Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1073-1086

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@CORTE DI APPELLO DI PERUGIA 6 dicembre 2005, n. 871. Pres. ed est. Muscato - Imp. Gallo.

Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Superamento dei limiti di accettabilità Modalità tecniche di campionamento - Discrezionalità - Limiti.

In materia di tutela delle acque dall'inquinamento, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 59, comma quinto, del D.L.vo n. 152/99, occorre che il superamento dei limiti di concentrazione legislativamente previsti venga constatato attraverso un campionamento medio prelevato nell'arco di tre ore. (D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 59) (1).

    (1) La sentenza in epigrafe si conforma al disposto contenuto in Cass. pen., sez. III, 22 agosto 2000, Pautasso, in questa Rivista 2001, 486. Alla base dell'affermato principio, si evidenzia come, malgrado la scelta del metodo di campionamento di reflui preveda una discrezionalità tecnica, occorre che vengano espresse in motivazione le ragioni per cui il prelievo viene effettuato immediatamente. Né può considerarsi fondata su provati studi scientifici la considerazione che il valore rilevato fosse talmente alto rispetto al consentito che non sarebbe potuto cambiare neppure fosse stato analizzato un campione con l'osservanza dei prelievi plurimi effettuati nell'arco di tre ore. Si rammenta che il D.L.vo n. 152/99 è stato abrogato e sostituito dal D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, cd. «Testo unico ambientale» che dal punto di vista contenutistico presenta particolari modifiche a partire dalla nuova definizione di scarico. Si veda, in proposito, MAGLIA S. e SANTOLOCI M., Il Codice dell'ambiente, Ed. La Tribuna, Piacenza 2006, 467 ss.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del 4 luglio 2003, il Tribunale monocratico di Orvieto giudicò Bruno Gallo colpevole del reato di inquinamento delle acque superficiali e lo condannò alla pena specificata in epigrafe.

Il tribunale ha fondato la dichiarazione di penale responsabilità dell'imputato sui risultati del prelievo, effettuato da tecnici dell'Arpa, nel depuratore della Vetreria Piegarese, di cui il prevenuto era legale rappresentante, che scaricava nelle acque del torrente Nestore, che avevano denunciato la presenza di COD, tensioattivi e idrocarburi totali in misura sensibilmente superiore ai massimi tollerati. Il primo giudice ha ritenuto di poter superare le tesi difensive rilevando che, pur essendo vero che le analisi avevano avuto ad oggetto un campione di acque prelevate istantaneamente e non un campione medio prelevato nell'arco di tre ore, come prescritto dalle indicazioni tecniche formulate al punto 1.2 dell'allegato 5 al D.L.vo 152/99, la concentrazione degli idrocarburi totali era talmente elevata che il risultato non sarebbe cambiato quand'anche il campione fosse stato prelevato secondo le modalità prescritte. Quanto all'avere, il prevenuto, delegato all'ing. Carlo Bigi la responsabilità del servizio di prevenzione in materia ambientale, il tribunale ha ritenuto che l'incarico era stato affidato al Bigi solo qualche giorno prima del fatto, vale a dire da un tempo troppo breve perché quel tecnico avesse potuto avere la possibilità di rendersi conto della situazione ed intervenire, e, per di più, senza delegare al medesimo un'adeguata autonomia decisionale in relazione alle spese da affrontare per svolgere adeguatamente l'incarico, onde l'imputato, che doveva rispondere dei fatti contestatigli a titolo di colpa, non poteva andare esente da penale responsabilità.

L'imputato appella, a mezzo del suo difensore, e deduce:

1) Violazione dell'articolo 20 codice di procedura penale per avere il tribunale condannato l'imputato anche in ordine a fattispecie sottratte al sindacato del giudice penale, dal momento che l'eccesso di presenza nelle acque di COD e di tensioattivi non è sanzionato penalmente, donde la nullità della sentenza.

2) Insussistenza del reato perché il campione era stato prelevato istantaneamente e non secondo le modalità indicate al punto 1.2 dell'allegato 5 al decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. Rileva l'appellante che l'argomento utilizzato dal tribunale per superare l'obiezione difensiva non è condivisibile, giacché le prescrizioni tecniche formulate dal legislatore in ordine alle modalità dei prelievi non sono derogabili, tanto più che la ratio della disposizione è quella di evitare che le analisi vengano effettuate su campioni di acque in cui le sostanze vietate siano momentaneamente concentrate.

3) Che l'imputato non ha commesso il fatto avendo conferito all'ing. Bigi, fin dall'aprile 2001, tutti i poteri necessari a svolgere il suo incarico di responsabile in materia ambientale.

4) Che la pena inflitta è eccessiva considerato che solo la presenza nelle acque di idrocarburi è sanzionata penalmente, mentre le altre sostanze non sono nocive.

All'udienza odierna, accertata la regolare costituzione delle parti ed esaurite le formalità introduttive, si procedeva alla discussione dei motivi d'appello in esito alla quale il procuratore generale e la difesa concludevano come da verbale.

