Giurisprudenza di legittimitá

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 14 luglio 2007, n. 25811 (ud. 6 giugno 2007). Pres. Chieffi - Est. Gironi - P.M. (conf.) - Ric. P.M. in proc. Elia ed altro.

Reati militari - Appropriazione di cose smarrite - Da parte di militari in missione in Iraq - Legge sopravvenuta più favorevole - Applicabilità del codice penale militare di pace - Fondamento - Fattispecie.

Al personale militare partecipante alla missione in Iraq si applica anche per i reati commessi prima della sua entrata in vigore, a norma dell'art. 2 comma 4 c.p., la sopravvenuta e più favorevole disciplina dettata dal codice penale militare di pace, secondo l'art. 2, comma 26, della legge 4 agosto 2006 n. 247 (fattispecie in materia di appropriazione di cosa smarrita di cui all'art. 236 c.p.m.p., commessa in data antecedente all'entrata in vigore della citata legge, per la quale è stata correttamente esclusa l'applicabilità del più grave regime sanzionatorio stabilito dall'art. 47 del codice penale militare di guerra). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 2; c.p.m.g., art. 47; c.p.m.p., art. 236) (1).

    (1) Nulla in termini.


MOTIVI DELLA DECISIONE. - Vista la sentenza in epigrafe, che, ai sensi dell'art. 260, comma 2, c.p.m.p., ha dichiarato n.d.p. nei confronti dei caporali E.I. Elia Valerio e Marzo Giovanni, all'epoca del fatto in missione in Irak, in ordine al reato di appropriazione di cosa smarrita di cui all'art. 236 c.p.m.p. per mancanza di richiesta di procedimento da parte del comandante di corpo; visto il ricorso con cui il P.M. militare denuncia violazione dell'art. 47, comma 1, c.p.m.g., applicabile nella specie, sul rilievo che lo stesso non prevede una circostanza aggravante ma qualifica come autonome fattispecie di reato, aumentandone la pena edittale, le previsioni incriminatrici del codice penale militare di pace, con conseguente inapplicabilità dell'art. 260, comma 2, c.p.m.p. per il superamento del limite di pena ivi stabilito; ritenuta la fondatezza della censura, dovendosi alla previsione di cui all'art. 47 c.p.m.g. attribuire non già natura di circostanza aggravante dei reati previsti dal c.p.m.p. ma, come sostenuto dal ricorrente, con il conforto della dottrina e di un sia pur lontano precedente, di una generalizzata integrazione della figura-base del reato contemplato dal c.p.m.p.; considerato che in tal senso orientano anche i lavori preparatori del c.p.m.g., secondo cui l'art. 47 cit. introduce un inasprimento «obbligatorio» della sanzione (Relazione commissione reale ai progetti preliminari dei codici penali militari), donde la sua sottrazione al giudizio di comparazione con eventuali circostanze di opposto segno; rilevato, peraltro, che con la sopravvenuta L. 4 agosto 2006, n. 247 (art. 2, comma 26) è stata disposta l'applicabilità al personale militare partecipante alla missione in Irak del codice penale militare di pace, con conseguente inapplicabilità del citato art. 47, comma 1, c.p.m.g., e che, pertanto, ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p., tale più favorevole disciplina è estensibile anche al caso di specie, con conseguente riduzione del regime sanzionatorio entro il limite per cui la punibilità è subordinata alla richiesta del comandante di corpo. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 29 maggio 2007, n. 21119 (ud. 12 aprile 2007). Pres. Lupo - Est. Teresi - P.G. Salzano (conf.) - Ric. Bentivoglio.

Acque pubbliche e private - Inquinamento - Scarichi - Acque reflue industriali - Nozione.

L'art. 2, lettera h) del D.L.vo n. 152/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, (ora trasfuso nell'art. 74, comma 1 lettera h, del D.L.vo n. 152/2006) definisce «acque reflue industriali» qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento. Il refluo deve essere considerato nell'inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore. (Mass. Redaz.). (D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, art. 74; D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, art. 2) (1).

