Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1177-1189

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@GIUDICE DI PACE CIVILE DI PALERMO 3 settembre 2007. Est. Vitale - Miceli (avv. Galletti) c. Progress. Assicurazioni spa (avv. Falanga).

Prova civile -Testimoniale - Capacità a testimoniare - Persone aventi interesse nel giudizio - Conducente dell'autoveicolo attoreo coinvolto in sinistro stradale - Sussistenza.

In tema di responsabilità nella causazione di sinistro stradale, è incapace a testimoniare il conducente dell'autoveicolo attoreo in quanto soggetto avente interesse ex art. 100 c.p.c. a partecipare al giudizio promosso dal proprietario dello stesso. (Sulla base di questo principio il Giudicante non ha ritenuto raggiunta la prova della responsabilità del sinistro in capo al conducente del veicolo convenuto). (C.c., art. 2054; c.p.c., art. 100; c.p.p., art. 246) (1).

    (1) Principio che si ritrova nella lontana Cass. civ. 18 gennaio 1962, n. 74; Cass. civ. 17 luglio 2002, n. 10382, in Arch. civ. 2003, 557. Nel medesimo senso, in fattispecie analoga, v. anche la citata sentenza Cass. civ. 18 giugno 1975, n. 2441, in Rep. La Tribuna 1976, 980.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione del 17 giugno 2003, la sig.ra Miceli citava in giudizio i summenzionati convenuti al fine di sentire dichiarata la solidale responsabilità, ed essere quindi risarcita, in merito al sinistro che ebbe a verificarsi in data 13 gennaio 2003 tra il veicolo Mercedes Smart tg. BX 306 EK di proprietà della stessa ma condotto dal sig. Miceli Rosario ed il veicolo Volkswagen Golf tg. AT 296982, di proprietà del sig. Fazio Andrea ed assicurato con la Progress.

L'istante dichiarava in atti che l'incidente in questione era stato determinato in via esclusiva dall'imprudente condotta di guida del convenuto Fazio il quale, nella SS n. 118 (in prossimità dell'autostrada) tamponava da tergo il veicolo attoreo.

In conseguenza del sinistro stradale - secondo quanto affermato dall'attrice - il mezzo riportava danni materiali per un valore di euros 860,00, mentre la stessa subiva lesioni fisiche (trauma cranio-cervicale), per un danno biologico pari al 5%.

Contumaci i convenuti Coppola e Fazio, si costituiva in giudizio la Progress, la quale contestava la fondatezza di quanto asserito dall'attrice, eccependo altresì in via pregiudiziale il difetto di un'esaustiva lettera di costituzione in mora, nonché l'inoperatività della garanzia assicurativa, evidenziando che a causare il sinistro erano alcuni tronchi trasportati dal conducente della Golf sul tetto.

In via istruttoria, venivano ammessi gli interrogatori formali dei convenuti contumaci, che non si presentavano tuttavia in udienza.

E venivano escussi altresì i testi Gennaro Valerio e Miceli Rosario: il primo - a fronte di quanto sottoscritto stragiudizialmente - dichiarava di non essere stato presente all'incidente, in quanto «arrivato dopo il verificarsi dello stesso» ed affermava pertanto di non essere «in grado di precisare se il sinistro era stato causato da un tamponamento».

Il secondo veniva sentito come teste dal precedente Giudicante, ma si rivelava trattarsi del conducente del veicolo attoreo: nello specifico, confermava integralmente la versione dei fatti per come forniti dall'attrice.

Si disponeva infine Ctu medico-legale, che accertava una moderata sindrome algido-disfunzionale del rachide cervicale sulla persona dell'attrice, riconoscendole un danno biologico del 2% (con un'I.T.A. di giorni 10 ed una I.T.P. al 50% di giorni 10).

La causa veniva posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - In via pregiudiziale, va ritenuta sufficientemente esauriente la lettera di messa in mora del 16 gennaio 2003, e comunque tale da non comportare legislativamente l'improcedibilità della domanda attorea.

Altresì, va considerata operante la garanzia assicurativa RCA, denunziando l'attrice un tamponamento tra veicoli, derivante da circolazione stradale.

Nel merito, all'esito dell'istruzione dibattimentale, non si ritiene tuttavia accoglibile la domanda dell'attrice Miceli Teresa.

Questa, infatti, non è stata in grado di provare, ai sensi dell'art. 2697 del codice civile, quanto affermato in atto di citazione.

Analizzando compiutamente l'istruttoria - per come espletata - appare opportuno svolgere alcune brevi considerazioni.

L'istante, descrivendo la dinamica del sinistro, ha sostenuto la tesi dell'accadimento del sinistro stradale per via dell'esclusiva imprudente condotta di guida del conducente l'autovettura tamponante.

Ma non è riuscita processualmente a provare in giudizio quanto affermato.

