Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine599-630

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@CORTE DI APPELLO DI FIRENZE 4 aprile 2002, n. 386. Pres. Nanni Pieri - Est. Giardina - Soc. Cide di Bisagni Guido e C. (avv. Castellucci) c. Condominio Via dell'Autostrada 3-4 in Prato (avv. Gentileschi).

Parti comuni dell'edificio - Muri - Perimetrali - Comunione ex art. 1117 c.c. - Fabbricati adiacenti parzialmente compenetrati - Autonomia del corpo principale di fabbrica - Disciplina condominiale - Applicabilità - Esclusione.

In mancanza di titolo contrario, non è applicabile la disciplina del condominio a due fabbricati adiacenti che, benché parzialmente compenetrati (per la presenza di alcuni vani dell'uno che si addentrano all'interno del perimetro dell'altro), integrino - quanto al corpo principale di fabbrica - edifici autonomi per statica e servizi. (Fattispecie relativa alla realizzazione di alcuni lavori su di un muro perimetrale sottratto alla comunione ex art. 1117 c.c.). (C.c, art. 1117) (1).

    (1) Fattispecie peculiare, in ordine alla quale non si rinvengono precedenti in termini.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso ex artt. 1170, 1171 c.c. e 703 c.p.c., depositato il 14 aprile 1993 la Cide Srl, premesso di esser proprietaria del fabbricato posto in Prato alla via Milano nn. 63-65-73, costituito da un piano fuori terra e destinato a sala cinematografica, adiacente al condominio di via dell'Autostrada nn. 3-4 e ad esso connesso solo in quanto alcuni vani si addentrano all'interno del perimetro di tale fabbricato mentre il corpo principale di fabbrica risulta autonomo per statica e servizi, rappresentava che il citato condominio, di concerto con la Consiag, aveva di recente iniziato la ristrutturazione dell'impianto di distribuzione del gas metano e che nell'esecuzione dei lavori era stato interessato il muro perimetrale del locale destinato a sala cinematografica, sul quale erano stati installati a vista numerosi tubi di adduzione del gas con relative serrande. Affermava che il muro esterno interessato dalle opere non poteva ritenersi in comunione ex art. 1117 c.c. e che, in ogni caso, l'opera risultava illegittima in quanto lesiva del decoro del locale di sua proprietà ed inoltre l'area esterna al fabbricato, marciapiede compreso, risultava anch'essa di sua proprietà. Chiedeva pertanto che il Pretore di Prato, disposta l'immediata sospensione dei lavori, ordinasse alla convenuta la restituzione in pristino mediante rimozione dei manufatti posti in essere.

Notificato in data 23 aprile 1993 il ricorso, unitamente al pedissequo decreto di comparizione e sospensione dei lavori, il condominio, costituitosi, deduceva che il muro perimetrale in questione era da ritenersi condominiale e che le alterazioni al decoro architettonico dell'edificio, ove esistenti, avrebbero potuto essere eliminate con opportuni accorgimenti; rappresentava inoltre che in ogni caso l'aspetto esterno del fabbricato era da ripetersi di secondo piano rispetto alla primaria esigenza di assicurare il riscaldamento alle unità immobiliari.

In assenza di conferma del provvedimento provvisorio di sospensione dei lavori, la causa era istruita con produzioni documentali e espletamento di C.T.U.

Con sentenza del 30 maggio 1998 il pretore, contrariamente a quanto sul punto osservato dal C.T.U., rilevava che, in considerazione della struttura del complesso fabbricato, il muro in questione non sfuggiva alla presunzione di cui all'art. 1117 c.c., concorrendo a costituire la superficie coperta e a determinare la consistenza volumetrica e architettonica del complesso immobiliare unitariamente considerato; ciò sebbene sito «in corrispondenza di una porzione singola collocata in posizione avanzata non coincidente con la proiezione sul terreno degli altri muri esterni contornanti la parte dell'edificio che si sviluppa in verticale e ove sono ubicate su piani orizzontali sovrapposti le unità destinate ad abitazioni» e richiamando al riguardo Cass. 24 febbraio 1978 n. 839. Non essendo tale presunzione superata da un titolo disponente in modo diverso, e parimenti tenuto conto (chiunque ne fosse proprietario) della natura pertinenziale del marciapiedi a contorno dell'edificio condominiale, per cui neanch'essa sfuggiva alla presunzione di comunione, non poteva negarsi la possibilità di utilizzazione da parte di altri condomini secondo le destinazioni proprie della parte in considerazione, tra cui per l'appunto quella di servire da sostegno ad apparati di servizio che per comodità o necessità non potessero trovare diversa collocazione. Osservava ancora il pretore che sia il complesso dei tubi che la «batteria», costituita da due armadi in ferro verniciato da cui si dipartono in ordine geometrico le tubazioni per l'adduzione del gas, non limitavano in modo illegittimo il diritto del singolo proprietario in quanto «il muro di appoggio della struttura è posto subito dopo la posizione di ampie vetrate utilizzabili dal gestore del cinema per affissioni pubblicitarie e che costituiscono esse stesse aperture per motivi di sicurezza o per migliorare l'accesso al locale» e, quanto al decoro architettonico, «il muro per sé stesso non presenta alcun particolare pregio estetico» ed inoltre la posizione del manufatto e dell'opera su di esso installata era periferica rispetto all'ingresso del pubblico e defilata verso una stradina secondaria, per cui anche sotto tale profilo non poteva delinearsi un danno dalla utilizzazione impressa al bene in questione.

