Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine131-138

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@TRIBUNALE CIVILE DI BRINDISI Sez. stralcio, 13 dicembre 2000, n. 638. Est. Terzi - R.D. (avv. Luchena) c. Comune di Fasano (avv. Carparelli).

Segnaletica stradale - Segnali di pericolo - Altezza massima di un cavalcavia - Obbligo di segnalazione - Insussistenza - Fattispecie in tema di risarcimento dei danni riportati da un autocarro.

La segnalazione dell'altezza massima di un cavalcavia dal piano stradale costituisce facoltà discrezionale e non obbligo dell'ente proprietario della strada, posto che, alla luce del vigente codice della strada, tale obbligo sussiste solo per i segnali di prescrizione o divieto o segnalazione di pericoli speciali (lavori in corso, strettoie, ecc.), particolarmente riferiti a condizioni di modificazione della situazione di percorribilità, come percepibile dall'utente della strada. (Fattispecie nella quale il tribunale non ha ritenuto risarcibili i danni riportati da un camionista il quale, nel percorrere alla guida del proprio autocarro una strada comunale, urtava la trave di un cavalcavia con la parte superiore della gru). (Nuovo c.s., art. 38; nuovo c.s., art. 39) (1).

    (1) Cfr. Cass. pen., sez. V, 5 ottobre 1982, TECCHIO ed altri, in questa Rivista 1983, 216, secondo cui la collocazione dei segnali stradali da parte degli enti proprietari delle strade costituisce un obbligo oppure una semplice facoltà, secondo la categoria di appartenenza degli stessi, che si distinguono in segnali di pericolo, di prescrizione e di indicazione. In particolare, vi è obbligo di collocazione dei segnali di pericolo nelle strade extraurbane, nonché dei segnali di prescrizione che indicano un comportamento imposto dalla legge oppure previsto in una delibera adottata dall'ente proprietario della strada. L'apposizione degli altri segnali è facoltativa mentre ne è obbligatoria la manutenzione quando sia stata decisa l'apposizione. Cfr., inoltre, Cass. civ., sez. un., 19 aprile 1963, n. 961, in CED Archivio civile, RV. 261361.


SVOLGIMENTO DELLE SPESE. - Con atto di citazione 5 dicembre 1992 R.D. conveniva innanzi a questo Tribunale il Comune di Fasano, in persona del Sindaco pro-tempore e, premesso in fatto:

che il 16 luglio 1992, ore 11,00 circa, egli percorreva alla guida dell'autocarro con rimorchio di sua proprietà Fiat «180» tg. LE 403265, dotato di gru elevatrice, percorreva la strada comunale per la contrada «Lomascopone», nel Comune di Fasano, quando, nel passare sotto il cavalcavia sul quale corre la S.S. Brindisi-Bari, urtava con la parte superiore della gru contro la trave del ponte;

che dall'urto derivavano al camion e alla gru danni gravi e alla persona dell'attore lesioni personali non ancora guarite;

che l'altezza della trave del piano-strada era di m. 3,74, mentre l'altezza massima del camion-gru era di m. 3,80; che né all'imbocco della strada, né in prossimità del ponte vi erano segnalazioni in ordine all'altezza o di pericolo; che nessun esito avevano ottenuto i tentativi di indurre il comune a riconoscere la propria responsabilità; tanto premesso, il R. chiedeva la condanna dell'ente al risarcimento dei danni, indicati in lire 23.206.159, oltre accessori, per le cose e nella cifra da liquidarsi previo espletamento di consulenza tecnica per le lesioni personali; con vittoria di spese di sentenza esecutiva.

Si costituiva il Comune di Fasano, il quale ammetteva esplicitamente l'obiettività dell'accadimento, ma contestava l'ammissibilità della fondatezza della domanda risarcitoria, non sussistendo a carico dell'ente elementi di responsabilità in ordine al sinistro, da ascriversi a imprudente e malaccorta condotta di guida del R..

Concludeva pertanto per il rigetto della domanda con ogni conseguenza di spese.

Venivano acquisiti documenti vari e si procedeva, a prova testimoniale e a consulenze medico-legale e tecnica.

La causa, con decreto presidenziale 16 dicembre 1998, veniva trasferita alla Sezione Stralcio in esecuzione della L. 276/97 e qui, innanzi al Giudice Unico, le parti precisavano le conclusioni all'udienza del 12 ottobre 1999, dopo di che il G.U. riservava la decisione, previa assegnazione dei termini di rito per il deposito di comparse e repliche.

La domanda è infondata.

L'attore non lo specifica espressamente, ma dalla deduzione della sua difesa è agevole arguire che egli abbia svolto sia l'azione ex art. 2051 c.c. (danno da cose tenute in custodia), sia quella più generale ex art. 2043 stesso codice.

Le due azioni, come è noto, si differenziano sul piano processuale quanto all'onere della prova, atteso che nella prima è il custode, in questo caso il Comune di Fasano, tenuto a fornire la prova liberatoria, di aver fatto cioè tutto quanto in suo potere per evitare il danno; nella seconda è invece il danneggiato che ha l'onere di provare il dolo o la colpa del proprietario della cosa.

