Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI MILANO Sez. I, 30 gennaio 2004, n. 262. Pres. Trombetti - Est. Bichi - M.S. (avv. Egidi) c. V.A.D.H. (avv.ti Gentile e Castello) ed altri.

Precedenza - Immissione nel flusso della circolazione - Da parte di ciclisti provenienti da strada privata - Collisione con autoveicolo - Responsabilità concorrente del conducente - Condizioni. Difesa e difensori - Di fiducia - Negligenza professionale - Mancato compimento di atti a favore del cliente - Conseguenze.

Sussiste la concorrente responsabilità del conducente un'auto su strada pubblica, qualora più giovani ciclisti, sbucando da passo carrabile privato, intraprendano l'attraversamento, in violazione della precedenza spettante al veicolo e l'ultimo di essi venga investito, se il guidatore abbia indugiato nel frenare e suonare il clacson, basando tale condotta sull'aspettativa infondata che, oltre i primi tre giovani ciclisti, non ve ne fosse un quarto e tralasciando la dovuta prudenza. (C.c., art. 2054).

Estrinseca negligenza professionale l'avvocato che, nell'adempiere l'incarico per ottenere il ristoro dei danni da incidente stradale, presuma erroneamente la causazione del sinistro a carico del suo cliente investito e non produca gli atti interruttivi della prescrizione biennale della pretesa risarcitoria, stante che il legale deve prevenire l'insorgenza dei fatti giuridici estintivi del diritto per il decorso del tempo, pena l'obbligo risarcitorio da inadempimento contrattuale. (C.c., art. 2947).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato il 28 gennaio 1997 M.S. conveniva avanti il Tribunale di Milano V.A.D.H., avvocato, ed esponeva che: il primo settembre 1988 egli, all'epoca ragazzo di dieci anni, percorreva in bicicletta via Aldo Moro in Pioltello ed era stato investito da auto condotta da tale St.F., riportando varie lesioni; il padre, in sua rappresentanza legale, aveva conferito incarico all'avv. D.H. per l'ottenimento del risarcimento dei danni; il legale aveva inviato alla SAI, compagnia r.c.a. dell'investitore, lettera raccomandata in data 16 settembre 1988 con la richiesta risarcitoria; per altro, aveva omesso ogni successiva ulteriore iniziativa, così determinandosi la prescrizione del diritto ex art. 2947 c.c, per decorso del termine biennale.

Ciò premesso l'attore, ravvisata nella colpevole inerzia del legale una palese negligenza professionale, chiedeva la sua condanna al risarcimento dei danni quantificati nella somma di oltre settanta milioni, corrispondente a quanto asseritamente ottenibile a titolo di ristoro per i danni fisici e morali riportati nel sinistro.

Si costituiva il convenuto, il quale eccepiva preliminarmente l'intervenuta prescrizione quinquennale del diritto risarcitorio dedotto; contestava, inoltre, la sussistenza di un danno risarcibile a favore del S., stante la sua esclusiva responsabilità nella causazione del sinistro stradale. Chiedeva e otteneva di chiamare in causa la Compagnia Lloyd Nazionale Spa e la Fondiaria assicurazioni, quali compagnie, succedutesi nel periodo intercorso, per la responsabilità civile professionale.

Si costituiva la Fondiaria, la quale eccepiva che la polizza stipulata dal legale non era riferibile, quale copertura di rischio, a eventi generatori di responsabilità definitisi anteriormente, come nella specie. Comunque, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda.

Lloyd nazionale italiano in l.c.a. non si costituiva ed era dichiarato contumace.

La controversia era definita dal Tribunale con sentenza n. 4822 del 2001, con la quale, respinta l'eccezione di prescrizione, era rigettata la domanda risarcitoria, in quanto era ravvisabile l'insussistenza del fondamento della pretesa a carico dell'automobilista, incolpevole autore dell'investimento di S. Questi era condannato alla rifusione delle spese sostenute e dal convenuto e dalla terza chiamata.

Con atto di citazione in appello notificato il 26 ottobre 2001 M.S. conveniva in giudizio avanti questa Corte D.H. e La Fondiaria, chiedendo la riforma della sentenza, censurata là dove aveva escluso ogni profilo di responsabilità a carico dell'investitore e, quindi, la sussistenza di un danno risarcibile. Lamentava, altresì, l'infondatezza della condanna al rimborso delle spese sostenute da La Fondiaria.

Si costituivano gli appellati i quali chiedevano il rigetto dell'impugnazione e, inoltre, l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Lloyd nazionale in l.c.a.; adempiuto tale incombente si costituiva tale

Compagnia che eccepiva l'improponibilità di ogni domanda.

Precisate le conclusioni così come riportato all'epigrafe, la causa giunge in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Per quanto concerne la questione della prescrizione dell'azione risarcitoria svolta da S. nei confronti del proprio legale - eccezione respinta dal Tribunale sul rilievo che la prescrizione quinquennale non sarebbe decorsa, considerandosi dies a quo il 6 febbraio 1992 (due anni dopo l'invio di una raccomandata dall'avv. D.H. a Sai) - va Page 152 osservato che, invero, le prospettazioni, sul punto, svolte dalle parti appellate sono infondate.