Respingeva pertanto la domanda e condannava la ricorrente alle spese di lite.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Cide di Basagli Guido & C. Snc (già Cide Srl), contestando che la porzione di muro in questione potesse presumersi di proprietà comune, essendo invece da ritenersi, come già rilevato dal C.T.U., di proprietà esclusiva della Cide, in quanto esterna alla proiezione verticale del fabbricato condominiale, trattandosi peraltro non di un unico edificio ma di due distinti fabbricati, ancorché parzialmente compenetrati; deduceva inoltre che l'opera in oggetto era comunque da ritenersi lesiva sia sotto il profilo del decoro architettonico dell'immobile, sia sotto il profilo funzionale, rimanendo pregiudicata, come già parimenti rilevato dal C.T.U., la possibilità di affissione di locandine da parte della Cide sulla porzione diPage 600 muro in questione. Chiedeva pertanto, in riforma dell'appellata pronuncia, l'accoglimento della propria domanda.

Il condominio, costituitosi, contestava la fondatezza del proposto appello e chiedeva confermarsi l'impugnata sentenza.

Precisate dalle parti costituite le conclusioni di cui rispettivamente in epigrafe, la causa era posta in decisione all'udienza collegiale del 18 settembre 2001.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Erroneamente il pretore ha ritenuto che il muro in questione potesse considerarsi comune, in quanto considerato tra i muri perimetrali di un intero edificio composto sia dal fabbricato condominiale che dall'adiacente corpo di fabbrica adibito a cinema.

In realtà, ove attentamente si consideri la situazione di fatto, non potrà non rilevarsi che il corpo basso di proprietà della Cide costituisce fabbricato del tutto autonomo sia dal fabbricato condominiale di via dell'Autostrada 3-4, sia dall'altro fabbricato, con quale simmetricamente confina all'estremità opposta, di via Milano 57-59.

Trattasi invero, tenuto conto delle planimetrie in atti, nonché delle fotografie prodotte in giudizio, di corpi di fabbrica assolutamente distinti, sia sotto il profilo strutturale, sia dal punto di vista architettonico ed estetico.

Non è pertanto l'immobile di proprietà della Cide da ritenersi come una semplice porzione, «collocata in posizione avanzata», dell'edificio condominiale, bensì come autonomo corpo di fabbrica, ancorché adiacente; per tale ragione, secondo l'insegnamento di cui a Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1979 n. 2448, «È da escludere l'applicabilità della disciplina del condominio agli edifici divisi in due o più parti verticalmente; pertanto, in detta ipotesi, mentre sono comuni i muri divisori delle diverse porzioni immobiliari affiancate, sono di proprietà esclusiva dell'unità immobiliare di cui sono parte integrante, i muri perimetrali»; ed inoltre «Le norme che disciplinano il condominio riguardano le sole case divise in piani orizzontali e non si applicano agli edifici divisi in due o più parti verticalmente; pertanto, in detta ipotesi, mentre sono comuni i muri divisori delle diverse porzioni immobiliari affiancate, sono di proprietà esclusiva dell'unità immobiliare di cui sono parte integrante, i muri perimetrali».

Tale opinione non è seriamente contrastata dalla considerazione che la Cide partecipi al condominio dell'adiacente fabbricato, essendo dimostrato che tale partecipazione trova ragion d'essere ed intrinseco limite nel fatto che essa, oltre che del corpo basso in questione, è parimenti proprietaria di alcuni adiacenti e comunicanti locali ricompresi nel fabbricato condominiale in oggetto e solo relativamente agli stessi, come evidente tenuto conto della rispettiva quota millesimale, partecipa al condominio.

Per contro, il condominio non ha offerto la benché minima prova di aver mai sostenuto spese per la manutenzione e conservazione del muro esterno del corpo basso in questione, che gratuitamente afferma di proprietà comune.

Deve pertanto, in riforma dell'impugnata sentenza, accogliersi la domanda attrice e quindi condannarsi il condominio alla riduzione in pristino.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della Cide; per il primo grado, oltre spese di C.T.U., in complessive lire 3.500.000, di cui lire 334.000 per spese e lire 1.000.000 per onorari, e per il secondo grado in complessive lire 5.307.800, di cui lire 748.300 per spese, lire 1.670.000 per diritti, lire 2.475.000 per onorari; lire 414.500 per rimborso forfettario spese generali, oltre Iva e Cap nella misura di legge. (Omissis).

@TRIBUNALE DI VENEZIA 19 settembre 2002. Est. Spaccasassi - Ric. illeggibile.

Esecuzione forzata -...

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