Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@TRIBUNALE PENALE DI FERMO 31 maggio 2004, n. 390. Est. Fanuli - Imp. Mazzoni.

Giudice di pace - Procedimento - Definizioni alternative - Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie - Reato di lesioni colpose in seguito a sinistro stradale - Risarcimento effettuato dall'impresa assicuratrice - Effetto estintivo - Esclusione - Fondamento.

La causa di estinzione del reato di cui all'art. 35 D.L.vo n. 274/2000 (disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace) ha tra i suoi presupposti la «personalità» della prestazione da parte dell'imputato in ordine alla riparazione del danno e alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e non è, quindi, applicabile quando il danno sia stato risarcito non dall'imputato ma dall'istituto assicuratore per conto di costui. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale per omessa concessione della precedenza). (C.p.p., art. 531; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 35) (1).

    (1) Sentenza interessante nella quale il giudice de quo affronta, ben motivandoli, alcuni nodi interpretativi del controverso istituto della estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie di cui all'art. 35, D.L.vo n. 274/2000. Con riferimento ad analoga fattispecie, v. Giud. di pace pen. Foggia 19 giugno 2003, n. 39, in questa Rivista 2003, 811. Per un commento articolo per articolo al D.L.vo n. 274/2000, si rimanda a F. BARTOLINI, P. CORSO, Il Codice del giudice di pace, Ed. La Tribuna, Piacenza 2004.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. - Con sentenza n. 17/2003 pronunziata mediante pubblica lettura del dispositivo all'udienza del 4 giugno 2003 - e depositata il successivo 19 giugno - il Giudice di pace di Montegiorgio dichiarava Mazzoni Moira colpevole del reato contestato in rubrica e la condannava alla pena della multa di euros 200,00 oltre al pagamento delle spese processuali e - in solido con il responsabile civile - al risarcimento dei danni in favore della parte civile e al rimborso delle spese processuali dalla stessa parte civile sostenute, assegnando a quest'ultima, a titolo di provvisionale provvisoriamente esecutiva, la somma di euros 4.000,00.

Avverso detta sentenza interponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Ancona, lamentando la mancata irrogazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Ricorso che veniva convertito in appello, ex art. 580 c.p.p., per effetto dei successivi atti di appello presentati dalla difesa e dal responsabile civile.

Nel proprio atto d'impugnazione, la difesa dell'imputata lamentava la mancata applicazione da parte del giudice di prime cure dell'istituto di cui all'art. 35 D.L.vo n. 274/2000.

In particolare - evidenziava l'appellante - prima dell'apertura del dibattimento il responsabile civile obbligato in solido con l'imputata aveva offerto la somma di euros 3.300,00 a titolo di risarcimento. Tale somma, in considerazione della dinamica del sinistro e, in particolare, del concorso di colpa della parte civile, doveva essere ritenuta pienamente congrua ai fini della riparazione integrale del danno e, quindi, doveva comportare la dichiarazione di estinzione del reato ai sensi del richiamato art. 35.

Il responsabile civile, nel proprio atto di appello, lamentava che il Giudice non avesse tenuto in alcun conto della somma offerta banco iudicis, di euros 3.300,00 che, tenuto conto delle lesioni riportate dalla querelante e del concorso di colpa della stessa nella causazione del sinistro doveva ritenersi pienamente congrua ai fini dell'integrale risarcimento. Del tutto immotivata era pertanto la provvisionale concessa in misura di euros 4.000,00.

All'odierno dibattimento P.M., parte civile, responsabile civile e difesa formulavano le rispettive conclusioni, come sopra riportate.

Va esaminato, anzitutto, l'appello della difesa, imperniato sulla richiesta applicazione dell'istituto di cui all'art. 35 D.L.vo n. 274/2000. Ciò in quanto l'accoglimento di tale gravame, con la conseguente pronunzia estintiva, farebbe venir meno la ragion d'essere delle altre impugnazioni.

Come detto - con l'unico motivo di appello - l'imputata si duole del fatto che il versamento da parte della propria assicurazione r.c.a. della ricordata somma di euros 3.300,00 non sia stato considerato condotta risarcitoria ai fini estintivi di cui all'art. 35 D.L.vo n. 274 cit. La questione merita un adeguato approfondimento, che deve prendere le mosse da una disamina dell'istituto richiamato nell'atto di appello.

L'istituto di cui all'art. 35 D.L.vo n. 274/2000

La disposizione di cui trattasi prevede che il giudice di pace dichiari con sentenza estinto il reato quando l'imputato dimostri di aver proceduto, prima dell'udienza, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.

