Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI BRESCIA Sez. I, ord. 9 giugno 2005, n. 47. Pres. Apicella - Est. Mazza - Imp. Rovetta.

Spese giudiziali in materia penale - Condanna dell'imputato al pagamento - Condanna per taluni reati e proscioglimento per altri - Imputazione di spese relative ad un particolare incombente istruttorio - Impugnazione - Rigetto.

Qualora l'importo delle spese processuali relative ad un procedimento, in cui l'imputato sia stato assolto per alcuni capi di imputazione e condannato per altri, sia per gran parte dovuto ad una consulenza tecnica particolarmente complessa, da cui sia scaturita la decisione di condannarlo soltanto per alcuni dei reati contestati, non potendosi procedere ad una suddivisione del suddetto costo in base ad un calcolo percentuale mutuato dal rapporto aritmetico tra il numero delle imputazioni originariamente contestate e quello dei reati per i quali è intervenuta la condanna, ne deriva che all'imputato dovrà essere richiesta la totalità dell'importo della consulenza. (C.p.p., art. 535) (1).

    (1) In senso contrario si segnala Cass. pen., sez. I, 31 ottobre 1990, Ferrari, in questa Rivista 1991, 765 secondo cui la condanna alle spese costituisce un effetto naturale della sentenza di condanna penale ed a questa consegue di diritto. Non può, perciò, essere accettata la tesi secondo la quale la condanna alle spese è indivisibile, pur se la delcaratoria di responsabilità riguarda solo alcuni reati, mentre per altri interviene il proscioglimento: in questo caso, proprio perché l'obbligo del pagamento delle spese processuali è una conseguenza della condanna penale, non può tale obbligo essere riferito alle spese dell'intero procedimento, ma soltanto a quelle che sono state affrontate per il reato o per i reati per i quali è stata inflitta la pena (nell'affermare il principio di cui in massima la cassazione ha anche evidenziato che la disciplina contenuta nell'art. 535 c.p.p. in tema di spese ha solo inteso esplicitare meglio una regola già dettata dall'art. 488 c.p.p. abrogato). In argomento anche Cass. pen., sez. IV, 29 marzo 1996, Schiano, ivi 1996, 1162, secondo cui, per spese processuali si intende indicare quelle spese particolari richieste per il compimento o il perfezionamento di singoli e specifici atti necessari per lo svolgersi del processo. Ne discende che le spese processuali sono spese che necessariamente devono essere affrontate se si vuole che il processo, come tale, abbia vita, e dalle quali vanno distinte quelle che sono spese giudiziarie, ma non spese indispensabili per il processo, non spese processualmente inderogabili.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - La Corte si trova ad esaminare una istanza avanzata da Rovetta Camillo tendente ad ottenere la revoca dell'invito di pagamento delle spese processuali relative ad un procedimento definito con sentenza di questa Corte in data 31 maggio 2004 (pronunciata in parziale riforma della sentenza in data 16 settembre 1999 del Tribunale di Brescia), con la quale il predetto era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione in relazione a taluni dei reati contestatigli (mentre da altre imputazioni era stato assolto e per altre ancora era stata dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale).

L'istante, in particolare, richiamato il principio normativo di cui all'art. 535 secondo cui vanno poste a carico del condannato solo le spese relative ai reati cui la condanna si riferisce, rappresenta: - che l'importo di cui all'invito notificatogli (euro 87.718,67) ´è quasi integralmente relativo al costo della consulenza tecnica effettuata per incarico del pubblico ministero durante le indagini preliminari ed avente per oggetto numerosi reati fallimentariª; - che da molti di tali reati egli era stato poi assolto in primo o in secondo grado (tanto che la condanna definitiva si riferisce solo a nove reati contro i ventinove di cui ea stato complessivamente imputato).

Tutto ciò premesso, ritiene la Corte che l'istanza non possa essere accolta.

L'incarico di svolgere la consulenza di cui sopra (che ha riguardato una enorme mole di scritture e documenti contabili relativi a più società fallite di notevoli ´dimensioniª) ha, invero, portato a individuare tutta una serie di ipotesi di reato, in relazione alle quali è poi intervenuta in parte condanna e in parte assoluzione (o declaratoria di improcedibilità).

Orbene, ritiene la Corte che, a fronte di una tale situazione, fermo restando il principio di diritto ricordato dall'istante (da ritenersi implicitamente richiamato nella statuizione, contenuta nella sentenza di primo grado, con la quale il Rovetta e altri venivano condannati al pagamento delle spese processuali), non sia possibile scindere il costo della consulenza individuando la parte riferibile all'opera svolta dal consulente con specifico riguardo ai fatti-reati per i quali è poi intervenuta condanna.

Sembra piuttosto assumere preminente rilievo il carattere ´unitarioª dell'incombente ´istruttorioª e il fatto che lo stesso ha, comunque, portato (mediante il vaglio di tutta la documentazione di cui sopra da parte del consulente) all'accertamento di illeciti penali in ordine ai quali è stata affermata la penale responsabilità dell'istante.

