Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA 21 febbraio 2001, n. 189. Pres. De Robertis - Est. Cantoni - Soc. Cassa di Risparmio di Bologna (avv. Borghi) c. Specchio (avv. Berti Arnoaldi Veli G.).

Procedimenti sommari - Convalida - Per morosità - Ordinanza di pagamento delle somme non contestate - Ottemperanza all'ordine di pagamento - Conseguenze - Continuazione del processo nella forme della cognizione ordinaria - Risoluzione per inadempimento - Accertamento della non scarsa importanza dell'inadempimento.

Ove il conduttore paghi tardivamente i canoni e gli oneri accessori non controversi ex art. 666 c.p.c., alla speciale procedura subentra il normale giudizio di cognizione e riprende vigore il principio generale di cui all'art. 1453 c.c. per il quale la purgazione tardiva della mora non vale ad arrestare gli effetti della domanda di risoluzione per inadempimento, insita nell'intimazione di sfratto per morosità. (C.c., art. 1453; c.p.c., art. 666) (1).

    (1) Cfr. Cass. 6 luglio 1977, n. 2987, in Arch. civ. 1977, 1176 secondo cui qualora il conduttore esegua l'ordinanza di pagamento della somma non controversa emessa ai sensi dell'art. 666 c.p.c., il giudice non può convalidare l'intimazione di sfratto per morosità, ma il processo può continuare nelle forme della cognizione ordinaria per l'eventuale risoluzione del contratto di locazione per inadempimento. In tal caso ben potrà accertarsi se il ritardato pagamento della somma non controversa integrasse un'inadempimento di non scarsa importanza, se esso fosse determinato da causa non imputabile al conduttore, e potrà essere considerata la persistente morosità nel pagamento dei canoni maturati nel corso del giudizio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con citazione notificata il 20 luglio 1993 la Bimer Banca Spa conveniva avanti al Tribunale di Bologna, Specchio Antonio deducendo di avergli intimato avanti al pretore, in data 24 novembre 1992, sfratto per morosità sia per canoni scaduti e non pagati dal giugno 1992 sia per il mancato rimborso delle spese condominiali per lire 20.305.568. Affermava l'attrice che nella procedura di sfratto il convenuto, costituitosi, pur riconoscendo di non aver pagato i canoni, si era opposto alla convalida contestando di dovere le spese condominiali che dichiarava dovute in lire 40.000 forfettarie al mese, per le quali, comunque, aveva eccepito di non avere mai avuto i conteggi e, dunque, la loro non liquidità ex art. 9 u.c. L. 392/78. Il pretore adito aveva negato l'ordinanza di rilascio ed aveva intimato al debitore di pagare nel termine di venti giorni, l'importo dovuto per i corrispettivi di occupazione nonché lire 40.000 mensili per spese condominiali; quindi, avvenuto il pagamento di lire 19.306.560, come determinato dal pretore, da parte dello Specchio, la causa era stata rimessa al tribunale competente per valore a cui l'attrice chiedeva fosse dichiarato risolto il contratto di locazione per grave inadempimento del convenuto, condannandolo al rilascio dei locali ad uso studio, siti in Bologna via Zamboni n. 2. Si costituiva, il convenuto precisando di avere offerto il pagamento dei canoni scaduti e delle spese come stabilito dal pretore ma di aver contestato l'entità delle somme pretese dalla controparte riportandosi al contratto di locazione che prevedeva, per le spese condominiali, lire 40.000.000 al mese in via forfettaria. Deduceva che avendo sanato la morosità e, ritenendo di non dover pagare le spese nella misura pretesa dalla locatrice, chiedeva il rigetto della domanda. Con sentenza in data 12 maggio -1 luglio 1998, il tribunale respingeva la domanda attrice e dichiarava compensate le spese di lite.

Proponeva appello la Cassa di Risparmio di Bologna Spa, subentrata, per fusione, mediante incorporazione alla Bimer Banca Spa e deduceva che la sentenza era erronea. Deduceva: 1) che il pretore, nella sua ordinanza del 19 aprile 1993 non aveva applicato l'art. 55 L. 392/78 bensì l'art. 666 c.p.c. sicché non si poteva parlare di morosità sanata nel termine concesso dal pretore. Perciò, il tribunale avrebbe dovuto procedere a valutare ex art. 1453 c.c. se sussistesse o meno il grave inadempimento del conduttore, tale da condurre ed emettere sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore. Peraltro, è noto che l'art. 666 c.p.c. non preclude al giudice di valutare la gravità dell'inadempimento ex art. 1453 c.c. Era poi sintomatico, al riguardo, che il pretore, dopo aver accertato il puntuale pagamento dello Specchio, anziché dichiarare cessata la materia del contendere, avesse rimesso le parti avanti al tribunale, proprio allo scopo di valutare l'importanza dell'inadempimento ai fini della richiesta risoluzione. Peraltro, aggiungeva l'appellante che l'asserita «giurisprudenza costante» da parte del primo giudice, in ordine all'applicabilità dell'art. 55 L. 392/78 anche gli usi diversi, era erronea, tenuto conto del noto contrasto giurisprudenziale in merito; 2) che era errata l'asserzione del primo giudice che la documentazione prodotta in causa dal locatore fosse limitata a conteggi redatti dallo stesso, non utilizzabili a fini probatori.