Il giudice, peraltro, può dichiarare l'estinzione solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.

La stessa disposizione prevede una interessante variante al comma 3, laddove prevede la facoltà del giudice di disporre la sospensione del processo, per un periodo non superiore ai tre mesi, se l'imputato chiede - ma non è questo il caso in esame - nell'udienza di comparizione di poter provvedere ai medesimi adempimenti e dimostri di non averlo potuto fare in precedenza; in tal caso il giudice può imporre specifiche prescrizioni. In caso di accertato adempimento viene pronunziata sentenza di estinzione del reato.

È importante rilevare che, in presenza dei ricordati presupposti, il giudice può dichiarare l'estinzione del reato, sebbene la parte lesa, ritenendosi non adeguatamente ristorata, non rimetta la querela.

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Originariamente l'istituto era stato prefigurato con riguardo ai soli reati perseguibili d'ufficio, sul presupposto, per i reati perseguibili a querela, «della ritenuta intangibilità della volontà punitiva manifestata dal privato». Tale presupposto è stato indubbiamente «superato» dal legislatore, che ha saggiamente esteso la causa di estinzione a tutti i reati, evitando così che l'uso strumentale della querela (in ogni caso, la parte lesa, potrà ricorrere al giudice civile, nel caso in cui ritenga il risarcimento insufficiente) possa paralizzare l'operatività di tale istituto.

Come si è detto, l'art. 35 prevede due condotte: la riparazione del danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento e l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

Passando ad esaminare dette condotte, ritiene il giudicante che esse abbiano alcuni elementi in comune ed altri specifici.

Gli elementi in comune sembrano essere: 1) realizzazione della condotta riparatoria precedente all'udienza di comparizione; 2) personalità della prestazione; 3) volontarietà e 4) integralità.

Il requisito della «personalità» della prestazione Occorre soffermarsi sul requisito della personalità della prestazione.

Esso si ricava - ad avviso del giudicante - in modo implicito dal secondo comma dell'art. 35: poiché, infatti, il giudice deve compiere un giudizio diretto a verificare se le attività risarcitorie e riparatorie siano state idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle preventive, è del tutto evidente che tali condotte, proprio al fine di poter costituire l'oggetto di questo giudizio di idoneità, devono essere poste in essere personalmente dal soggetto agente.

Tale giudizio deve riguardare le condotte riparatorie e la gravità oggettiva del reato, con il risultato che alla condotta riparatoria si deve attribuire una duplice finalità compensativa: da un lato soddisfare l'interesse della vittima; dall'altra compensare il «male» commesso dal soggetto agente mediante la realizzazione del reato.

In sostanza il giudice, una volta appurato che la condotta riparatoria è stata in grado di soddisfare gli interessi della vittima, deve verificare anche che essa sia proporzionale alla gravitò del reato, con la conseguenza che la causa di estinzione deve essere negata ogni qualvolta essa non raggiunge anche un contenuto afflittivo tale da compensare il disvalore del reato.

Comparazione con analoghi istituti introdotti in altri ordinamenti processuali continentali

L'ottica comparatistica offre utili indicazioni al riguardo.

Si pensi all'esperienza francese - in un modello processuale improntato alla discrezionalità dell'azione penale - ed in particolare ai recenti correttivi del sistema di esercizio dell'azione introdotti per tutelare in maniera più efficace le vittime in relazione ai reati solitamente non perseguiti a causa della modesta lesione arrecata all'interesse protetto. Il parquet, infatti, storicamente privo di una alternativa al bivio poursuite-classement immédiat, si trova da sempre costretto, per non appesantire la macchina giudiziaria, ad archiviare numerose notizie di reato che pure, in astratto, meriterebbero l'apertura dell'istruzione per la presenza di un soggetto offeso dalla condotta criminosa.

Sovvertendo questo tradizionale tertium non datur, si sono diffusi, prima della prassi giudiziaria e poi nella disciplina codicistica (a seguito della legge 23 giugno 1999 n. 515), alcuni meccanismi processuali che forniscono al parquet, in questa fase iniziale del procedimento, una «terza via» capace di assicurare, in relazione alle fattispecie di minore gravità, sia il soddisfacimento della persona offesa sia una qualche «punizione» del reo.

Tra le ormai numerose forme di inazione «meritata», possono essere qui ricordate la composizione penale, l'archiviazione conseguente al risarcimento del danno, la riparazione penale minorile e l'archiviazione per avvenuta mediazione.

In tutti questi casi, l'organo di accusa può assoggettare a condizione l'emissione del classement - ovvero l'estinzione dell'azione...

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