Del resto sarebbe del tutto arbitraria e priva di un serio collegamento alla realtà una suddivisione del costo della consulenza eventualmente effettuata in base ad un calcolo percentuale mutuato dal rapporto aritPage 70metico tra il numero delle imputazioni originariamente contestate e quello dei reati per i quali è intervenuta condanna. (Omissis).

@RIBUNALE DI IVREA 10 ottobre 2005, n. 544. Est. Marra -Imp. Lavino Zona ed altri.

Omicidio - Colposo - Responsabilità per condotta pericolosa ed imperita - Soglia del c.d. rischio consentito - Superamento - Configurabilità del reato. Omicidio - Colposo - Responsabilità del direttore di una gara automobilistica - Mancata osservanza delle prescrizioni di sicurezza contenute nell'autorizzazione.

Il pilota di un'automobile da rally risponde di omicidio colposo per la morte cagionata agli spettatori da lui investiti a seguito all'uscita di strada del mezzo a causa di una manovra errata, quando l'imperizia del conducente supera la soglia del c.d. rischio consentito, individuata di volta in volta in ragione della perizia e prudenza propria dell'agente modello, non interrompendo il nesso di causalità la condotta imprudente delle persone offese, posizionate ai bordi della strada in posizione vietata perché pericolosa, in quanto tale circostanza non si presenta come fattore concausale eccezionale ed imprevedibile. (C.p., art. 589; c.p., art. 43; cp., art. 40) (1).

Risponde di omicidio colposo il direttore di gara di un rally, per la morte cagionata agli spettatori da un'auto partecipante alla gara uscita di strada, in quanto egli aveva l'obbligo giuridico di impedire l'evento facendo rispettare le prescrizioni cautelari in dicate nel provvedimento prefettizio di autorizzazione del rally, tra cui quella che imponeva una distanza minima degli spettatori dal bordo del percorso di gara. (C.p., art. 589; c.., art. 43) (2).

    (1) Principio innovativo, che per la prima volta individua anche nel comportamento del pilota inesperto una responsabilità penale in occasione di gare automobilistiche su tracciati stradali pubblici, evidenziando il concetto della soglia del c.d. ´rischio consentitoª nelle attività sportive pericolose.

(2) Secondo un principio affermatosi in identica fattispecie, devono ritenersi responsabili gli organizzatori di una corsa automobilistica di regolarità per la morte di alcuni spettatori per aver omesso di adottare le protezioni a difesa di questi ultimi; la colpa generica è ravvisabile nella violazione delle comuni regole di prudenza, che impongono l'azione di tutela a difesa del pubblico; la colpa specifica è ravvisabile nella violazione delle circolari ministeriali n. 9537 del 30 giugno 1962 e n. 68 del 2 luglio 1962, che indicano le protezioni a difesa del pubblico da installarsi nei c.d. percorsi speciali (strade pubbliche temporaneamente adibite a gare automobilistiche); non sussiste il concorso di colpa delle vittime che non potevano rendersi conto, poiché nessuno si curò di avvertirli, della pericolosità del luogo in cui si verificò l'incidente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con decreto emesso dal Gup in data 6 novembre 2003 Lavino Zona Enrico, De Mori Luciano e Di Gregorio Alessandro venivano rinviati a giudizio davanti il Tribunale di Ivrea in composizione monocratica per rispondere a vario titolo del reato di omicidio colposo, come meglio precisato in epigrafe.

Nel corso dell'articolata istruttoria dibattimentale, svoltasi nella contumacia di Lavino Zona, sono stati escussi i testi e consulenti citati dalle parti, ed acquisita la documentazione fornita dalle parti, tra cui in particolare due videocassette contenenti due diversi filmati relativi al rally in generale ma entrambi riproducenti il momento del sinistro, di cui uno realizzato da uno spettatore posto di fronte al punto di impatto dell'automobile guidata dal Lavino Zona con le persone offese, e l'altro effettuato da una videocamera posta all'interno del veicolo dell'imputato suddetto. I predetti filmati sono stati poi riportati su supporti informatici ad opera del consulente tecnico del P.M. al fine di rendere possibile la visione anche a mezzo computer, ed anche tali supporti informatici sono stati aquisiti dopo la loro visione effettuata in contraddittorio nel corso del dibattimento. All'udienza del 25 gennaio 2005, il giudice decideva poi di svolgere una perizia tecnica sulle modalità del sinistro, formulando a tal fine il seguente quesito: ´dica il perito, esaminati gli atti di causa e visionati i luoghi, tenuto conto del tipo di gara, del percorso e del mezzo condotto dall'imputato, se l'uscita di strada del veicolo guidato da Lavino Zona Enrico sia stata causata da una manovra di guida errata...

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