Giurisprudenza di legittimitá

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1197-1220

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 21 settembre 2006 (ud. 28 giugno 2006). Pres. Morelli - Est. Esposito - P.M. Consolo (diff.)Ric. Vitale ed altro.

Misure cautelari personali - Estinzione - Termini di durata massima della custodia cautelare - Contestazione a catena - Pluralità di provvedimenti cautelari per fatti diversi - Mancanza di una connessione qualificata - Decorrenza dei terminiRetrodatazione della data in cui è stata eseguita o notificata la prima.

Nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall'art. 297, terzo comma, c.p.p., i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento della emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive, e ciò anche nella ipotesi di procedimenti diversi. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 297) (1).

    (1) La decisione che si annota apre un nuovo fronte interpretativo sul tormentato versante del divieto della c.d. «contestazione a catena», oggetto di perduranti contrasti giurisprudenziali non interrotti neanche dopo S.U. 17 luglio 1997, Atene, in C.E.D. Archivio Penale RV 208167, e sui quali le medesime sezioni sono ritornate, con sentenza 22 marzo 2005, Rahulia, in Foro it. 2006, II, 171, che, nel diramare cospicui contrasti interpretativi, ha dettato una serie di principi tra i quali quello secondo cui «nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, tra i quali non sussiste la connessione prevista dall'art. 297, terzo comma c.p.p., i termini delle misure disposte con le ordinanze successive decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, se al momento della emissione di questa erano desumibili dagli atti gli elementi che hanno giustificato le ordinanze successive». Nella massima ufficiale della decisione è evidenziato che il principio si applica solo a fatti diversi, non connessi, nell'ambito di un unico procedimento. Ora, la sentenza annotata, prendendo lo spunto dalla declaratoria interpretativa di incostituzionalità della Corte costituzionale del 3 novembre 2005 n. 408, in Foro it. 2006, I, 657 - nella quale non si rinviene alcuna distinzione tra unicità e pluralità di procedimenti, ma, anzi, un insistito richiamo a «in tutti i casi» e «per qualsiasi causa» - ha inteso allargare l'ambito di applicabilità dell'anzidetto principio ritenendo che la retrodatazione dei termini di durata della custodia cautelare deve operare, allorquando si tratta di reati diversi, (non avvinti da connessione c.d. qualificata), anche nell'ambito di procedimenti diversi. Al fine di evitare l'insorgere dei nuovi contrasti giurisprudenziali, tali da generare incertezze e contrastanti provvedimenti dei Giudici delle indagini preliminari e del procedimento cautelare, la sezione feriale della Suprema Corte - (chiamata a decidere sulla medesima questione - trattasi di altra ordinanza del Tribunale del riesame di Lecce emessa nell'ambito del medesimo procedimento cautelare) - ha, con ordinanza depositata il 3 ottobre 2006, (udienza 31 agosto 2006), opportunamente rimesso la questione alle Sezioni unite della Corte Suprema.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Vitale Claudio e Vitale Nicola Ivan hanno proposto ricorso per cassazione, ex art. 311 c.p.p., avverso l'ordinanza emessa in data 16 febbraio 2006 dal Tribunale di Lecce, sezione riesame, con la quale veniva rigettato l'appello proposto nell'interesse di essi Vitale volto alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare in atto ai sensi dell'art. 297 comma III, c.p.p.

Deducono i ricorrenti i seguenti motivi: - Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 606 comma 1 lett. B): in particolare violazione art. 297 comma 3 c.p.p.

- Mancanza di motivazione resa palese dal testo dei provvedimenti urgenti (art. 606 comma 1 lett. E).

Premettono gli indagati di essere detenuti in stato di custodia cautelare in carcere in forza di ordinanza di custodia cautelare n. 74/05 R.O.C.C. emessa dal Gip del Tribunale di Lecce in data 12 luglio 2005 per i delitti di omicidio, tentato omicidio, porto abusivo di armi ed altro, tutti aggravati ex art. 7 D.L. 152/91 (p.p. n. 5640/02).

Con precedente ordinanza di custodia cautelare n. 66/03 R.O.C.C. nel procedimento penale n. 3518/02 R.G.N.R. emessa il 29 luglio 2003 dal Gip presso il Tribunale di Lecce, e con altra n. 93/03 R.O.C.C. emessa il 3 novembre 2003 nel medesimo procedimento penale, venivano loro contestati sia il delitto associativo ex art. 416 bis c.p. nonché ulteriori accuse relative a spaccio di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, omicidio e porto illegale di armi, commessi tutti nell'ambito ed al fine di agevolare l'associazione mafiosa di cui sopra.

Nel citato procedimento n. 3518/02 R.G.N.R., con decreto che dispone il giudizio emesso dal Gup del Tribunale di Lecce in data 22 aprile 2004, i suddetti indagati venivano rinviati a giudizio davanti alla Corte di assise di Lecce nel processo penale iscritto al n. 4/ 04 R.G. Assise a carico di «Benattaib + 20», tuttora in corso di celebrazione, per tutti i delitti contestati.

