Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine465-487

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@CORTE DI APPELLO DI PERUGIA Ord. 16 novembre 2004. Pres. ed Est. Muscato - Imp. X.

Misure cautelari personali - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Natura civilistica del procedimento - Principio del tempus regit actum - Applicabilità - Esclusione. Misure cautelari personali - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Entità della riparazione - Calcolo dell'indennizzo - Criterio aritmetico - Prevalenza - Fondamento. Misure cautelari personali - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Presupposti - Pubblicazione sui quotidiani dell'immagine della persona lesa - Rilevanza - Esclusione. Misure cautelari personali - Ambito di applicazione - Misura cautelare degli arresti domiciliariEsclusione - Differenza con la custodia cautelare in carcere. Misure cautelari personali - Riparazione per l'ingiusta detenzione - Spese di giudizio - Principio della soccombenza - Applicabilità - CondizioniLimiti.

Ai fini della determinazione dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione, il nuovo e più elevato limite introdotto dall'art. 15 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, trova immediata applicazione in tutti i procedimenti non ancora esauriti con statuizione passata in giudicato. Invero, il procedimento previsto dall'art. 315 c.p.p., benché inserito nel codice di procedura penale, ha natura civilistica, trattandosi di procedura attinente interessi economici. (C.p.p., art. 315) (1).

Nei procedimenti di riparazione per l'ingiusta detenzione, la valutazione della limitazione della libertà assume valore preponderante rispetto alle conseguenze di carattere personale e familiare, che si offrono con diverso, e solo eventuale, pregiudizio. Ne consegue che, ai fini dell'entità della riparazione, che, si veda, non è risarcimento del danno, risulta equo, quanto alla valutazione dell'elemento della perdita della libertà, seguire un criterio aritmetico, pari ad euro 235,82 per ogni giorno di misura cautelare scontata in carcere. (C.p.p., art. 315) (2).

Ai fini della determinazione dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione, il danno all'immagine, pur sussistente, non può avere conseguenze preponderanti, tali da sovvertire quanto l'applicazione del criterio aritmetico riserva alla perdita della libertà nel caso in cui a subirlo non sia una personalità di spicco della comunità, ma un semplice cittadino. (C.p.p., art. 315) (3).

Nei procedimenti di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini della determinazione dell'indennizzo, gli arresti domiciliari e la custodia cautelare non possono essere posti sullo stesso piano, non essendo dubbio che, se gli arresti domiciliari comprimono anch'essi la libertà, la sacrificano in modo certamente meno affittivo di come la restringe la custodia cautelare in carcere, sicché il giudice deve tener conto di questa minore afflittività ai fini della determinazione dell'indennizzo, correggendo in diminuzione il parametro aritmetico nella misura del 50%, misura che si ritiene proporzionata. (C.p.p., art. 315) (4).

In materia di spese di giudizio nei procedimenti di riparazione per l'ingiusta detenzione, posto che il procedimento ha i caratteri di una lite necessaria, perché il bene richiesto non può essere ottenuto in altro modo che attraverso una decisione giurisdizionale, non può farsi luogo all'applicazione pura e semplice del principio della soccombenza. Ne consegue che, qualora da parte del Ministero dell'economia e delle finanze sia contestato solo il quantum della pretesa avversa, mentre manchi la contestazione dell'an, si ritiene la sussistenza di valide ragioni per compensare le spese del giudizio. (C.p.p., art. 315) (5).

    (1) Posta la natura non risarcitoria, ma soltanto riparatoria del procedimento in questione, che risponde a finalità espressamente pubblicistiche, si segnala, in relazione alla questione della natura dell'istituto in esame, una sentenza delle Sezioni unite, 24 settembre 2001, Petrantoni, in questa Rivista 2002, 282, dalla cui ratio emerge il principio per cui, porre quale premessa al tentativo di soluzione, la natura civilistica del procedimento per indagare poi sulla forma degli atti e sul regolamento delle spese, diviene una petizione di principio che condiziona, inquinandole, le successive argomentazioni; nella fattispecie si è stabilito che la nomina e la rappresentanza del difensore per proporre il ricorso per cassazione sono disciplinate dall'art. 100 c.p.p. e non sono applicabili le disposizioni di cui gli artt. 83 e 84 c.p.c. (procura alle liti e poteri del difensore), in quanto al procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione si applicano le disposizioni del codice di procedura penale previste per la riparazione dell'errore giudiziario. (La Corte ha osservato che il procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione, pur avendo svolgimento e natura propri, si sviluppa all'interno del processo penale del quale, ove non diversamente disposto, mutua per intero le regole).


