Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine69-82

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@CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA Sez. II, 11 aprile 2002, n. 488. Pres. Agnoli - Est. Fischetti - Bocchialini (avv.ti Biavati e Barigazzi) c. Vercesi (avv.ti Maver e Guidorossi).

Canone - Immobili ad uso non abitativo - Libera determinazione del canone iniziale - Pagamento di somma diversa dal canone o dal deposito cauzionale pretese dal locatore a titolo di buona entrata o a fondo perdutoNullità del relativo patto ex art. 79 L. n. 392/78.

In materia di contratti di locazione di immobili urbani destinati ad uso non abitativo la normativa di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, consente ai contraenti la libera determinazione del canone iniziale, ma vieta al locatore di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di "buona entrata", che è privo di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, e il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79 della citata legge. Conseguentemente, deve rigettarsi la domanda restitutoria proposta dal conduttore, laddove quest'ultimo non fornisca la prova, certa ed inconfutabile, che il pagamento dei canoni per importi superiori a quelli evidenziati nel contratto sia stato l'effetto di un'alterazione successiva dell'equilibrio sinallagmatico. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79) (1).

    (1) Negli esatti termini, si veda Cass. 9 ottobre 1996, n. 8815, in Arch. civ. 1997, 785.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione in riassunzione ritualmente notificato, Vercesi Gianni, conduttore di un negozio sito in via Cavour di Parma, conveniva in giudizio davanti il Tribunale di Parma il locatore Bocchialini Carlo per ottenerne la condanna alla restituzione in proprio favore della somma di lire 54.489.886, versatagli al di fuori dell'importo dei canoni dall'1 gennaio 1983 al 1992.

Bocchialini Carlo, costituito, contestava la domanda ed, in particolare, ne rilevava l'irrituale introduzione del giudizio, non iniziato con normale citazione.

Il Tribunale di Parma, con sentenza del 16 marzo/6 maggio 1999, dopo aver rilevato che l'attore aveva provato di aver versato al locatore negli anni indicati, oltre al canone pattuito di lire 4.650.000 annuo, altrettanto in via parallela, accoglieva la domanda e condannava il Bocchialini alla restituzione in favore del Vercesi della somma di lire 54.489.886, oltre accessori dalle date dei singoli pagamenti al 15 dicembre 1990, ed oltre alle spese del giudizio.

Avverso la sentenza proponeva impugnazione Bocchialini Carlo dolendosi che il Tribunale aveva ritenuto provati i versamenti; chiedeva, quindi, il rigetto della domanda proposta.

Vercesi Gianni, costituito, chiedeva il rigetto dell'appello con condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite.

All'udienza del 25 gennaio 2002 la causa, sulle conclusioni di cui in epigrafe, veniva assegnata dal Collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con l'unico motivo di gravame l'appellante si duole che il Tribunale ha ritenuto provato il versamento degli importi alla cui restituzione lo ha condannato.

Il primo giudice ha ritenuto che la prova dei versamenti fosse stata data dalle testimonianze dei sigg. Alfieri e Milanta che avevano confermato il pagamento di somme superiori al canone concordato.

L'appello va accolto.

In materia di contratti di locazione di immobili urbani destinati ad uso non abitativo la vigente normativa, contenuta nella L. 27 luglio 1978, n. 392, consente ai contraenti la libera determinazione del canone iniziale, ma vieta al locatore di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di "buona entrata", che è privo di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, e il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79 della citata legge.

Orbene, la tesi sostenuta dal Vercesi è che il contratto era stato fatto per sei anni, con l'accordo di una proroga alla prima scadenza. Dal momento che egli aveva interesse ad assicurarsi una continuità della locazione per almeno dodici anni, non si era opposto, quando in corso di locazione gli era stato richiesto dal locatore, al pagamento di un canone in "nero".

Da tale tesi appare evidente che il pagamento del canone ulteriore era stato richiesto in epoca successiva all'inizio della locazione.

Ma tale tesi non trova conferma nella deposizione dei testi escussi.

In particolare, il contratto di locazione prevede l'inizio della locazione all'1 gennaio 1983 e la durata sessennale, con proroga di ulteriori sei anni; ed un canone annuo di lire 4.650.000; ma la teste Milanta, in sede di deposizione testimoniale, dopo aver confermato il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle indicate nel contratto e di importi equivalenti al canone ufficiale, quantifica il maggior esborso confermando il riepilogo che ha dichiarato di aver provveduto personalmente a redigere.

Ma detto riepilogo, oltre ad evidenziare che il pagamento di canoni in "nero" erano stati versati sin dall'inizio della locazione, anticipa il pagamento di detti importi al 1981 e, quindi, prima dell'inizio della locazione e comprende anche l'anno 1982.

