Giurisprudenza di merito

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@TRIBUNALE DI FERMO 17 dicembre 2003. Pres. ed est. Fanuli - Ric. Traini.

Procedimento davanti al giudice di pace - Procedimento in genere - Procedibilità a querela - Remissione - Tacita - Omessa comparizione del querelante - Configurabilità.

La mancata ingiustificata comparizione del querelante, che sia altresì teste d'accusa, al dibattimento dinanzi al giudice di pace, costituisce un fatto incompatibile con la volontà di ottenere la punizione dell'imputato - in modo particolare in un contesto giudiziario locale che, per prassi consolidata e condivisa da tutti i soggetti processuali attribuisce a tale condotta l'anzidetto inequivocabile significato - e dunque integra un'ipotesi di remissione tacita di querela, anche al di fuori delle ipotesi legalmente tipizzate di cui agli artt. 28 e 30 D.L.vo n. 274/2000. (C.p.p., art. 531; c.p., art. 152; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 28; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 30) (1).

    (1) Difformi, sul punto, Cass. pen., sez. V, 19 luglio 2000, Di Piazza, in Riv. pen. 2001, 298 e Cass. pen., sez. V, 29 ottobre 1997, Chiaberge ed altri, ivi 1998, 198, le quali non considerano l'omessa comparizione del querelante quale ipotesi di remissione tacita di querela. Per utili riferimenti sul punto, si rinvia alla panoramica giurisprudenziale offerta dalla motivazione della sentenza de qua.

FATTO E DIRITTO. - Con sentenza n. 32/2002 (n. 69/2002 reg. 16/bis) pronunziata mediante pubblica lettura del dispositivo all'udienza del 26 novembre 2002 (e depositata il successivo 17 dicembre) il Giudice di pace di Ripatransone dichiarava l'imputato colpevole del reato ascrittogli (non avendo il giudizio in questione avuto ad oggetto il reato concorrente di cui all'art. 186 c.s.) e lo condannava alla pena di 30 giorni di detenzione domiciliare.

Avverso detta sentenza interponeva rituale appello il difensore dell'imputato sollevando le seguenti censure:

a) Il reato doveva essere dichiarato estinto per remissione tacita di querela, per omessa comparizione del querelante. In ogni caso si sarebbe dovuto rinviare il processo per espletare tentativo di conciliazione;

b) L'imputato doveva essere assolto stante l'insufficienza della prova a suo carico, rappresentata esclusivamente dalle dichiarazioni e valutazioni del verbalizzante, intervenuto dopo il fatto, non essendo stati sentiti i testi querelanti, non comparsi.

All'odierno dibattimento il P.M. concludeva per la declaratoria di estinzione del reato, e, quindi, per l'accoglimento del motivo a) dell'appello, mentre la difesa si riportava alle conclusioni formulate nell'atto di impugnazione.

Il giudice ritiene fondato il motivo di cui al punto a) dell'appello, sulla scorta del consolidato orientamento espresso da questo tribunale, quale giudice di primo grado, rispetto all'identica condotta (mancata comparizione del querelante-teste).

Non ignora peraltro questo giudicante che, negli ultimi tempi, le sentenze di tal genere sono state sistematicamente impugnate (a prescindere da istanze da parte del querelante «pregiudicato» da tali pronunzie) dalla competente procura generale, e che, in alcuni casi, sono state annullate o riformate.

Ciò induce ad una ancor più attenta e adeguata riflessione, in quanto è evidente che se l'interpretazione alla base delle pronunzie medesime dovesse ritenersi - alla luce delle argomentazioni posta a fondamento dei gravami e delle sentenze che detti gravami hanno accolto - infondata, sarebbe doveroso mutare orientamento, sia per evitare pregiudizi - di natura materiale e morale - alle parti processuali, sia per evitare inutili e dispendiose attività giudiziarie (e connesse attività di cancelleria).

Il punto di partenza è rappresentato proprio dal principio di diritto che si è inteso affermare con l'orientamento in questione, che potrebbe essere «massimato» come segue:

L'assenza al dibattimento della persona offesa, che rappresenti altresì il principale teste d'accusa, qualora sia totalmente ingiustificata costituisce un fatto incompatibile con la volontà di ottenere la punizione dell'imputato - in modo particolare in un contesto giudiziario locale che, per prassi consolidata e condivisa da tutti i soggetti processuali attribuisce a tale condotta l'anzidetto inequivocabile significato - e dunque integra un'ipotesi di remissione tacita; in ogni caso fa sorgere un ragionevole dubbio sulla sussistenza di tale causa estintiva del reato.

Ciò sulla scorta di argomentazioni giuridiche «di ampio respiro», che saranno nel seguito ampiamente esplicitate.

Se questo è il principio giuridico alla base dell'orientamento interpretativo qui privilegiato, è elementare considerazione che una sentenza di riforma, e prima ancora un atto di impugnazione non può che avere il suo fulcro nella giuridica confutazione di tale principio e delle argomentazioni che ne sono alla base.

Orbene, andando alla puntigliosa ricerca di tale confutazione giuridica, si rileva con amarezza e sconcerto che il richiamato principio è stato travisato e «mutato», negli atti d'impugnazione e nelle successive pronunzie (sostanzialmente) nel seguente - di tutt'altra valenza e significato -: «l'omessa comparizione del querelante all'udienza dibattimentale integra gli estremi della remissione tacita di querela».

Tale principio giuridico «geneticamente modificato» è stato poi liquidato (senza il benché minimo accenno alle numerose problematiche giuridiche affrontate nelle sentenze così sommariamente censurate) con il mero richiamo dell'indirizzo giurisprudenziale della Cassazione che è costante nell'affermare l'esatto contrario e cioè che l'assenza della persona offesa dal dibattimento non costituisce un fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela, con la conseguenza che tale assenza non può fondare Page 340 una pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato per remissione tacita di querela (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 24 settembre 1997 n. 9688, Chiaberge ed altri).

Principio questo, che, così come espresso, ben può essere condiviso, atteso che la mera omessa comparizione del querelante può avere un significato non univoco. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi del delitto di diffamazione a mezzo stampa in cui il querelante, magari per concomitanti impegni, ritenga di non presentarsi in udienza confidando nel fatto che la giustizia potrà avere il suo corso, trattandosi di fatto documentato con l'articolo «incriminato» e così via.

In realtà, sia detto per inciso e a scanso di (ulteriori) equivoci: in questa e nelle altre pronunzie espressioni del medesimo orientamento di questo organo giudicante, non si attribuisce all'omessa comparizione tout court il significato di remissione tacita di querela, ma, al contrario, si inserisce tale condotta omissiva non univoca, in un «quadro» più ampio (prassi giudiziaria consolidatissima e conosciutissima; la veste di teste principale dell'accusa, che si sovrappone a quello di querelante; la mancanza di qualsiasi, pur flebile «segnale» indicativo della volontà di perseguire penalmente l'imputato...) all'interno del quale tale condotta acquista l'univocità richiesta dalla disposizione di cui all'art. 152 c.p.p.

Se è così, è evidente che nessuna efficacia persuasiva possono esplicare i pronunziamenti contrari all'orientamento proposto...

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