Giurisprudenza di merito

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@TRIBUNALE DI SALERNO Sez. II, ord. 22 marzo 2004. Est. Carrato - Cond. di Via Mantenga, 2 in Salerno c. De Martino.

Regolamento di condominio - Divieto di detenere animali- Allontanamento degli stessi - Ricorso alla tutela d'urgenza - Ammissibilità - Configurabilità di immissioni intollerabili ex art. 844 c.c. - Fattispecie di detenzione di cani di razza pitt bull in locali adibiti a scantinato.

In presenza di norma regolamentare che faccia divieto assoluto di tenere animali, il giudice ben può - con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. - ordinare l'allontanamento dal condominio di due cani di razza pitt bull, da un condomino detenuti nel locale adibito a cantinola sito al piano terraneo dell'edificio, e ciò a prescindere dalla ricorrenza o meno degli estremi per la configurabilità di immissioni intollerabili ex art. 844 c.c. (per odori e rumori provocati dagli animali), stante la più intensa tutela contrattuale preordinata. (C.c., art. 844; c.c., art. 1138; c.p.c., art. 700) (1).

    (1) Si rinvia alle sentenze pubblicate in parte motiva, complete dei relativi estremi di presentazione.

(Omissis). - Con il proposto ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., il condominio istante di V. Mantenga, n. 2, di Salerno, sul presupposto che la condomina De Martino Vincenza deteneva due cani di razza pit bull ricoverati nel locale adibito a cantinola sito al piano terraneo dello stesso fabbricato comune, ha chiesto emettersi, a carico della predetta, l'ordine di allontanamento dei menzionati animali e di ripristino dello stato di igiene e salubrità dei luoghi.

A sostegno della formulata istanza cautelare atipica, il ricorrente condominio - adducendo che già il competente servizio dell'ASL aveva effettuato i dovuti accertamenti e che l'IACP di Salerno aveva ordinato alla De Martino di provvedere all'allontanamento dei due cani alla stessa appartenenti o, comunque, nella sua disponibilità - evidenziava che la domanda giudiziale, nella prospettiva della dimostrazione dei necessari requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, si fondava: a) sulla salvaguardia del primario diritto alla salute dei condomini (garantito anche dall'art. 32 Cost), nonché alla quiete e all'igiene della stessa collettività condominiale; b) sulla tutela dell'ingiusta compromissione e menomazione dei diritti dei condomini che non potevano godere e fruire in modo pieno della parti condominiali, in virtù delle moleste ed intollerabili immissioni provenienti dal luogo di ricovero dei due cani; c) sull'illegittimità della condotta della De Martino, configurante un illecito civile extracontrattuale oltre che un possibile illecito penale (rilevante ex art. 727 c.p.), senza trascurare l'ulteriore violazione del regolamento condominiale, come tale arrecante nocumento alle parti comuni dell'edificio e alla loro inerente fruibilità.

Radicatosi il contraddittorio, la resistente - pur ammettendo la circostanza del possesso dei due cani dedotta in ricorso e del loro ricovero nella cantinola indicata (per come del resto trasparente dalle fotografie accluse alla produzione giudiziale) - instava per il rigetto del ricorso, non sussistendo i presupposti per il suo accoglimento con riferimento al paventato pericolo e alle violazioni adombrate nel ricorso medesimo.

Esperito il libero interrogatorio delle parti, assunte sommarie informazioni ed espletato idoneo accertamento tecnico per mezzo di apposito medico veterinario, all'esito dell'istruzione sommaria questo giudicante si riservava in ordine all'emissione degli inerenti provvedimenti.

Rileva il giudicante che il ricorso, così come proposto, è fondato e deve, perciò, essere accolto, con conseguente emissione dell'invocato provvedimento cautelare, nei termini che saranno meglio specificati in appresso.

Nella fattispecie - per come risulta evincibile dalla riportata narrativa - il condominio ricorrente ha inteso richiedere l'invocata cautela sulla scorta delle plurime violazioni ascrivibili alla resistente sia in relazione alla compromissione del diritto alla salute dei singoli condomini che in ordine al ridotto ordinario godimento parziale dei beni comuni (oltre che di determinate proprietà individuali), in virtù delle intollerabili immissioni provenienti dalla cantinola in cui sono risultati ricoverati i due cani della razza pit bull (facente parte del complesso condominiale), per come evincibile anche dall'univoca documentazione fotografia allegata agli atti, e tanto in dispregio sia dell'invito formulato dal competente IACP (con lettera del 30 gennaio 2003) che delle prescrizioni del regolamento condominiale adottato.

