Giurisprudenza di merito

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@TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA 1 luglio 2003. Est. Palmieri - Ceccaroli (avv. Bonassi) c. Centro Soccorso Stradale di Michele Delfiore e C. Sas (avv.ti Fermi e Buffoni).

Possesso - Azione di reintegrazione da spoglio - Atto di spoglio - Rimozione di ciclomotore parcheggiato in area privata soggetta ad uso pubblico - Rimozione effettuata da soggetto privato privo di potere di accertamento di eventuale infrazione al c.s. - Sussistenza dello spoglio violento.

È spoglio violento del possesso e legittima, pertanto, il possessore all'azione di reintegrazione, quello posto in essere da un centro di soccorso stradale, che, agendo quale privato, senza avere alcun potere nell'accertamento delle violazioni del codice della strada, abbia provveduto alla rimozione di veicolo parcheggiato in area privata soggetta al passaggio pedonale (portico). (C.c., art. 1168) (1).

    (1) Sentenza ben motivata che affronta una problematica evidentemente molto sentita in città, come Bologna, dotate di portici. Per analoghi precedenti v.: Giudice di pace civile di Bologna 2 dicembre 2002, n. 3643, in questa Rivista 2003, 227; Giudice di pace civile di Bologna 4 ottobre 2002, ivi 2002, 943 e Giudice conciliatore di Bologna 9 ottobre 1991, ivi 1992, 55.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso per reintegrazione del possesso ex art. 703 c.p.c. e 1168 c.c., ritualmente notificato e datato 4 giugno 2003, Luca Ceccaroli esponeva di essere proprietario del motoveicolo Honda targato BD 40285, e di averlo parcheggiato in Bologna via Irnerio n. 12 in prossimità di un video noleggio, trasversalmente rispetto alla circolazione dei veicoli con la ruota anteriore sotto il portico antistante e quella posteriore nello spazio libero lasciato dalle vetture parcheggiate sulla strada.

Tornato poco dopo sul posto non rinveniva più il motoveicolo, eseguiva alcune ricerche, e sporgeva quindi denuncia per furto. Solo successivamente apprendeva che la moto era stata asportata dalla pubblica via dal Centro Soccorso Stradale di Michele Delfiore Sas.

Recatosi presso il deposito della citata società apprendeva che il ritiro del veicolo era subordinato al pagamento della somma di euro 74 per la rimozione oltre a spese di deposito e custodia.

Sporta querela presso la Questura di Bologna, il ricorrente con lettera 5 novembre 2002 intimava al Centro Soccorso Stradale la riconsegna del veicolo, senza alcun esito.

In diritto riteneva il Ceccaroli che nel comportamento osservato dal Centro Soccorso Stradale fossero ravvisabili gli estremi dello spoglio violento e clandestino e pertanto agiva mediante il presente ricorso.

Riteneva il ricorrente illecita la rimozione perché avvenuta in assenza di un agente di polizia che avrebbe dovuto procedere secondo le norme del vigente codice della strada, sicché in tal modo un soggetto privato si sarebbe arrogato prerogative non proprie neppure del pubblico ufficiale.

Rilevava quindi anche che i portici, seppure di proprietà privata, erano da considerarsi beni di interesse pubblico rispetto ai quali doveva ritenersi legittimo ed anzi necessario l'intervento della polizia stradale per accertare eventuali violazioni alle norme sulla circolazione.

Riteneva altresì come nel comportamento del Centro Soccorso Stradale fossero ravvisabili gli estremi del reato di cui all'articolo 610 del codice penale ed osservava che anche la detenzione del bene rimosso e la richiesta di pagamento delle spese di rimozione, erano da ritenersi illegittime in quanto inerenti ad una prestazione non lecita, né richiesta dal ricorrente.

Concludeva pertanto chiedendo la restituzione immediata del ciclomotore e la condanna del resistente al risarcimento di ogni danno patito nonché alla rifusione delle spese di lite.

Si costituiva ritualmente il Centro Soccorso Stradale Delfiore Sas, opponendosi ad ogni pretesa avversaria e chiedendo il rigetto del ricorso.

Esponeva in primo luogo di avere agito in forza di mandato conferito dal condominio di via Irnerio 12, che aveva dato incarico al Centro Soccorso Stradale Delfiore Sas di provvedere alla rimozione e conseguente custodia di veicoli eventualmente lasciati in sosta abusiva nelle aree private afferenti agli immobili di proprietà condominiale ed in particolare al portico in parola.

Osservava che nell'area privata ove era stato lasciato il motorino del ricorrente erano ben visibili cartelli che segnalavano come i veicoli ivi posizionati sarebbero stati rimossi, ed in fatto confermava peraltro quanto esposto in ricorso dalla parte avversaria.