Infatti, per il periodo 1990-1992 erano stati effettuati i rendiconti dagli amministratori. Peraltro, tali rendiconti non erano stati contestati nel termine di due mesi dalla richiesta, dal conduttore, ex art. 9 terzo comma L. 392/78. Deduceva, poi, l'appellante che la decisione sul punto era, quindi, erronea per cui il conduttore, una volta riconosciuta la risoluzione per suo grave inadempimento, avrebbe dovuto essere condannato al pagamento degli importi per spese condominiali fino al 9 marzo 1998 data di riconsegna dei locali. Concludeva perché la Corte in totale riforma della sentenza impugnata dichiarasse risolta la locazione per grave inadempimento del conduttore, condannandolo al pagamento delle somme dovute quale rimborso delle spese condominiali nell'ammontare aggiornato al 1997 oltre interessi dalle singole scadenze al saldo. Si costituiva l'appellato, concludendo per il rigetto dell'appello, facendo presente che nell'atto d'intimazione di sfratto per morosità, era indicata la somma di lire 20.305.568 per canoni e spese condominiali e di avere pagato, in sede di ordinanza pretorile, lire 19.306.560. Peraltro, dalla narrativa, si evinceva che la pre- Page 562 tesa di pagamento di somme era relativa a spese accessorie fino all'ottobre 1992, spese pagate dallo Specchio sulla base di pattuizione contrattuale forfettaria. Invece la Bimer Banca, pretendeva importi superiori. Quindi, rispetto all'atto introduttivo di lite, l'appellante tentava di dilatare l'oggetto del contendere aggiungendo nuovi conteggi e nuovi importi che rappresentavano inammissibili domande nuove.

All'udienza di discussione del 12 gennaio 2001 la causa era trattenuta per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il primo motivo di gravame è fondato. Erroneamente il primo giudice richiama l'art. 55 u.c. L. 392/78, deducendo che il conduttore aveva sanato la morosità sul termine concesso dal pretore onde non poteva dichiararsi la risoluzione del contratto di locazione. Invero il primo giudice, fraintendendo il contenuto dell'ordinanza in data 19 aprile 1993, non si è reso conto che il pretore ha ritenuto che sussistessero i presupposti per emettere ordinanza di pagamento delle somme non controverse ex art. 666 c.p.c., concedendo termine di venti giorni allo Specchio per pagare alla Bimer Banca l'importo corrispondente ai corrispettivi di occupazione (nella misura del canone pattuito) fino al presente, maturati e non pagati, unitamente all'importo di lire 40.000 mensili a titolo di spese condominiali.

Dall'esame della predetta ordinanza pretorile è, quindi, agevole rilevare che il pretore non ha ammesso lo Specchio a sanare la morosità concedendogli il c.d. «termine di grazia» ex art. 55 L. 392/78, per cui ai sensi dello stesso art. 55 u.c. L. 392/78, una volta sanata la morosità, la convalida (e quindi la risoluzione che è insita nella domanda di sfratto per morosità) di sfratto non può più essere pronunciata. Del resto, è sintomatico che nel testo dell'ordinanza pretorile del 19 aprile 1993 non si faccia mai riferimento all'art. 55 L. 392/78. Viceversa, il pretore, come si desume dal richiamo della norma, ha ammesso lo Specchio ex art. 666 c.p.c., a pagare le somme non controverse, per cui anche il puntuale pagamento di tali somme (circostanza questa pacifica in causa) non esime il giudice dal valutare la gravità dell'inadempimento ex art. 1453 c.c.; perciò, il giudice, nonostante il puntuale pagamento ex art. 666 c.p.c., può pronunciare sentenza di risoluzione del contratto di locazione. Ecco perché il pretore ha, poi, rimesso le parti avanti al tribunale competente per valore, perché giudicasse se sussistessero ex art. 1453 c.c. i presupposti per la declaratoria di risoluzione del contratto. In altri termini, ove il convenuto paghi, tardivamente come nella fattispecie, i canoni e gli oneri accessori non controversi ex art. 666 c.p.c., alla speciale procedura subentra il normale giudizio di cognizione e riprende vigore il principio generale di cui all'art. 1453 c.c. per il quale la purgazione tardiva della mora non vale ad arrestare gli effetti della domanda di risoluzione, insita nell'intimazione di sfratto per morosità (cfr. Cass. 7 luglio 1956 n. 2502 ed altre). Ulteriore riprova che il pretore, nella fattispecie, non ha applicato l'art. 55 L. 392/78 è costituita dal fatto che allorché lo Specchio ebbe, puntualmente, a pagare l'importo non contestato, il pretore non ha dichiarato cessata la materia del contendere ma ha rimesso le parti avanti al tribunale competente per valore affinché si pronunciasse sulla domanda di risoluzione insita nell'intimazione di sfratto per morosità. Ciò premesso, è inutile discettare sull'annosa questione se l'art. 55 L. 392/78 (c.d. termine di grazia) possa applicarsi solo alle locazioni abitative o anche agli usi diversi, atteso che tale art. 55...

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