Sta di fatto che costante e consolidata giurisprudenza esclude la responsabilità ex art. 2051, con riferimento a strade ed autostrade anche in ipotesi (chiaramente più gravi del caso di specie) di danni causati da cattiva manutenzione della strada, in forza del principio secondo il quale l'estensione della rete stradale non consente di esercitare un controllo completo e continuo, il che esclude la configurabilità della custodia in senso tecnico (v. ex multis Cass. 671/78; 21/88; 2319/85).

Resta l'ipotesi ex art. 2043 c.c..

Al riguardo si fa un rilievo di carattere generale ed è quello secondo il quale il principio del neminem ledere (principio ispiratore delle norme in discorso), viene rispettato fin al punto in cui si possa ravvisare l'esistenza sulla strada di un qualche elemento che costituisca insida o trabocchetto o tranello (sul punto la letteratura e la giurisprudenza sono talmente consolidate che non è il caso di darne esemplificazioni); tale caratteristica richiede due qualità, quella obiettiva della non viabilità e quella subiettiva della non prevedibilità.

Nel caso in esame di non visibilità non è il caso di parlare se è vero, per come è emerso in atto, che il ponte, in tutti iPage 132 suoi connotati si trova al termine di un rettilineo di circa trecento metri; stessa cosa si deve dire per la non prevedibilità, atteso che il Ruberti circolava in una strada comunale di non eccessiva importanza (è sufficiente guardare le foto), dalla quale quindi non si possono pretendere strutture ampie come le autostrade o le superstrade o anche per le strade di una certa importanza; ed atteso che il Ruberti doveva essere consapevole degli ingombri del proprio veicolo, sicché non occorreva una particolare perizia per sospettare (e quindi «prevedere») che lo stesso non poteva non avere spazi sufficienti al passaggio (occorre ricordare al camionista che i suoi colleghi, spesso, in circostanze di semplice incertezza, ricorrono al rimedio dello sgonfiamento delle gomme per ridurre l'altezza del veicolo?).

Non rimane quindi che prendere in esame l'ultima possibilità di responsabilità della p.a., che è quella che si verifica quando l'ente abbia commesso una violazione di norme specifiche, anche con condotta omissiva. Ebbene nella specie, alla luce del codice della strada, non sussiste obbligo per l'ente proprietario di segnalare l'altezza massima del ponte, obbligo che invece sussiste per i segnali di prescrizione o divieto o di segnalazione di pericoli speciali (lavori in corso, strettoie, ecc..), particolarmente riferiti a condizioni di modificazione della situazione generale di percorribilità come percepibile dall'utente della strada.

La domanda deve essere pertanto respinta con ogni conseguenza di spese a carico del soccombente. (Omissis).

@TRIBUNALE PENALE DI BASSANO DEL GRAPPA Sez. 17 dicembre 1999, n. 220. Est. Attanasio - Imp. Petucco.

Contravvenzioni - Guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti - Stato di alterazione - Accertamento - Modalità fissate con decreto ministeriale ex art. 187, secondo comma, nuovo c.s. - Mancata emanazione - Analisi di campioni biologici prelevati all'imputato - Valore probatorio - Esclusione - Fattispecie.

Con riferimento al reato di cui all'art. 187, commi 1 e 4, nuovo c.s. (guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti), in assenza di una determinazione legislativa del valore limite il cui superamento importi l'accertamento dello stato di alterazione psicofisica (in mancata ottemperanza a quanto previsto dal secondo comma del medesimo articolo, laddove demanda ad un decreto del Ministro della sanità la determinazione delle modalità per l'accertamento dello stato di alterazione conseguente all'assunzione di stupefacenti) nessun valore probatorio può riconoscersi alle analisi di campioni biologici da cui risulti la presenza di un certo quantitativo di cannabinoidi nel sangue e nelle urine dell'imputato, tanto più che l'esito di tali prelievi non risulti corroborato da una valutazione clinica del soggetto, ovvero da dati desunti dal suo comportamento e, sintomatici di uno stato di alterazione. (Nella fattispecie sulla base di tale principio, il giudicante ha assolto l'imputato dal reato ascrittogli, perché il fatto non sussiste). (Nuovo c.s., art. 187) (1).

    (1) Interessante fattispecie in ordine alla quale non risultano editi precedenti in termini. In dottrina v. AA.VV. Aspetti giuridici e medico-legali della idoneità alla guida nell'abuso etilico e di sostanze stupefacenti, in Riv. giur. circ. e trasp. 1996, 692.


MOTIVAZIONE. - Il giorno 23 agosto 1998, nel corso di un servizio c.d. «stragi del sabato sera», agenti della Polizia stradale di Vicenza fermavano Petucco Claudio, che procedeva alla guida della propria autovettura, e lo invitavano a sottoporsi a prelievi biologici; l'analisi dei campioni prelevati evidenziava la presenza di cannabinoidi nel sangue e nelle urine del Petucco.

Emesso, su richiesta del Pubblico Ministero, decreto penale di condanna nei confronti del Petucco, l'imputato proponeva tempestiva opposizione ai sensi dell'art. 461 c.p.p., e, all'udienza dibattimentale, disposta preliminarmente la...

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