    (1) Cass. pen., sez. III, 3 settembre 2004, Arcidiacono, in questa Rivista 2005, 759, ravvisa la distinzione fra acque reflue domestiche ed acque reflue industriali non nel grado o nella natura dell'inquinamento delle acque, bensì esclusivamente nella natura dell'attività dalle quali provengono, così che qualunque tipo di acqua derivante dallo svolgimento di un'attività produttiva rientra fra le acque reflue industriali ed il suo scarico in difetto di autorizzazione configura il reato previsto e punito dall'art. 59 del D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152. Si veda, in aggiunta ai precedenti citati in motivazione, Trib. pen. Milano, 14 aprile 2003, X, in Foro ambrosiano 2004, 62, secondo cui rientrano nel concetto di scarico di acque reflue industriali i liquidi provenienti dall'insediamento produttivo nella sua totalità e cioè dall'inscindibile composizione dei suoi elementi confluenti nel corpo recettore, a nulla rilevando che parte di essi sia composto da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come ad esempio quelli delle acque meteoriche.


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MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza 13 gennaio 2006 il Tribunale di Verbania condannava Bentivoglio Mario alla pena dell'ammenda quale colpevole, nella qualità di titolare della ditta Eco Geotech sas, d'avere effettuato, senza la prescritta autorizzazione, uno scarico di reflui industriali in acque superficiali [rio Qualba].

Accertava il tribunale che le acque reflue scaricate nella pubblica fognatura, tramite pluviali, provenivano dai lavori d'asportazione della copertura dell'immobile di proprietà della ditta Noveletric effettuati dalla società Eco Geotech, della quale l'imputato era legale rappresentante, i cui dipendenti avevano utilizzato il preparato liquido per fissare le fibre d'amianto presenti nella copertura stessa.

Il refluo era stato rinvenuto all'interno di alcuni tombini destinati alla raccolta delle acque piovane.

Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della motivazione perché non era stata ritenuta l'occasionalità, non punibile, dello scarico, stante che la ditta Eco Geotech stava svolgendo una tantum la sua attività presso la Novelectric e che la stessa non necessitava di previa autorizzazione allo scarico, essendo la vernice destinata a fissarsi sulle lastre d'eternit, mentre per puro caso era confluita, attraverso il pluviale, nella rete di raccolta delle acque meteoriche.

Quindi, lo sversamento del prodotto era avvenuto accidentalmente in mancanza di esigenze di smaltimento connesse al ciclo produttivo che presuppongono l'esistenza di una condotta.

Chiedeva l'annullamento della sentenza. Il ricorso è infondato.

L'art. 2, lettera h) del D.L.vo n. 159/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, [ora trasfuso nell'art. 74, comma 1, lettera h) del D.L.vo n. 152/2006] definisce «acque reflue industriali» qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento.

Il refluo deve essere considerato nell'inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore [Cass., sez. III, n. 13376/1998, 10 novembre 1998 - 18 dicembre 1998, Brivio, RV. 212541].

Ne consegue che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità, necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche [Cass., sez. III, n. 42932/2002, 24 ottobre 2002 - 19 dicembre 2002, Ribattoni, RV 222966: «Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi»].

Ha pure affermato questa Corte che «in tema di disciplina degli scarichi, mentre lo scarico discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dai requisiti dell'irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, e successive modificazioni, lo scarico occasionale, sia se effettuato in difetto di autorizzazione che con superamento dei valori limite, è privo di sanzione a seguito della eliminazione, ad opera dell'art. 23 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, del riferimento alle immissioni occasionali precedentemente contenuto negli artt. 54 e 59 del citato decreto n. 152» [Cass., sez. III, n. 16720/2004, Todesco, RV 228208].

Quindi, quale che sia il suo carattere temporaneo, soltanto una condotta del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico di acque reflue [le immissioni effettuate fuori dal ciclo produttivo senza il tramite di una condotta] non è soggetta alla preventiva autorizzazione perché ogni immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità, ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 [cfr. Cass., sez. III, n. 14425/ 2004, Lecchi, RV 227781 e n. 16717, Rossi, RV 228027].

Nella specie deve escludersi il carattere occasionale dello scarico essendo stato accertato che lo stesso è avvenuto nel corso di un'attività rientrante nel...

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