    (2) Il principio adottato nella presente pronuncia, non rispecchia un definito orientamento di legittimità in argomento. Si veda, in proposito, Cass. pen., sez. IV, 30 gennaio 2003, Ministero del Tesoro e Saccani, in questa Rivista 2003, 1114, secondo cui nella liquidazione dell'indennizzo per la riparazione dell'ingiusta detenzione il giudice deve effettuare una valutazione equitativa che riesca a realizzare l'obiet-Page 466tivo di garantire un trattamento oggettivamente identico a tutti gli interessati e una riparazione del danno subito. Pertanto qualora la perdita della libertà pur limitata nel tempo abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze personali e familiari abbiano assunto rilievo preponderante dovrà darsi prevalenza al criterio equitativo e non al mero criterio aritmetico. Così Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2000, Ministero del Tesoro c. Salmeri, ivi 2001, 498, ha stabilito che la durata della custodia cautelare è solo uno dei parametri da tenere presente per la liquidazione, a cui si affiancano quelli delle conseguenze personali e familiari derivanti dalla detenzione; trattandosi di criteri generali ed astratti, la loro valutazione da parte del giudice non può che essere elastica, ciò che, unitamente alla natura equitativa della medesima valutazione e al fondamento solidaristico dell'istituto, restringe i margini del sindacato di legittimità ai soli casi di liquidazione di un indennizzo completamente ed immotivatamente disancorato dall'elemento temporale. (Fattispecie in cui il Ministero del Tesoro aveva contestato che l'indennizzo di venticinque milioni riconosciuto ad un primario ospedaliero per una carcerazione di ventisei giorni non rispettava il principio di proporzionalità con la durata dell'ingiusta detenzione subita).


    (3) In ordine al danno all'immagine, provocato dalle ovvie ripercussioni che si determinano a seguito della notizia di un'incarcerazione, la soluzione qui accolta non può che suscitare naturali critiche; tuttavia, collegabile alla massima che precede, il principio della proporzionalità del danno derivante dalla pubblicità della notizia dell'incarcerazione è stato fatto proprio anche dalla Corte d'appello Milano, sez. VI 12 febbraio 2001, in Il Foro Ambrosiano, 2001, 496, secondo cui il quantum dell'indennizzo per l'ingiusta detenzione non deve essere commisurato solo alla durata della custodia cautelare ingiustamente sofferta, ma deve essere determinato con criteri discrezionali ed equitativi - che tengano conto di tutte le possibili conseguenze dannose patite dal ricorrente. Nel caso di atti lesivi dell'immagine di detenuto «eccellente» non è sostenibile che una eccessiva amplificazione o una vera e propria persecuzione mass mediale debbano fare aumentare l'entità dell'indennizzo da concedersi ai sensi dell'art. 314 c.p.p. in misura direttamente proporzionale ad esse, rappresentando una devianza ad altri addebitabile e non la conseguenza tipica dell'arresto di persona pubblicamente esposta, cui lo strepitus fori e l'amplificazione multimediale, contenuti in limiti di civiltà e deontologia, abbiano arrecato danno. Tale danno, invero, sarà ristorabile, quale conseguenza «fisiologica» di uno strepitus prevedibile e naturale.


    (4) Nello stesso senso l'altro precedente sullo stesso punto: Cass. pen., sez. IV, 30 gennaio 2003, Ministero del Tesoro c. Saccani, in questa Rivista 2003, 1114, secondo cui, ai fini della liquidazione del relativo indennizzo, non possono porsi sullo stesso piano la custodia cautelare in carcere e la detenzione domiciliare per il carattere meno afflittivo di questa seconda misura.


    (5) Giurisprudenza non totalmente unanime sul punto. L'orientamento maggioritario, nel senso qui sostenuto, è stato affermato da Cass. pen., sez. IV, 4 maggio 2000, Vittucci ed altro, in questa Rivista 2001, 93, secondo cui occorre tenere presente che l'indennità non può essere pagata se non ricorrendo al giudice; pertanto, allorché il Ministero del Tesoro, costituendosi in giudizio, non si opponga alla domanda, non è applicabile il principio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c., che trova fondamento nella possibilità che la pretesa fatta valere in giudizio possa essere soddisfatta dalla controparte anche al di fuori del giudizio, ed il giudice non deve procedere a liquidazione delle spese che restano a carico di ciascuna delle parti; né il procedimento assume carattere contenzioso per l'eventuale opposizione del pubblico ministero poiché quest'ultimo è estraneo al rapporto civilistico tra istante e amministrazione del Tesoro, avendo il suo intervento natura identica a quella di cui all'art. 70 c.p.c. così anche Cass. pen., sez. IV, 25 giugno 1996, Ministero Tesoro in proc. Pira, ivi 1997, 101, secondo cui, poiché nel procedimento disciplinato dagli articoli 314 e 315 c.p.p. la domanda relativa alle spese del giudizio ha carattere accessorio rispetto a quella principale volta ad ottenere l'equa riparazione per l'ingiusta detenzione e su di essa il giudice deve provvedere con criteri...

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