Giurisprudenza di legittimitá

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine819-867

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 22 marzo 2005, n. 11064 (c.c. 25 gennaio 2005). Pres. Foscarini - Est. Providenti - P.M. X - Ric. Degiovanni ed altro.

Società - Reati societari - False comunicazioni sociali - Falso in prospetto - Nuova disciplinaContinuità normativa con l'art. 174 del D.L.vo n. 58/1998.

Esiste continuità normativa tra il reato di cui al previgente art. 174 del D.L.vo n. 58 del 1998 e quello di «falso in prospetto» previsto dall'attuale art. 2623 c.c. differenziandosi detta seconda previsione dalla precedente, in cui già appariva evidente la necessaria volontarietà del comportamento, solo per la presenza dell'ulteriore requisito costituito dalla intenzionale direzione del medesimo ad ingannare i destinatari dell'informazione. (Mass. Redaz.). (C.c., art. 2623; D.L.vo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 174) (1).

    (1) In dottrina, si veda: L. ALIBRANDI, I reati societari, Ed. Pirola, Milano 1993; A. LANZI, I nuovi reati societari, Ed. Cedam, Padova 2002.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il Gip presso il Tribunale di Milano, con sentenza dell'11 giugno 2003, applicava a Degiovanni Virgilio ed a Romagnoli Giovanni le pene rispettivamente concordate a norma dell'art. 444 c.p.p., per il primo in mesi dieci di reclusione ed euros 950,00 di multa, e per il secondo in mesi due e giorni venti di arresto, convertiti in euros 3.040 di ammenda.

Ai due imputati era stato contestato il reato di cui all'articolo 2623 c.c. perché il Degiovanni quale presidente ed il Romagnoli quale amministratore delegato della Freedomland ITN spa, allo scopo di far conseguire un ingiusto profitto al Degiovanni, avevano esposto nel prospetto informativo relativo all'offerta pubblica di sottoscrizione ed ammissione alla quotazione delle azioni TIN false informazioni ed avevano occultato dati e notizie in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari. Al Degiovanni era stato anche contestato il reato di cui all'articolo 166 del D.L.vo n. 174/1998, per aver esercitato senza esservi abilitato, l'attività di promozione e collocazione, mediante tecniche di comunicazione a distanza, di strumenti finanziari ed in particolare delle azioni della ITN spa.

Hanno proposto ricorso i due imputati censurando la sentenza impugnata perché il Gip non avrebbe dovuto accogliere la richiesta di patteggiamento, ma a norma dell'articolo 129 c.p. avrebbe dovuto ritenere, in base alla normativa entrata in vigore con il D.L.vo n. 61 del 2000, che i fatti non sono più previsti dalla legge come reato. E per la contravvenzione indicata al capo b) che il fatto non costituisce reato per la mancanza dell'elemento della professionalità.

Le censure sono manifestamente infondate. Il giudice di merito si è fatto carico con corretta ed attenta motivazione dell'esame comparativo delle fattispecie di reato inizialmente contestate e successivamente modificate, pervenendo a conclusioni conformi all'indirizzo giurisprudenziale più volte affermato da questa Corte di legittimità.

In particolare può ritenersi ius recptus che la nuova formulazione delle norme che prevedono i delitti di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 e 2623 c.c.) contenuta nel decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 non ha comportato l'abolizione totale dei reati precedentemente contemplati, ma ha determinato una successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo in relazione a quei fatti, commessi prima dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo, che non siano riconducibili alle nuove fattispecie criminose (v. Cass., Sez. un., 26 marzo 2003 n. 25887).

La disposizione contenuta nella nuova formulazione dell'articolo 2623 c.c., è del tutto simile alla previgente contravvenzione di cui all'articolo 174 del D.L.vo n. 58/1998 ed inoltre in epoca antecedente al 1998, poteva ritenersi che la falsificazione di comunicazioni obbligatorie per legge rientrasse nell'originaria fattispecie prevista dall'articolo 2621 c.c. Le due norme ed in particolare l'art. 174 hanno descritto una fattispecie di reato che prevede comportamenti perfettamente riconducibili alla nuova formulazione della norma. Il falso in prospetto oltre a rientrare nella previsione generale delle false comunicazioni, era già previsto espressamente dall'art. 174 del cit. D.L.vo, e la condotta in esso prevista integra del tutto il comportamento posto in essere dai due imputati.

Infatti, l'oggetto del reato consiste nella esposizione di false informazioni nelle comunicazioni obbligatorie per il controllo da parte della Consob.

