Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@TRIBUNALE DI TERNI 4 dicembre 2002. Est. Santoloci - Imp. Frezza.

Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Insediamento industriale - Acque di vegetazione e scarichi di frantoi oleari - Disciplina applicabile.

Le acque dei frantoi oleari, di regola insediamenti industriali, sono soggetti alla ordinaria disciplina del combinato disposto del D.L.vo n. 152/99 sugli scarichi e del D.L.vo n. 22/97 sui rifiuti, rispettivamente in caso di scarico dei reflui con immissione diretta su corpo ricettore autorizzato o in caso di riversamento in vasca aziendale e successiva gestione del liquame nel contesto del sistema dei rifiuti liquidi costituiti da acque reflue. Lo scarico è soggetto ad autorizzazione mentre il riversamento in vasca è disciplinato dalle norme sul deposito temporaneo e lo stoccaggio; il trasporto dei liquami necessita del formulario e degli altri adempimenti formali del decreto n. 22/97. La legge 11 novembre 1996, n. 574 che reca «Norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari», disciplina soltanto la successiva ed eventuale fase di spandimento dei liquami sul suolo, in deroga all'avvio dei rifiuti liquidi di acque reflue verso lo smaltimento o il recupero. I «laghetti» aziendali sono disciplinati, secondo i casi e le ipotesi di illegalità, dal sistema normativo inerente il deposito temporaneo, lo stoccaggio e la discarica entro il contesto del decreto n. 22/97 sui rifiuti (1).

    (1) In argomento si veda Cass. pen., sez. III, 17 gennaio 2000, Gobetti, in questa Rivista 2000, 598, secondo cui la disciplina dettata dalla legge 11 novembre 1996 n. 574 in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari non implica che lo scarico dei reflui provenienti da detti ultimi impianti non debba essere comunque autorizzato ai sensi della normativa generale in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, ora contenuta nel D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152. La mancanza di tale autorizzazione rende quindi configurabile il relativo illecito penale; Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 1999, Coratella, ivi 1999, 483, secondo cui le acque di vegetazione delle olive devono essere considerate rifiuti speciali e tutte le fasi del loro trattamento precedenti allo scarico sono sottoposte al regime previsto dalla normativa sui rifiuti, mentre la fase dello scarico è sottoposta al regime previsto dalla L. n. 319/76, tenendo presente che gli impianti di molitura devono considerarsi impianti produttivi, così come gli impianti di depurazione. In tema di responsabilità penale, Cass. pen., sez. III, 11 dicembre 1998, Orsini, ivi 1999, 682, ha disposto che è esente da pena, in ordine alle violazioni della legge Merli, solo il responsabile dei frantoi oleari e dei relativi scarichi che risulti adempiente a specifici obblighi posti dalla L. n. 119/ 1987, quali la tempestiva presentazione al sindaco della domanda di autorizzazione allo smaltimento dei reflui sul suolo, l'osservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione sindacale, l'adozione di procedure e metodi per l'abbattimento dei carichi inquinanti dei reflui, previa decantazione degli stessi in apposite vasche, e sempre che lo scarico non costituisca pericolo per la salute pubblica. Sull'applicabilità della previgente disciplina, si veda Cass. pen., sez. III, 29 maggio 1998, Terranova, ivi 1998, 686, secondo cui, anche dopo l'entrata in vigore della L. n. 574/1996, che ha introdotto nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari, i titolari dei frantoi oleari, aventi natura di insediamenti produttivi, che abbiano effettuato scarichi extratabellari (senza utilizzo agronomico) prima del 12 novembre 1996 (data di entrata in vigore della suddetta legge) sono puniti ai sensi del terzo comma dell'art. 21 della L. n. 319/1976, a meno che non ricorrano le condizioni prescritte dall'art. 2, comma 2 bis, della L. n. 119/1987, ossia che i reflui derivino esclusivamente dalla lavorazione meccanica delle olive o dall'utilizzo di acqua per la diluizione delle paste e per la lavatura degli impianti, che siano stati autorizzati dal sindaco, che siano state applicate procedure e metodi per l'abbattimento dei carichi inquinanti di almeno il 50%, che gli stessi reflui vengono decantati in apposite vasche utilizzate esclusivamente per tale scopo e che lo scarico non costituisca pericolo per la salute pubblica. Secondo Cass. pen., sez. III, 9 ottobre 1997, De Pascalis, ivi 1997, 1123, infine, lo smaltimento diretto nel sottosuolo di acque derivanti dal ciclo di lavorazione del frantoio oleario è disciplinato dalla L. n. 319/ 1976 e tale scarico deve essere autorizzato ai sensi dell'art. 9, penultimo comma, della stessa legge. Nella fattispecie la necessaria autorizzazione non godeva del regime di proroga connesso, all'epoca del fatto, all'art. 33, primo comma, del D.L. n. 429/1993, poiché detto regime non riguardava l'apertura dello scarico, bensì il suo adeguamento ai limiti posti dall'art. 13 della L. n. 319/1976.


