Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine697-728

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 8 settembre 2008, n. 34877 (ud. 5 giugno 2008). Pres. Cosentino - Est. Fiandanese - Ric. Barra

Misure cautelari personali - Arresti domiciliari - Autorizzazione ad assentarsi - Provvedimenti emessi ex art. 284, comma 3, c.p.p. - Natura - Impugnazioni - Disciplina - Portata - Fattispecie.

Ai provvedimenti emessi ai sensi dell'art. 284, terzo comma, c.p.p., che regolano le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell'indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, in quanto incidenti sullo status libertatis, si applicano le regole sull'impugnazione dettate dall'art. 310 c.p.p., che prevede, in proposito, un sindacato di secondo grado esteso anche nel merito. Tale disciplina non trova tuttavia applicazione con riferimento a quei provvedimenti i quali, per il loro carattere temporaneo e meramente contingente, non sono idonei a determinare apprezzabili e durature modificazioni dello status libertatis. (Nel caso di specie la Corte ha accolto il ricorso avverso il rigetto della richiesta di persona sottoposta agli arresti domiciliari di ampliamento dell'orario relativo al permesso di allontanarsi dalla propria abitazione per la necessità di fare delle visite mediche e di accompagnare i figli minorenni a scuola). (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 310; c.p.p., art. 284) (1).

    (1) La citata sentenza delle Sezioni Unite del 21 gennaio 1997, Lombardi, è pubblicata per esteso in questa Rivista 1996, 865. Conforme anche Cass. pen., sez. VI, 25 gennaio 1995, Olivo, ivi 1995, 920.

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO. - Il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 1 febbraio 2008, dichiarava l'inammissibilità dell'appello proposto da Barra Angela avverso il provvedimento della Corte di appello di Napoli del 17 dicembre 2007 di rigetto della richiesta di modifica del regime di arresti domiciliari. Il Tribunale osservava che la richiesta della Barra di ampliamento dell'orario relativo al permesso di allontanarsi dalla propria abitazione, pur riflettendo una situazione rilevante per i concreti interessi del suo nucleo familiare, riguardava una mera modalità di esecuzione della misura custodiale che non comportava una modifica dello status libertatis, con la conseguenza dell'inammissibilità dell'appello.

Propone ricorso per cassazione il difensore della Barra, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Il ricorrente afferma che la richiesta della Barra era finalizzata allo svolgimento di visite mediche e alla necessità di accompagnare e riprendere i figli a scuola, avendo a carico cinque figli minori. Si tratterebbe, pertanto, osserva ancora il difensore, di esigenze non occasionali e contingenti ma riguardanti primarie e permanenti necessità della vita quotidiana. Tali circostanze sono ulteriormente evidenziate dallo stesso difensore in una memoria depositata, con la quale si ribadisce che la Barra non ha inteso avanzare una richiesta di permesso contingente, bensì una modifica permanente delle modalità di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, con la conseguenza dell'applicabilità dell'art. 310 c.p.p., trattandosi di prescrizioni più favorevoli che incidono significativamente sulla libertà personale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento.

Le Sezioni Unite di questa Suprema corte (3 dicembre 1996-21 gennaio 1997, n. 24, Lombardi, RV206465), erroneamente citata a sostegno dall'ordinanza impugnata, hanno chiarito che i provvedimenti emessi ai sensi dell'art. 284, comma 3, c.p.p., che regolano le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell'indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura cautelare e devono pertanto essere ricompresi nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale; ne consegue che ad essi si applicano le regole sull'impugnazione dettate dall'art. 310 c.p.p., che prevede, in proposito, un sindacato di secondo grado esteso anche nel merito. Le stesse Sezioni Unite hanno precisato che la predetta disciplina non trova applicazione soltanto con riferimento a quei provvedimenti i quali, per il loro carattere meramente temporaneo e contingente, non sono idonei a determinare apprezzabili e durature modificazioni dello status libertatis. Nel caso di specie, il Tribunale non solo non si è pronunciato sul carattere temporaneo e contingente del provvedimento richiesto, ma anzi riconosce che l'istanza della ricorrente concerne una «situazione rilevante per i concreti interessi del suo nucleo familiare».