L'interesse tutelato nella nuova e nella vecchia legge è dato dalla difesa della correttezza nell'amministrazione delle società quotate, nell'interesse di tutti i soci ed in particolare delle minoranze. Sia la contravvenzione di cui all'articolo 174, che il nuovo reato contenuto nell'articolo 2623 c.c., hanno previsto al secondo comma una ipotesi aggravata, con relativo aumento di pena. Le differenze di maggior rilievo sono riscontrabili nell'elemento soggettivo del nuovo art. 2623 c.c., e sono volte a meglio precisare, che la volontarietà dell'atto deve essere consapevole della fal-Page 820sità e indicativa della intenzione di ingannare i destinatari del prospetto. Anche nella formulazione dell'articolo 174 era evidente la volontarietà del comportamento, ma non vi era indicata l'intenzionalità diretta ad ingannare i destinatari dell'informazione.

Quindi, nel caso in esame la nuova legge ha determinato non già la soppressione del reato bensì la parziale modifica dello stesso.

Il giudice di merito dopo, aver accertato la validità dell'incriminazione, la sua completezza in ordine alla nuova fattispecie e la vigenza dell'illegittimità del comportamento, ne ha tratto le inevitabili conseguenze derivanti dalla successione delle leggi nel tempo.

Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 166 del D.L.vo n. 58/1998, la responsabilità del Degiovanni è stata chiaramente esaminata in fatto con motivazione logica e coerente. La norma non richiede che l'attività abusiva sia effettuata in modo professionale, ma punisce qualsiasi ingerenza di persone non abilitate nell'attività di promozione e collocamento di titoli nel mercato mobiliare.

Il giudice del merito ha con corretta motivazione evidenziato il comportamento del Degiovanni, certamente conforme alla fattispecie incriminatrice.

D'altra parte, avendo i ricorrenti richiesto la procedura prevista per il patteggiamento e concordato con il P.M. la misura della pena, non è loro consentito di proporre doglianze in ordine all'accertamento della responsabilità in contrasto con l'accettazione dell'applicazione della pena e con la rinunzia a tutte le altre eccezioni o difese, a norma dell'articolo 444 c.p.p.

I ricorsi vanno pertanto, dichiarati inammissibili con il conseguente obbligo dei ricorrenti a pagare in solido le spese del procedimento ed a versare alla Cassa delle ammende la somma equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000 ciascuno. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 18 marzo 2005, n. 10688 (ud. 18 novembre 2004). Pres. Lattanzi - Est. Sica - P.M. Galasso (conf.) - Ric. Giammarino.

Reati fallimentari - Bancarotta fraudolenta - Bancarotta per distrazione - Distrazione compiuta a favore di società appartenente al medesimo gruppo - Configurabilità del reato - Condizioni - Effettivo svolgimento di attività imprenditoriale con funzioni collegate tra la società madre e le società controllate.

In caso di distrazione di beni sociali in favore di altra società appartenente al medesimo soggetto, la configurabilità, in caso di fallimento, del reato di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma secondo, n. 1, L. fall., e 2634 c.c., non può essere esclusa, ai sensi del comma terzo del citato art. 2634 (secondo cui «in ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo»), per il solo fatto che il soggetto abbia il controllo di entrambe le società, occorrendo invece che egli abbia svolto una vera e propria funzione imprenditoriale di indirizzo e coordinamento delle società controllate (cosiddetto«holding pura»), eventualmente anche accompagnata da attività ausiliaria o finanziaria (cosiddetto «holding operativa») dotandosi, a tal fine, di apposita, idonea organizzazione, con correlativa assunzione di responsabilità ai sensi dell'art. 2497 c.c. (Mass. Redaz.). (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 223; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216; c.c., art. 2634) (1).

    (1) La sentenza in oggetto assume una particolare importanza sotto un duplice aspetto: in primo luogo riformula, alla luce della novella introdotta con il decreto legislativo n. 6/ 2003, l'interpretazione delle disposizioni relative alla direzione e coordinamento di società; in secondo luogo si preoccupa di colmare il vuoto normativo in ordine alla definizione di «gruppo».


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 17 dicembre 1997 dichiarava Giammarino Eugenio, colpevole del reato di cui agli articoli 110, c.p., 216, nn. 1 e 2, 219 e 223 R.D. 267/ 1942, perché nella qualità di dominus della srl OLII Zenith, dichiarata fallita in data 8 novembre 1990 e costante gestore di fatto, distraeva, in concorso, beni della società medesima (prodotti petroliferi, per un valore complessivo di varie centinaia di milioni, che la società aveva ricevuto dai fornitori) e allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di arrecare pregiudizio ai creditori, sottraeva libri e scritture contabili della società, tenendo, inoltre, i pochi libri fatti pervenire alla curatela, in maniera da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (con passivo di quasi due miliardi di lire), (capo A) e del reato di cui agli artt. 223, 216 primo comma, nn. 1 e 2 e 219 R.D. 267/1942, perché nella sua qualità di procuratore e comunque di gestore...

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