(Omissis). MOTIVI DELLA DECISIONE. - Frezza Alfio Augusto veniva citato per comparire in data odierna davanti a questo Giudice per rispondere della imputazione in epigrafe trascritta.

Incardinato il presente giudizio, l'imputato non si presentava.

Il P.M. effettuava la sua relazione.

Svolta l'istruttoria dibattimentale di rito, rappresentante del P.M. e difesa concludevano formulando le rispettive richieste come in verbale di udienza riportato.

Osserva il Giudice che sussistono pieni elementi di prova a carico di prevenuto desunti dalle risultanze dibattimentali.

I riscontri dibattimentali Il teste Stefano Ambrosini dichiarava: «Pubblico Ministero: lei il 27 luglio del 2001 effettuò un sopralluogo presso la ditta oleificio La Corte. Teste Ambrosini Stefano: sì. Pubblico Ministero: se può riferirci chi era il titolare della ditta e che cosa avete accertato sul posto. Teste Ambrosini Stefano: il titolare della ditta era il signor Frezza Alfio, che con noi era presente sia in parte al sopralluogo che in parte alla redazione del verbale di sopralluogo. Noi abbiamo accertato, insieme al Tenente Cappuccino, che esisteva presso il mulino una buca, uno scavo effettuato, pieno di fanghi, liquami provenienti dall'attività di molitura delle olive. A detta dello stesso Frezza questi liquami erano giacenti da parecchio tempo nel luogo e soprattutto che gli stessi erano stati additivati. Pubblico Ministero: erano stati?

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Teste Ambrosini Stefano: additivati, nel senso che erano stati messi degli enzimi su questi liquami. Dopo di che constatammo che intorno all'area, a questa buca, c'era della vegetazione e non c'era... era come in stato di abbandono, nel senso che non c'era nessuna protezione, anche l'accesso era non molto facile, in quanto c'era molta vegetazione intorno. Questo qui. Pubblico Ministero: quindi intorno a questo deposito? Teste Ambrosini Stefano: sì, dopo di che... Pubblico Ministero: quindi, senta, i rifiuti liquidi provenivano dall'oleificio? Teste Ambrosini Stefano: sì, il Frezza lui li stuccava lì, ossia le acque di vegetazione derivanti dalla molitura delle olive. Pubblico Ministero: avete riscontrato altre violazioni? Teste Ambrosini Stefano: ci siamo recati presso la sede della ditta per verificare la corretta gestione di questi rifiuti, riscontrando che non erano presenti né i registri di carico e scarico di rifiuti, né tanto meno i registri previsti a suo tempo in relazione ad una delibera regionale per la... cioè, per la gestione delle acque di vegetazione. In merito a questo abbiamo elevato sanzione amministrativa che però a tuttora non è stata pagata, non so se lo abbiamo iscritto ai ruoli ultimamente».

Il fatto storico-oggettivo: la prova fotografica A livello storico-oggettivo, osserva il Giudice che le foto in atti documentano in modo inequivocabile la realizzazione di un vasto riversamento su terreno di liquami da parte dell'azienda della quale il prevenuto è titolare fino al punto di formare sostanzialmente un invaso con giacenza permanente e rilevante dei liquami medesimi. Nel gergo di uso comune di settore tale invaso viene indicato come «laghetto». La composizione, naturalmente, è specifica e costituita dai liquami provenienti dalle attività di lavorazione di frantoio.

Sugli aspetti oggettivi e documentali non sussistono dunque agli atti ipotesi di dubbio, e le immagini fotografiche confermano in modo inequivocabile lo stato dei luoghi.

Per inciso, tali foto - realizzate dagli organi investigativi - devono essere considerate atti irripetibili a tutti gli effetti formali e procedurali e dichiarate utilizzabili ai fini del decidere.

Vediamo, a titolo di esempio, la seguente massima: «La contravvenzione di distruzione o deturpamento di bellezze naturali è reato di danno che può essere integrato da qualunque sostanziale alterazione di bellezze naturali, pure se non di consistente gravità. La prova del reato può essere desunta anche da materiale fotografico» (Cass. pen., sez. un., 8 maggio 1989, n. 6883, Liberati) e sancisce perfino che i fotogrammi estratti dalle riprese filmate effettuate dalla polizia giudiziaria possono essere acquisiti al dibattimento come documenti (Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 1996, Petrangeli). Ancora sulla validità delle foto come atti irripetibili in dibattimento: «È atto irripetibile quello mediante il quale la polizia giudiziaria prende cognizione diretta dello stato dei luoghi ovvero dei fatti, situazioni, comportamenti umani, dotati di rilevanza penale, e suscettibili, per la loro natura, di subire modificazioni o addirittura di scomparire, sì da essere in seguito soltanto riferiti. Ne deriva che le fotografie, nelle quali sia stato riprodotto lo stato di una località ove siano eseguiti lavori di escavazione vanno annoverate tra gli atti irripetibili, poiché la situazione di fatto è soggetta a trasformazioni...

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