Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1069-1079

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@CORTE DI APPELLO DI LECCE Sez. promiscua, 10 dicembre 2007, n. 1529. Pres. ed est. Palazzo - Imp. B. S.A

Reati fallimentari - Bancarotta in genere - Riforma della legge fallimentare - Modifica della definizione legale di «piccolo imprenditore» - Riduzione dell'ambito soggettivo di fallibilità - Incidenza sugli elementi costitutivi del reato di bancarotta - Esclusione.

La novella introdotta dall'art. 1 D.L.vo n. 5 del 2006, che ha modificato il tenore dell'art. 1 R.D. 267 del 1942, quanto all'individuazione della categoria dei piccoli imprenditori, ha inciso essenzialmente sulla qualifica di imprenditore fallibile ai sensi della legge fallimentare ma non sugli elementi costitutivi del reato di bancarotta. (C.p., art. 2; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del Tribunale di Lecce del 20 aprile 2004, all'esito del relativo giudizio, B. S.A. veniva dichiarato colpevole del delitto di cui all'art. 110, 223 in relaz. all'art. 216 R.D. 267/1942, per avere, nella qualità di amministratore - legale rappresentante della Srl I. V., sede di Squinzano, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce del 26 gennaio 1999, sottratto, distrutto e/o falsificato in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto e/o di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le scritture contabili e comunque per averle tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari e, ritenuta l'attenuante di cui all'art. 219 L. fall. e riconosciute le attenuanti generiche, veniva condannato alla pena di un anno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, alle spese di costituzione e rappresentanza, liquidate in euro 1.500,00, oltre accessori di legge e veniva dichiarato inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale per dieci anni ed incapace per la stessa durata di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, con la pena principale e le pene accessorie sospese, mentre veniva assolto dalla residua imputazione.

Avverso detta sentenza proponeva appello il B., contestando la fondatezza dell'intervenuta affermazione di responsabilità e la Corte di appello di Lecce, con sentenza del 26 settembre 2005, in riforma della predetta sentenza del tribunale, riduceva la pena inflittagli a quattro mesi di reclusione per il reato di cui all'art. 217 L. fall., così modificata l'originaria imputazione ed eliminava le pene accessorie, confermando nel resto la sentenza e condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado in favore della parte civile, liquidate in complessivi euro 1.500,00, oltre spese vive ed accessori di legge.

Proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza da parte del B., la Corte Suprema, con sentenza del 25 gennaio 2007, annullava la sentenza impugnata e rinviava ad altra sezione di questa Corte per nuovo esame.

All'udienza dell'8 novembre 2007, previa relazione del consigliere relatore, raccolte le conclusioni delle parti, la Corte si ritirava in camera di consiglio e decideva emettendo contestuale dispositivo».

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Preliminarmente, ed al fine di avere un quadro chiaro della vicenda all'esame di questa Corte, ed alla luce del principio enunciato dalla Corte di cassazione, va rilevato che, con la sentenza emessa il 20 aprile 2004 a seguito dell'istruttoria espletata dal Tribunale di Lecce B. S.A. veniva dichiarato colpevole del reato di sottrazione, distruzione e/o falsificazione delle scritture contabili della Srl I. V. creando a sé o altri un ingiusto profitto e comunque di averle tenute in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o il movimento degli affari, perché dalle sommarie informazioni rese dal curatore fallimentare risultava che il B. gli aveva consegnato il libro degli inventari dei beni ammortizzabili in bianco ed il libro dei verbali delle assemblee e il libro giornale relativo all'anno 1994 redatti solo in parte. Inoltre mentre nell'atto costitutivo si affermava che il capitale sociale era stato interamente versato, nel bilancio 31 dicembre 1994 figuravano crediti verso soci per versamenti non ancora effettuati; sul libro giornale figuravano operazioni sino al 31 dicembre 1994 mentre dalle altre scritture detta attività risultava esercitata anche nel 1995; sull'estratto di c/c del 6 marzo 1995 risultava una non coincidenza di valori dei debiti tributari rispetto ai registri Iva e ancora non era credibile l'utilizzo della disponibilità della somma di lire 59.043.290 per spese esigue, per cui, condividendo l'assetto del consulente del P.M., il giudice di primo grado riteneva la responsabilità dell'imputato in relazione al reato così contestatogli.