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MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il secondo motivo d'appello è fondato ed il suo accoglimento assorbe gli altri, compreso il pur fondato primo motivo.

L'articolo 59 del D.L.vo 152/99 punisce chiunque, nell'effettuare uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori-limite fissati nella tabella 3 dell'allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nell'allegato 5, ciò che consente, intanto, di precisare che la tabella 3 indica 51 sostanze, per ciascuna delle quali sono indicati i valori massimi tollerati, ma che la sanzione penale è comminata soltanto per quelle sostanze che, presenti nella detta tabella, sono indicate anche nel più ristretto elenco formulato nell'allegato 5. Il punto 1.2 della tabella 2 del citato allegato 5 stabilisce che «I limiti indicati in tabelle 3 per le acque reflue industriali sono riferiti ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. L'autorità preposta al controllo al fine di verificare le fasi più significative del ciclo produttivo può effettuare il campionamento su tempi più lunghi». La ratio della norma pare essere proprio quella indicata dalla difesa appellante, vale a dire quella di consentire alle sostanze concentrate nella massa liquida a seguito dello scarico di confondersi nella massa medesima raggiungendo un valore stabile e costante per un apprezzabile lasso di tempo, sì da evitare che il dato dell'analisi possa essere falsato dal picco iniziale di concentrazione delle sostanze proibite.

Come ha ricordato la difesa dell'imputato la Corte di cassazione esaminando la questione, ha affermato che «In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, alla stregua della nuova normativa di cui al D.L.vo 11 maggio 1999 n. 152, affinché siano integrati gli estremi del reato previsto dall'art. 59, comma 5, non è sufficiente che nello scarico di acque reflue industriali siano superati i valori limite fissati nella tabella 3 dell'allegato 5 in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5, ma occorre altresì che il superamento dei limiti indicati nella detta tabella 3 avvenga in riferimento ad un campione medio prelevato nell'arco di tre ore. Quest'ultima indicazione, contenuta nel punto 1.2 del citato allegato costituisce una norma integratrice della fattispecie penale, e non già una semplice indicazione delle modalità di campionamento estranea alla fattispecie» [1]. È pur vero che non si tratta di giurisprudenza consolidata, avendo altre decisioni stabilito che «Il principio che nella scelta del metodo di campionamento dei reflui sussista una discrezionalità tecnica, così che la indicazione di effettuare l'analisi su un campione medio ha carattere direttivo e non precettivo, in quanto il tipo di campionamento è correlato non solo alle caratteristiche del ciclo produttivo, ma anche ai tempi, ai modi, alla portata ed alla durata dello scarico, non deve essere modificato alla luce della nuova normativa. Infatti l'impianto complessivo appare immutato, nonostante il decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 152 dedichi una più puntuale disciplina delle metodiche di campionamento» [2], ma è altrettanto vero che nel caso che ci occupa il teste Fossati, che eseguì il prelievo, non ha minimamente spiegato le ragioni per cui il prelievo venne effettuato istantaneamente. A ciò aggiungasi che l'affermazione del tribunale, secondo cui essendo pari a 54 mg/l il valore degli idrocarburi totali a fronte di un valore-limite di 5, il risultato delle analisi non sarebbe potuto cambiare seppure fosse stato analizzato un campione medio costituito da prelievi plurimi effettuati nell'arco di tre ore, è del tutto sganciata da riferimenti a studi scientifici e non trova neppure agganci nelle dichiarazioni rese dal Fossati che nulla ha riferito in proposito. Di conseguenza l'imputato va assolto con la formula adeguata. (Omissis).

[1] Cfr. sezione IIIª, sentenza n. 9140 del 7 luglio/ 22 agosto 2000, ric. Pautasso.

[2] Così sezione IIIª, sentenza n. 1773 del 17 dicembre 1999/16 febbraio 2000, ric. Calvo A.

@CORTE DI APPELLO DI MILANO 23 gennaio 2003. Pres. Soprano - Est. Spina - Imp. Badea ed altro.

Azione penale - Querela - Persona giuridica - Legale rappresentante - Procura speciale - Necessità.

Ai sensi dell'articolo 122 c.p.p., l'atto di procura per la presentazione di una querela da parte di una persona giuridica deve, a pena di inammissibilità, essere conferita in relazione ad un fatto specifico già accaduto, non rilevando all'uopo una semplice procura alle liti che conferisca ampi poteri processuali al procuratore. (C.p.p., art. 122; c.p., art. 624; c.p., art. 56) (1).

    (1) Nello stesso senso, in sede di legittimità, si veda Cass. pen., sez. II, 20 agosto 2003, Bannetta, in questa Rivista 2005, 80 secondo cui, in caso di querela presentata a mezzo di un procuratore speciale, è necessario che la procura sia perfezionata in ogni sua parte, secondo le forme prescritte all'art. 122 comma primo c.p.p., nel...

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