In via preliminare eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva sostenendo di avere agito come semplice longa manus della società proprietaria dell'area abusivamente invasa dal ricorrente; ancora in via preliminare eccepiva l'inammissibilità della domanda proposta in ricorso rilevando l'inesistenza dell'animus spoliandi, e sostenendo unicamente la propria posizione di custode e depositaria del mezzo Page 60 ed il conseguente proprio diritto di ritenzione di cui all'art. 2756 terzo comma c.c.

Nel merito riteneva comunque carenti i presupposti dello spoglio tutelabile con il ricorso azionato, in quanto lo stesso non sarebbe stato né clandestino, a causa della presenza dei citati cartelli, né violento mancando ogni arbitarietà nell'atto di rimozione, da ritenersi pertanto legittimo in quanto compiuto nell'adempimento degli obblighi contrattuali assunti con la proprietà e frutto dell'esercizio della tutela del diritto di proprietà del citato condominio, al fine di ottenere l'eliminazione più rapida possibile dell'ingiusta molestia inferta al libero godimento dell'area.

Sosteneva poi che il portico de quo è da intendersi proprietà privata soggetta unicamente a passaggio pedonale, il che consente al proprietario e/o possessore di agire in via di autotutela rispetto al proprio diritto.

Negava infine che nel proprio comportamento potessero ravvisarsi gli estremi di qualsiasi reato con la conseguenza che nessun danno morale poteva essersi verificato, così come riteneva non si fosse verificato alcun altro danno né per il deterioramento del veicolo, né per il mancato utilizzo del medesimo.

All'udienza di prima comparizione veniva sentito il ricorrente, personalmente comparso e le parti discutevano le reciproche posizioni ed insistevano sulle rispettive domande, quindi il giudice assumeva in riserva la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Sussistono, a giudizio dello scrivente, i presupposti per l'invocata cautela possessoria.

In primo luogo devono essere esaminate le eccezioni esposte in via preliminare dalla parte resistente.

  1. - Quanto alla pretesa carenza di legittimazione passiva del C.S.S. Delfiore, il resistente rileva di essere stato nell'agire semplice longa manus della società proprietaria del condominio che gli aveva negozialmente conferito l'incarico di rimuovere i mezzi in sosta nel portico antistante lo stabile di proprietà.

    In realtà, dottrina uniforme e costante giurisprudenza insegnano che legittimato passivo all'azione di spoglio è l'autore materiale dello stesso, salva l'ipotesi (qui certamente non ricorrente) di eventuale incapacità di intendere e volere o di autodeterminarsi nell'agire.

    Semmai nel caso avrebbe potuto riscontrarsi una legittimazione passiva concorrente (ma non certo alternativa) anche della società proprietaria dell'immobile (e mandante rispetto all'incarico conferito al C.S.S. Delfiore) quale autrice morale dello spoglio.

    Infatti è consolidato il principio secondo cui lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale in capo ai singoli autori degli stessi.

    Ne segue che nei giudizi possessori e nunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore materiale e l'altro quale autore morale (ed è tale anche il soggetto che dell'atto lesivo si giovi, come il proprietario dell'edificio nel caso che qui interessa), sussiste la legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la pretesa essere coltivata anche nei confronti di uno solo dei responsabili.

  2. - Quanto agli ulteriori profili di inammissibilità fatti valere in via preliminare dal resistente essi si risolvono, invero, in questioni attinenti al sussistere o meno dei presupposti inerenti la possibilità di agire in via possessoria nel caso in esame e concernono infatti l'esame relativo ai presupposti stessi del tipo di azione qui esrcitato, ossia l'esistenza o meno di un animus spoliandi in capo al C.S.S., nonché la qualifica del preteso spoglio come violento e/o clandestino.

    In ordine al sussistere dell'animus spoliandi il C.S.S. rileva di non avere mai inteso agire uti dominus, e di avere anzi operato unicamente come mandatario del condominio di via Irnerio così da non contestare il titolo possessorio del ricorrente, facendo semmai valere la propria posizione di custode ed esercitando in tale veste il diritto di ritenzione riconosciuto dal terzo comma dell'art. 2756 c.c.

    La tesi esposta appare invero infondata ed infatti sul punto occorre rifarsi innanzitutto al concetto di animus spoliandi elaborato dalla giurisprudenza assolutamente prevalente, per poi concludere che nel caso di specie tale condizione soggettiva esiste.

    Accanto infatti ad un orientamento giurisprudenziale che reputa che ai fini dell'esistenza dell'integrazione giuridica dello spoglio o della turbativa del possesso non è neppure necessaria la prova dell'animus spoliandi o turbandi in quanto agli artt. 1168 e 1170 c.c. prescindono del tutto dal riferimento psicologico, sicché va escluso che dalla natura di atto illecito della molestia o dello spoglio derivi che il possessore debba altresì provare la consapevolezza dell'autore dell'aggressione di aver violata la norma posta a tutela del pieno e libero esercizio del possesso (Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15381, in Giust. civ. Mass. 2000, 2529), deve in ogni caso valorizzarsi anche l'elaborazione...

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