Ciò premesso, i ricorrenti rilevano che era innegabile la sussistenza del medesimo disegno criminoso ed il vincolo della continuazione per tutti i delitti di omicidio contestati in quel primo procedimento tra loro - oltre che con il delitto associativo mafioso - con gli al-Page 1198tri delitti di omicidio in corso di trattazione e dei quali sono nuovamente accusati i medesimi indagati.

All'uopo, sarebbe bastato esaminare la complessiva impostazione accusatoria, i rispettivi capi d'imputazione, il contestato fine di favorire l'associazione mafiosa di presunta appartenenza, il contesto criminale nel quale ciascuno appare inserito e le rispettive modalità operative, nonché le modalità esecutive di ciascun soggetto in relazione a ciascun reato omicidiario (e non solamente associativo), così parimenti, gli espressi richiami contenuti nella stessa ordinanza applicativa della misura cautelare n. 74/05 R.O.C.C. e non poteva negarsi il vincolo della connessione qualificata dalla unicità del disegno criminoso ex art. 81 c.p.

La prima conseguenza del riconoscimento della connessione così qualificata doveva essere che, essendo gli indagati in stato di custodia cautelare fin dall'emissione della prima ordinanza del 29 luglio 2003, e comunque da quella del 3 novembre 2003, e trattandosi di fatti diversi e legati dal vincolo della continuazione, nonché commessi anteriormente all'emissione di esse e, comunque, desumibili dagli atti prima della data del rinvio a giudizio del 22 aprile 2004, gli indagati avevano maturato il diritto alla scarcerazione per perdita di efficacia della custodia cautelare in quanto erano scaduti tutti i termini ex art. 303 e ss. c.p.p. di durata della custodia cautelare, decorrenti dalla data di esecuzione della prima ordinanza.

Tali argomenti erano stati, però, completamente obliterati dal Giudice del gravame cautelare che aveva irragionevolmente escluso il vincolo della continuazione.

Il tribunale del riesame aveva finito, così, con l'ignorare ciò che altri giudici di merito avevano giàstabilito con sentenza irrevocabile (nel giudizio stralcio della medesima indagine, già celebrato nelle forme del rito abbreviato), e, cioè, che tutti i delitti di omicidio ascritti alla «guerra di mafia» in corso erano già stati tutti ritenuti connessi ed uniti tra loro dalla identità del medesimo disegno criminoso, con la conseguenza che anche gli altri qui contestati - allora non compiutamente accertati ed iscritti in un nuovo fascicolo di indagini da parte del medesimo Organo inquirente - ne costituiscono lo sviluppo logico e cronologico e per ciò stesso sono sicuramente inseriti nel medesimo progetto criminale (almeno secondo la stessa impostazione di accusa emergente nella nuova o.c.c.).

Deducono ancora i ricorrenti che, nella fattispecie in questione, anche nell'impossibile ipotesi in cui non si volesse ravvisare un rapporto di connessione qualificata dal vincolo della continuazione tra i delitti omicidiari tra loro e con quello associativo, era comunque applicabile la retrodatazione ex art. 297 comma 3 c.p.p. sia come formulato anteriormente alla sua declaratoria di incostituzionalità, (e con riferimento a S.U. n. 21957 Rahulia), sia a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 408/05, sol che si leggesse il contenuto e le date in cui erano state rilasciate le dichiarazioni accusatorie dei diversi collaboratori di giustizia (e per il Cerfeda Filippo sarà utile rileggere anche il famoso memoriale acquisito il 18 agosto 2003), chiaramente riportate nella stessa ordinanza di custodia cautelare n. 74/05 R.O.C.C. emessa in data 12 luglio 2005, dichiarazioni in virtù delle quali era agevole asserire che al medesimo P.M. procedente, al più tardi alla data del 3 novembre 2003 (data di emissione dell'ordinanza n. 93/03 R.O.C.C.), erano ben noti e, dunque, desumibili dagli atti, quegli «elementi» posti a base della successiva ordinanza custodiale n. 74/05 R.O.C.C.

Il tribunale aveva disatteso tale richiesta ritenendo erroneamente che il principio contenuto nelle decisioni suddette attenesse esclusivamente all'ipotesi di più ordinanze per fatti non connessi purché all'interno del medesimo procedimento e non, invece, a quelli di procedimenti diversi. Viceversa, a parere dei ricorrenti, le S.U. avevano chiaramente puntualizzato che la regola della retrodatazione era applicabile anche nel caso in cui da un unico procedimento vengano separate le indagini concernenti taluni fatti, sia in quello in cui i procedimenti diversi riguardino autonome iniziative del P.M. La regola della retrodatazione, quindi, anche per il richiamo operato in motivazione dai Giudici delle...

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