Valutando il mancato espletamento dell'interrogatorio formale dei convenuti contumaci Coppola Rocco e Fazio Andrea, per la volontaria assenza di questi all'udienza all'uopo designata, va opportunamente sgomberato il campo da equivoci di natura giuridica.

Mentre infatti il codice di procedura civile del 1865 equiparava tale comportamento ad una ficta confessio,Page 1178 l'attuale Codice di rito ha tenuto, a tale riguardo, un atteggiamento decisamente più prudente, sempre improntato al principio del nemo tenetur se detegere.

Dispone l'art. 232 c.p.c. che «se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio».

In considerazione del dettato della norma, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che dalla mancata risposta il giudice possa desumere argomenti di prova, ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c.

Non sembra che si possa, infatti, dare altra interpretazione alla predetta fase, se non che la mancata risposta è liberamente apprezzata dal giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c.

Pur tuttavia, la Cassazione specifica che «... la legge consente di desumere solo elementi indiziari dalla mancata risposta della parte, affermando che il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio, valutato ogni altro elemento di prova...».

Ma l'istruttoria dibattimentale non ha fatto emergere altri elementi di prova, neppure di carattere indiziario, a supporto della tesi di parte attrice.

Anzi, all'opposto, è emersa in dibattimento l'assoluta fragilità della testimonianza oculare del Gennaro Valerio.

Orbene, il Decidente non può non valutare negativamente il risultato della prova per testi di parte attrice, conformemente all'orientamento della giurisprudenza di legittimità che, dal canto suo, ha mostrato - anche nel recente passato - una certa diffidenza nei confronti delle dichiarazioni scritte, provenienti da terzi.

A tal proposito, il nostro ordinamento regola la prova testimoniale, esigendo che il testimone presti giuramento e che sia interrogato direttamente dal giudice, consentendo così a questo di valutare la sua attendibilità, anche attraverso il suo modo di esprimersi e di comportarsi durante l'escussione.

Tutto ciò non è evidentemente possibile quando la testimonianza sia incorporata in un documento, a mezzo di una dichiarazione assunta al di fuori del contraddittorio.

Principio, peraltro, recentemente ripreso ed espresso dal novellato art. 111 della Costituzione, dai cui lavori preparatori si evince che «... le scritture contenenti dichiarazioni provenienti da terzi sono anch'esse documenti, ma nulla di affidabile possono contenere in ordine alla genuinità, alla spontaneità, all'esattezza del tenore delle espressioni adoperate, visto che non sono state assunte dal giudice nel processo, in contraddittorio con tutte le parti in causa...».

Quanto al secondo teste, sig. Miceli Rosario, conducente altresì del veicolo attoreo - che confermava nella sostanza la versione di parte attrice, va dichiarata, ad opera di codesto Giudicante (subentrato nel processo in data 15 dicembre 2006), l'incapacità a testimoniare secondo il dettato della Suprema Corte, per la quale «l'interesse a partecipare al giudizio, previsto dall'art. 246 c.p.c. come causa di incapacità a testimoniare, si identifica con l'interesse a proporre la domanda o a contraddirvi previsto dall'art. 100 dello stesso codice. Pertanto è incapace a testimoniare qualsiasi soggetto che si presenti legittimato all'intervento in giudizio, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva e legittimazione passiva, fra legittimazione primaria e legittimazione secondaria (intervento adesivo dipendente), tra intervento volontario e intervento su istanza di parte. In particolare, è incapace a testimoniar il soggetto che potrebbe, o avrebbe potuto, in via d'intervento, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario, nonché il soggetto da cui il convenuto originario potrebbe o avrebbe potuto pretendere di essere garantito» (così Cass. civ., sez. 3, sent. n. 74 del 18 gennaio 1962; conf. Cass. civ. 17 luglio 2002 n. 10382).

Del pari altro orientamento della Suprema Corte, secondo cui «qualora sia accertata l'esistenza di un interesse potenzialmente idoneo a legittimare la partecipazione al giudizio, l'incapacità del testimone non può essere esclusa, dato che l'interesse a partecipare al giudizio, previsto dall'art. 246 c.p.c. come causa di incapacità a testimoniare, si identifica con l'interesse a proporre la domanda o a contraddirvi di cui si occupa l'art. 100 dello stesso codice» (così, Cass. civ. n. 2441 del 18 giugno 1975 e n. 3140 del 7 ottobre 1968).

In conclusione, dall'analisi degli atti di causa e delle dichiarazioni testimoniali, rese al processo, non è possibile evincere una responsabilità del conducente il veicolo Volkswagen Golf tg. AT296982 in ordine alla causazione del sinistro stradale, atteso che non è stata raggiunta una sufficiente prova al processo.

Per l'effetto, l'attrice non può avvalersi processualmente del disposto dell'art. 2054 comma 2 del codice civile, in base al quale «nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli...

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