto come i principi che disciplinano la successione della legge nel tempo sono informati alla regola generale dell'irretroattività della legge (art. 11 prel. c.c.), salvo che non sia diversamente disposto o che si tratti di norme processuali, immediatamente applicabili in quanto attinenti alle modalità di svolgimento...

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