A questo punto sorge normale e legittimo un dubbio: questi canoni in nero erano stati richiesti ad integrazione del canone ufficiale per ragioni diverse, quali, ad esempio, per motivi fiscali, ovvero per alterare l'equilibrio del sinallagma contrattuale?

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Facevano parte sin dall'inizio del canone complessivo concordato ovvero hanno rappresentato uno squilibrio del rapporto sinallagmatico?

Solo nel secondo caso, all'evidenza, i pagamenti sono da considerare nulli e, quindi, ripetibili.

Ma nella specie non è stata fornita la prova certa ed inconfutabile che il pagamento dei canoni per importi superiori a quelli evidenziati nel contratto fosse l'effetto di un'alterazione successiva dell'equilibrio sinallagmatico ed, anzi, proprio il riepilogo confermato dalla teste Milanta fornisce un indizio notevole e rilevante in ordine alla esistenza di un accordo che prevedeva, sin dall'inizio della locazione, un doppio canone: uno ufficiale ed uno ufficioso.

Il canone concordato, in altre parole, era superiore a quello indicato nel contratto.

La domanda è, quindi, da respingere.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio (Omissis).

@TRIBUNALE DI GENOVA 18 dicembre 2002. Est. Dominici - X c. Y.

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Esecuzione - Sospensione - Pagamento indennità di occupazione - Irregolarità - Conseguenze.

La sospensione dell'esecuzione di rilascio non può essere concessa al conduttore che non è in regola col pagamento dell'indennità di occupazione, ma allo stesso può essere concesso termine di grazia per sanare la morosità. (1).

    (1) Provvedimento non condivisibile. Il Tribunale ha infatti applicato (per analogia, parrebbe) nell'ambito di un procedimento ex art. 1, comma 2, D.L. n. 122/02 quanto previsto - in materia sia di indennità di occupazione maggiorata che di applicabilità dell'art. 55 - dall'art. 6 L. n. 431/98, norma ritenuta peraltro transitoria dalla prevalente giurisprudenza (e, quindi, tanto più inapplicabile in via analogica).


IL G.E. atteso che il presupposto della sospensione dell'esecuzione dello sfratto è essere in regola col pagamento dell'indennità di occupazione maggiorata del 20%, concede termine di grazia fino al 4 gennaio 2003 per sanare la morosità maturata e rinvia all'udienza del 7 gennaio 2003 h. 11,30.

@TRIBUNALE DI ASCOLI PICENO 19 novembre 2002. Est. De Angelis - Paddeu (avv.ti Logiacco e Luzi F.) c. Consorzio di Bonifica del Tronto (avv. Luzi O.) ed altra.

Consorzi - Contributi consortili - Contributi in favore dei consorzi di bonifica - Potere impositivo - Presupposti costitutivi - Onere probatorio - Adempimento - Indicazione.

I Consorzi di bonifica devono dimostrare l'effettività del beneficio (incremento di valore della proprietà del soggetto passivo destinatario dell'imposizione) integrante il presupposto costitutivo del loro potere impositivo. L'onere relativo non è adempiuto attraverso il richiamo al piano di classifica (di provenienza esclusivamente unilaterale), né può rivestire alcuna utilità la richiesta di una consulenza tecnica d'ufficio sostanzialmente a carattere esplorativo. (1).

    (1) Decisione corretta e solidamente argomentata anche nella parte - non risultante dalla massima - relativa al perimetro di contribuenza (nel senso che la delimitazione dello stesso non esonera comunque il Consorzio dall'onere della prova). La pronuncia è, in ogni caso, espressione di una consolidata giurisprudenza. La sentenza Cass., sez. un., 30 gennaio 1998, n. 968, trovasi pubblicata in questa Rivista, 1998, 37.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. - Con atto di citazione del 29 marzo 1999, Paddeu Fausto conveniva il Consorzio di Bonifica Tronto innanzi il Tribunale di Ascoli Piceno riassumendo il giudizio già proposto innanzi al Pretore di Ascoli Piceno, dichiaratosi incompetente, e chiedeva dichiararsi che nulla era da lui dovuto al convenuto Consorzio di Bonifica Tronto in relazione alle cartelle esattoriali per il pagamento dei contributi pretesi dallo stesso Consorzio, in quanto la stessa pretesa contributiva non corrispondeva ai requisiti di legge, proponendo altresì richiesta di restituzione di quanto in precedenza versato al medesimo Consorzio.

Sosteneva in particolare l'attore che, a fronte della pretesa contributiva, l'ente consorziale non aveva dimostrato, quale presupposto della stessa, un effettivo beneficio (in termini di incremento del valore fondiario della proprietà del contribuente, o in termini di equivalente utilità) derivato dall'attività di bonifica dello stesso consorzio.

Costituitosi, il Consorzio convenuto eccepiva l'infondatezza dell'azione, evidenziando che l'utilità obiettiva, per la proprietà fondiaria dell'attore, dell'attività di bonifica in questione, non era dimostrata da quanto...

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