Precisava, inoltre e per quanto concerneva la possibilità di qualificare il B. come «prestanome», che il medesimo, assumendo la carica di amministratore, assunse anche l'impegno di tenere le scritture contabili e quindi anche il rischio che colui (il N.) cui fu delegata di fatto la carica si potesse sottrarre ai relativi obblighi. D'altronde il B. non era affatto soggetto estra-Page 1070neo all'attività sociale, perché vi svolgeva l'attività di ragioniere e perché personalmente provvide alla consegna delle scritture contabili al curatore fallimentare.

Tuttavia, in relazione alla tipologia dei fatti il giudice di primo grado riconosceva l'attenuante di cui all'art. 219 L. fall. e le attenuanti generiche per l'assenza di precedenti penali, condannandolo alla pena di un anno di reclusione ed alle pene accessorie, con la pena sospesa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede.

La Corte di appello di Lecce, con la sentenza del 26 settembre 2005, riformando parzialmente la sentenza del tribunale, derubricava l'originaria imputazione in quella di bancarotta semplice e rideterminava il trattamento sanzionatorio in quello di quattro mesi di reclusione, eliminando le pene accessorie, precisando che al B. era addebitata la mancata tenuta delle scritture e dei libri contabili e la mancata annotazione delle singole operazioni commerciali.

Con il ricorso per cassazione il B. sosteneva che, essendosi dimesso dalla carica di amministratore il 4 aprile 1995, la condotta sarebbe stata tenuta in un arco temporale antecedente di tre anni la dichiarazione di fallimento ed inoltre deduceva l'omessa motivazione in ordine all'esistenza dell'elemento psicologico, l'inosservanza degli artt. 27 Cost. e 42 e 43 c.p. perché gli era stata addebitata una responsabilità per posizione ed infine l'illogicità della motivazione conseguente al travisamento del fatto laddove la Corte scriveva che la responsabilità del B. sarebbe stata eludibile solo mediante formale atto di recesso non tenendo conto del fatto che si era dimesso nell'aprile 1995.

La Corte di cassazione riteneva fondate la prima e la quarta censura restando assorbite le altre due perché l'affermazione del B. di essersi dimesso il 4 aprile 1995 era contenuta nell'atto di appello in una nota a piè di pagina ma rappresentava parte integrante della censura diretta al giudice d'appello, che non avrebbe dovuto ignorarla, tanto che l'assoluta mancanza di motivazione sul punto determinava l'annullamento della sentenza con rinvio a questa sezione di corte di appello per nuovo esame.

Tanto premesso e passando ad esaminare il merito della vicenda alla luce del principio enunciato dalla Suprema Corte, deve rilevarsi che, se pure risulta dal verbale di assemblea la dichiarazione del B. di volersi dimettere dalla carica di amministratore unico della Srl I. V., ciò non è sufficiente a ritenere che le dimissioni si siano perfezionate, dal momento che a tanto non ha fatto seguito una delibera della Srl e che, comunque, non sono state osservate le forme all'uopo previste per le società di capitali, che valgono anche a garanzia dei terzi, dal momento che il nome dell'amministratore unico risulta anche dalla visura camerale e tanto più che nei verbali delle assemblea successive della Srl risulta ancora presente il B. nella veste di amministratore della Srl, peraltro come partecipe in forma attiva a tutte le decisioni. Per cui non può ritenersi, così come sostenuto dalla difesa, che il B. si fosse formalmente dimesso nell'aprile del 1994 e quindi in epoca anteriore ai tre anni precedenti la dichiarazione di fallimento (intervenuta il 15 febbraio 1999) e conseguenzialmente deve ritenersi integrato anche il requisito temporale prescritto dall'art. 217 L. fall.

Rimane quindi confermata la responsabilità del B. in ordine al delitto contestatogli, senza che possa valere in contrario la richiesta avanzata dalla...

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