Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI GENOVA Sez. I, 24 maggio 2004, n. 401. Pres. Ferro - Est. Sanna - Castagnola (avv. Nasini) c. Rossi (avv. Gatto).

Canone - Aumenti - Riparazioni straordinarie - Effettuate nel corso del rapporto dedotto in giudizio - Computo - Nel caso di esercizio da parte del conduttore di azione di ripetizione del canone corrisposto in misura superiore a quello c.d. equo - Presupposto - Espressa richiesta del locatore - Esclusione.

A fronte dell'esperimento da parte del conduttore di azione di ripetizione del canone corrisposto in misura superiore a quello equo (ex art. 79 L. n. 392/78), gli aumenti per gli interessi legali sulle spese straordinarie sostenute dal locatore (ai sensi dell'art. 23 della stessa legge) vanno computati anche quando sia mancata una espressa richiesta da parte del locatore medesimo. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 23; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79) (1).

    (1) Si vedano le citate Cass. 6 novembre 2001, n. 13697 e Cass. 25 settembre 2001, n. 12014, pubblicate rispettivamente in Giust. civ. Mass. 2001, 1863 e 1693.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso depositato il 12 novembre 1997 e notificato con pedissequo decreto di fissazione d'udienza il 24 novembre 1997, Rossi Lorenzo, conduttore dal 1º settembre 1991 al 29 settembre 1997 dell'immobile sito in Genova sal. Castaldi 22, conveniva in giudizio davanti al Pretore di Genova il locatore Castagnola Giovanni per la determinazione dell'equo canone ex legge 392/1978 e lo condanna alla restituzione di quanto percepito in più a titolo di canoni, somma che quantificava in lire 14.728.873, oltre rivalutazione interessi e deposito cauzionale di lire 1.155.000.

Il Castagnola si costituiva in giudizio con comparsa di risposta depositata il 13 maggio 1999, contestando i conteggi del ricorrente sotto i profili dell'errata valutazione dei parametri di riferimento e della mancata considerazione degli incrementi derivanti dall'esecuzione di lavori straordinari nell'immobile, eseguiti anche nel corso di precedenti rapporti locatizi, e dell'integrale ripristino dell'immobile avvenuto nell'anno 1966/1967, nonché degli interventi negli anni 1978, 1985 e 1995, e sostenendo essere il canone concordato inferiore a quello legale, e chiedeva in via riconvenzionale condannarsi il ricorrente al pagamento della somma a proprio credito di lire 5.731.000 per canoni dovuti nel periodo dal 1º ottobre 1997 al 30 agosto 1998.

Alla prima udienza il 26 maggio 1999 il difensore del ricorrente si opponeva alla domanda riconvenzionale eccependo la mancata richiesta di fissazione di nuova udienza. Il difensore del resistente dichiarava di aderire all'avversa eccezione e il Giudice Istruttore del Tribunale di Genova (a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo 19 febbraio 1998 n. 51) dichiarava la decadenza dalla domanda riconvenzionale.

Si procedeva a Ctu per la determinazione dell'equo canone, su quesito escludente la considerazione di spese straordinarie eseguite fuori dal corso del rapporto.

Respinte le istanze di prove orali, e procedutosi alla discussione, il tribunale pronunciava con lettura del dispositivo la sentenza n. 3487/2003 del 25 ottobre 2002-15 gennaio 2003, con la quale determinava nella somma globale di Euros 11.348,71 l'equo canone per il periodo dal 1º settembre 1991 al 30 settembre 1997 e condannava il resistente a restituire al ricorrente Euros5.352,00, oltre interessi legali dal deposito del ricorso e il deposito cauzionale di Euros 596,51 oltre interessi legali dal 1º settembre 1991, e alla rifusione delle spese di giudizio, oltre alle spese di ctu. Il tribunale, con approfondite argomentazioni, respingeva la domanda di riconoscimento degli aumenti ex art. 23 L. 392/1978, osservando che per i lavori straordinari eseguiti nel corso del rapporto non risultavano effettuate richieste di adeguamenti ex art. 23 L. 392/1978, come richiesto dalla norma, e che per quelli antecedenti gli adeguamenti andavano esclusi in quanto ininfluenti, dovendosi la previsione della norma interpretare come limitata alle opere, da essa indicate, eseguite nel corso del rapporto.