Orbene, dall'esperita istruzione sommaria, si è potuto evincere che - risultando pacifica e confermata la circostanza che la De Martino (quale conduttrice assegnataria dell'appartamento condominiale sito al 4º piano dell'edificio in questione) effettivamente ha la disponibilità dei due cani che risultano permanentemente ricoverati (al di là degli intervalli temporali di accompagnamento all'esterno) nella cantinola ubicata al piano terraneo del fabbricato condominiale - nel corso di tale condizione si è venuta a determinare una situazione di apprezzabile antigienicità degli ambienti condominiali, per come desumibile fin dagli accertamenti esperiti dall'unità operativa veterinaria del'ASL in data 29 novembre 2002 (il cui verbale risulta ritualmente acquisito agli atti), alla stregua dei quali rimase riscontrato che, dalla riferita cantinola, proveniva un odore sgradevole, di urina ed escrementi attribuibili ai cani custoditi, che invadeva tutto lo spazio comune fino all'androne, con verosimile verificazione anche di persistenti rumori molesti notturni causati dal latrare dei cani, anche per la condizione di cattività nella quale si trovavano costretti.

In virtù di quest'attività di controllo, è emerso, inoltre, che il competente IACP aveva formalmente invitato la resistente a provvedere al conseguente allontanamento dei cani, senza, però, alcuna ottemperanza da parte della diffi-Page 478 data, malgrado la paventata possibilità di incorrere nella decadenza dell'assegnazione ai sensi dell'art. 20 della L.R. n. 18/1997.

Dalle sommarie informazioni raccolte sono rimaste ulteriormente riscontrate le richiamate emergenze, essendo stato ribadito che - in virtù della permanenza dei cani nella cantinola - la collettività condominiale risentiva di notevoli disagi per l'emissione dell'odore nauseabondo proveniente dal luogo di ricovero degli animali, che non consentiva un ordinario godimento dei beni comuni e di quelli di proprietà esclusiva ubicati nelle vicinanze del locale adibito a ricovero, con la configurazione di gravi problemi igienici.

Peraltro, nell'ambito del procedimento cautelare, è stato acquisito il verbale di approvazione del regolamento condominiale (in data 24 febbraio 2003), con il quale (cfr. l'art. 11) il condominio, tra l'altro, aveva previsto l'assoluto divieto di tenere animali (cani, gatti, ecc.), con specifico riferimento ai locali adibiti a scantinati.

Inoltre, alla stregua degli esiti del disposto accertamento tecnico effettuato dal dr. D'Amore, si è potuto evincere che - oltre all'apprezzabilità dei rumori provenienti dalla cantinola soprattutto in prossimità del portone di accesso allo stabile condominiale - il locale di ricovero è stato ritenuto del tutto inidoneo ad ospitare animali d'affezione come i due pit bull, i quali, oltretutto, risultano inclusi nell'elenco delle razze di «cani potenzialmente pericolosi» nell'ordinanza del Ministero della Salute del 9 settembre 2003, con inerente tendenza alla scarsa socializzazione in grado di influenzare atteggiamenti di aggressività verso persone e/o altri animali.

Alla stregua di tali complessive emergenze, pertanto, non si può discutere della sussistenza sia del fumus boni iuris che del periculum in mora attinenti al formulato ricorso.

Invero, la delineata inequivocabile situazione di fatto - avuto riguardo alla condizione dei luoghi - appare verosimilmente idonea, per un verso, a ledere il primario diritto alla salute degli occupanti il fabbricato condominiale sia sotto il profilo delle immissioni (antigieniche e rumorose) persistenti ed intollerabili provenienti dal locale di ricovero dei cani che sotto quello della possibile esposizione a manifestazioni aggressive e potenzialmente incontrollabili degli animali in discorso, e, per altro verso, si prospetta apprezzabilmente capace di interferire sul libero ed ordinario godimento delle parti comuni dell'edificio condominiale, con particolare riguardo alla zona dell'androne e dei locali terranei adibiti a cantinole, senza escludere gli alloggi allocati nei piani inferiori, in chiara violazione del diritto dei condomini alla fruizione pacifica ed indisturbata dei beni appartenenti alla collettività condominiale e della prescrizione evincibile dal regolamento condominiale, vincolante alla stregua del disposto di cui all'art. 1138 c.c.

A quest'ultimo proposito la giurisprudenza ha statuito che il giudice può, con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., ordinare l'allontanamento di animali molesti dal condominio, con divieto assoluto di ritorno nell'edificio condominiale, sottolineando, peraltro, che, allorquando esiste una norma regolamentare che faccia divieto per gli inquilini di tenere animali molesti, non sarebbero richiesti nemmeno gli estremi dell'immissione rumorosa intollerabile di cui all'art. 844 c.c., stante la più intensa tutela contrattuale preordinata (cfr. Trib. Napoli, 25 ottobre 1990, in Arch. loc., 1990, 737, nonché ancora Trib. Napoli, 8 marzo 1994, ivi, 1994, 337; cfr,, pure, Trib. Piacenza, 10 aprile 1990, n. 231 e Pret. Torino, 7 novembre 1989, ivi, 1990, 287).

Ricorre, altresì, nel caso in esame, il periculum in mora, poiché - proprio per la natura delle verosimili violazioni prospettate - la misura di urgenza appare chiaramente finalizzata ad assicurare gli effetti della probabile sentenza di condanna sia sotto...

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