Nella specie l'attore-appellante svolge azione risarcitoria conseguente ad inadempimento del legale incaricato di svolgere ogni iniziativa per il ristoro dei danni derivanti da incidente stradale. Si tratta, quindi, di un'azione avente natura contrattuale, per la quale non opera alcun periodo di prescrizione diverso da quello ordinario; pertanto, appare impropria l'evocazione del termine quinquennale previsto in tale illecito extracontrattuale. Ne deriva che, evidentemente, neppure può ipotizzarsi l'estinzione del diritto risarcitorio, giacché il dies a quo della prescrizione (decennale) deve essere individuato - come sostenuto dal Tribunale - decorso il biennio, di cui all'art. 2947 secondo comma c.c., a far data dalla seconda raccomandata (6 febbraio 1990) inviata a Sai dall'avv. D.H., giacché da quel momento l'attore-appellante avrebbe potuto esercitare l'azione di responsabilità professionale.

  1. - Per quanto concerne il tema della responsabilità, invero, non appare dubitabile la sussistenza della dedotta negligenza professionale, in quanto la protratta inerzia del legale, il quale ha omesso di provvedere, quanto meno, alla formulazione di qualsiasi atto interruttivo della prescrizione biennale, dopo l'invio della raccomandata del 6 febbraio 1990, evidenzia una palese trascuratezza nell'adempimento dell'incarico. Ed invero - tale notazione si impone attese le ulteriori considerazioni svolta da La Fondiaria circa il protratto ´silenzioª del cliente - era compito del legale, comunque, far presente al cliente la necessità di adottare idonee iniziative prima del decorso del termine biennale, in quanto è il professionista che deve informare il cliente di eventuali conseguenze correlate all'insorgenza di fatti giuridici estintivi per l'inutile decorso del tempo. Ma, invero, in tal senso, lo stesso appellato neppure deduce una qualche argomentazione circa l'assolvimento di tale obbligo di diligenza, D'altra parte, in atti, non vi è neppure una qualche lettera inviata medio tempore, dal legale al cliente avente ad oggetto la pratica la cui gestione gli era stata affidata, in via esclusiva; priva di riscontro è, altresì, l'affermazione dell'appellato D.H. circa l'inutile richiesta di nomi di testimoni rivolta a S.

  2. - La controversia si incentra, essenzialmente, nella valutazone - doverosa, in tali tipi di cause (v. Cass., n. 4044/94) - dell'esistenza di un nesso causale tra l'omissione imputabile al professionista e il danno lamentato, vale a dire il mancato ottenimento del risarcimento dei danni alla persona subiti da S. nel sinistro stradale.

    Il Tribunale ha ritenuto che, invero, siffatta pretesa fosse da reputarsi totalmente infondata, essendo accertabile l'insussistenza di qualsiasi profilo di responsabilità a carico dell'automobilista.

    Ritiene la Corte che le doglianze, sul punto, svolte dall'appellante, siano, in parte, fondate.

    L'istruttoria ha permesso di acquisire elementi che trovano conforto anche nelle indicazioni degli intervenuti verbalizzanti, v. rapporto VV.UU., e che permettono di ricostruire il sinistro nella sua dinamica.

    È indubbio, così come adeguatamente illustrato nella sentenza di primo grado, che l'investimento sia da ricollegarsi (principalmente) alla condotta dello stesso S., il quale, sulla sua bicicletta, iniziò ad attraversare la sede stradale, sbucando da dietro un furgone ´non finestratoª, proveniendo da un accesso carrabile privato. È di tutta evidenza la chiara violazione del precetto che impone di riconoscere la precedenza al veicolo che transita sulla strada pubblica; parimenti indubbio è il rilievo che l'attraversamento è avvenuto senza adeguata valutazione della situazione spaziotemporale, caratterizzata anche da un ostacolo alla piena percezione della sede stradale, determinata dalla presenza del furgone.

    Per altro, ciò non comporta l'esclusione di ogni responsabilità a carico dell'automobilista, giacché, a prescindere dalla sussistenza di una piena prova liberatoria in ordine alla condizione di cui al primo comma dell'art. 2054 c.c., va osservato che le risultanze descrivono, in positivo, una concorrente inadeguatezza della condotta dell'automobilista. Infatti, tutti i testi presenti in luogo hanno riferito che M.S. era l'ultimo di una fila di ciclisti (quattro in tutto) che si erano impegnati nel pericoloso e imprudente attraversamento. Ciò posto, deve considerarsi che lo stesso St. sentito dai Vigili - e ciò trova conforto nelle dichiarazioni dei testi - riconobbe che pur avendo visto ´un gruppo di ragazzi uscire da dietro il furgoneª non provvide a effettuare un'immediata manovra (frenata, eventuale arresto del veicolo, suono di clacson) ma a ciò indugiò. Infatti, St. riconosce che iniziò a frenare solo quando i primi tre erano passati e si accorse che stava spuntando anche un'altra bicicletta, quella condotta da M.S...

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