Contro la sentenza proponeva appello il Castagnola con ricorso depositato nella Cancelleria di questa Corte il 2 aprile 2003, chiedendo statuirsi in sua riforma che deve tenersi conto sia degli aumenti ex art. 23 L. 392/78 per interessi legali sui capitali impiegati per lavori straordinari eseguiti nell'immobile e sulle parti comuni durante il rapporto locatizio intercorso, sia degli aumenti per interessi legali sul capitale impiegato per l'esecuzione di lavori straordinari sia nell'immobile locato che nelle parti comuni dell'edificio sostenuti durante i precedenti rapporti locatizi, e conseguentemente dichiararsi nulla dovuto al Rossi, o in subordine ridursi corrispondentemente le somme a lui dovute, previa ammissione dei mezzi istruttori e di nuova ctu. Col primo motivo di appello contestava la ritenuta necessità di richiesta scritta degli adeguamenti ex art. 23 legge 392/1978 per lavori eseguiti in corso di locazione anche in ipotesi di corresponsione di un canone superiore a quello legale; col secondo motivo censura la mancata considerazione dei lavori eseguiti anteriormente, sia agli effetti del coefficiente di vetustà, lamentando la contraddittorietà della motivazione sul punto, sia agli effetti dell'art. 23 legge 392/1978, in contrasto col più recente orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, secondo cui l'aumento ex art. 23 legge 392/ 1978 viene a costituire parte integrante del canone, sostenendo la non ragionevolezza delle obiezioni volte dal primo giudice a tale orientamento. Chiedeva darsi luogo all'istruttoria non ammessa dal primo giudice.

Il Rossi si costituiva con comparsa depositata il 28 maggio 2003, chiedendo il rigetto dell'appello. Sottolineava l'esistenza di due orientamenti giurisprudenziali in relazione alla necessità della richiesta di aumenti per spese stra- Page 594 ordinarie, e la condivisibilità dell'orientamento che sostiene la necessità della richiesta; sosteneva che, in ogni caso, deve essere data prova dei pagamenti, delle tipologie dei lavori e della data precisa di ultimazione, contestando le fatture prodotte dalla controparte, sia per la tardività che la non verificabilità, provenendo da terzi, sia perché non riferibili all'immobile de quo, essendo il Costagliela proprietario di più unità abitative nello stabile.

Ammesse dalla Corte prove per testi, e procedutosi alla loro assunzione, la causa veniva discussa e decisa all'udienza del 5 maggio 2004, all'esito della quale veniva data lettura del dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - L'appello è parzialmente fondato.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale che va recentemente affermandosi, e cui questa Corte aderisce:

Qualora il canone di una locazione abitativa, soggetta alla legge n. 392 del 1978, sia stato convenzionalmente determinato in misura superiore a quella legale risultante dall'applicazione degli artt. 12 e 22 legge cit. e sia stato iniziato dal conduttore, nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione, un giudizio di determinazione del canone e restituzione di quanto pagato in più, l'aumento del canone legale che sarebbe stato consentito dall'art. 23, va computato a partire dalla data di ultimazione delle opere di manutenzione straordinaria anche quando sia mancata, a suo tempo, una richiesta del locatore, con la conseguenza che la domanda del conduttore di condanna del locatore alla restituzione della somma pagata in più del dovuto va negli stessi limiti rigettata nei limiti in cui tale differenza non ecceda l'aumento in questione

(così Cass. 12014/2001, conforme Cass. 13697/2001).

D'altro canto, sul punto, lo stesso primo giudice, nell'escludere la rilevanza degli aumenti ex art. 23 L. 392/ 1978 riferibili a lavori eseguiti in corso di locazione, dopo aver rilevato che mancava la relativa richiesta scritta, facendo poi riferimento all'orientamento giurisprudenziale di cui sopra, li ha esclusi sotto il profilo del mancato raggiungimento della prova della riferibilità di quelli richiesti dal locatore a specifici lavori rientranti nella previsione della norma.

Tale prova deve invece ritenersi raggiunta, sulla scorta delle produzioni contenute nel fascicolo di primo grado, la cui produzione in appello sana qualsiasi eventuale irregolarità di quella di primo grado, e delle prove orali.

Infatti, come ritenuto dall'orientamento giurisprudenziale che va prevalendo in ordine alle nuove produzioni in grado di appello, «nel rito del lavoro, la produzione in appello di nuovi documenti (che si sottrae al divieto sancito dall'art. 467 c.p.c.) esige, a pena di decadenza, che essi siano indicati specificamente nel ricorso dell'appellante o nella memoria dell'appellato e depositati unitamente a tali atti, in tal modo detti documenti restano sottratti ad una preventiva valutazione di indispensabilità (e perciò ad un provvedimento di ammissione), e soggetti soltanto al normale giudizio di rilevanza in sede di decisione della causa» (cfr. Cass. 7119/2002).

Venendo alla valutazione di tali risultanze, si osserva che l'effettuazione dei lavori relativi al rifacimento della facciata di cui alla comunicazione del Servizio Estetica Urbana del Comune di Genova (doc. 7), e di cui al preventivo Impresa Franco del 29 maggio 1995 (doc. 8), è stata confermata dal teste Pedemonte, ed ammessa dallo stesso Rossi, che si è limitato ad eccepire che all'epoca del rilascio (indicata nel ricorso introduttivo del 29 settembre 1997) non erano ultimati, circostanza che contrasta col contenuto del documento 8, datato 29 maggio 1995, sottoscritto dall'impresa Edil Franco, che fa riferimento a lavori già eseguiti, e solo in piccolissima parte (lire 1.540.000 su lire 20.049.765, in corso di esecuzione, e presumibilmente di rapida conclusione secondo i normali tempi tecnici trattandosi di completare la copertura di un tondino e di quattro pluviali e della mera ripresa di calcestruzzo).

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