In applicazione di tali principi l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con la conseguenza della trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per nuovo esame. (Omissis).

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 12 agosto 2008, n. 33387 (ud. 8 luglio 2008). Pres. ed est. Morgigni - P.M. Galasso (diff.) - Ric. Kofler

Indagini preliminari - Udienza preliminare - Fascicolo - Per il dibattimento - Formazione - Erroneo inserimento di un atto - Mancata tempestiva opposizione delle parti - Conseguenze - Fattispecie.

Qualora, senza tempestiva opposizione delle parti, venga inserito nel fascicolo per il dibattimento un atto che non dovrebbe esservi inserito, esso diventa pienamente utilizzabile ai fini del decidere, salvo che si tratti di atto da ritenere inutilizzabile ex art. 191 c.p.p., in quanto acquisito con procedimento contrario a divieti legislativi (principio affermato, nella specie, con riguardo a verbale di dichiarazioni rese dall'imputato al giudice per le indagini preliminari in sede di convalida dell'arresto, inserito nel fascicolo per il dibattimento a seguito della erronea declaratoria di contumacia dell'imputato stesso, che era invece presente). (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 491; c.p.p., art. 191) (1).

    (1) Anche per la citata sentenza Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2006, La Barbera, in questa Rivista 2007, 530, l'erroneo inserimento di atti nel fascicolo per il dibattimento non ne determina automaticamente l'inutilizzabilità, occorrendo che la parte interessata proponga tempestiva eccezione di inutilizzabilità entro il limite fissato dall'art. 491, comma secondo, c.p.p.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il 5 giugno 2007 la Corte d'appello di Trento sezione di Bolzano ha confermato la sentenza resa del Tribunale locale, che in data 11 aprile 2006 aveva condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione Franz Josef Kofler, ritenuto colpevole dei seguenti reati:

  1. art. 186 c.d.s. per avere guidato il veicolo AUDI tg. BH042JX in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche;

  2. art. 589 c.p. per avere - per negligenza, imprudenza o imperizia - e per colpa specifica per violazione degli artt. 141 e 186 c.d.s., consistente nell'avere guidato la propria autovettura in stato di ebbrezza ed a velocità non adeguata e tale da non consentirgli di controllare il veicolo, provocato la morte di Tappeiner Stefan per «frattura colonna cervicale-esorbitale oculare, fuoriuscita di materia cerebrale - frattura parieto-occipitale prevalenza lato sx»; in particolare il Kofler, dopo avere ingerito numerosi bicchieri di birra e vino bianco in diversi esercizi pubblici, si metteva alla guida della propria autovettura specificata sub a), ed all'altezza della progressiva chilometrica 171+800 della SS 38, non si avvedeva della presenza sulla strada di Tappeiner, appena uscito dalla propria autovettura, a seguito di sinistro nel quale era rimasto coinvolto e, a causa dell'eccessiva velocità tenuta, non riusciva ad evitare l'impatto, investendo il pedone e provocando le lesioni sopra specificate dalle quali derivava la morte; con l'aggravante di aver commesso il fatto con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale;

  3. artt. 81 e 189 D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 per non avere ottemperato, in violazione di più disposizioni di legge, quale utente della strada alla guida del veicolo specificato sub a) ed a seguito d'incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, all'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite; in particolare, dopo avere investito il Tappeiner con le modalità specificate sub b), si allontanava senza fermarsi e sincerarsi delle condizioni del pedone e senza prestare soccorso, in Laces, loc. Coldrano (BZ) il 24 novembre 2001 (con la recidiva specifica).

Ha proposto ricorso il difensore, deducendo quattro motivi.

1) Con il primo lamenta la violazione degli artt. 512, 513 e 526 c.p.p. nonché manifesta illogicità della motivazione.

Assume che in primo grado v'è stata una svista del cancelliere, che ha indicato l'imputato come contumace, mentre in realtà era presente. Da tale erroneo presupposto sarebbe derivata l'utilizzazione del verbale delle dichiarazioni rese da Kofler al G.I.P. in sede di convalida dell'arresto, mentre il medesimo è stato acquisito al fascicolo illegittimamente in violazione dell'art. 526 c.p.p. e, quindi, illegittimamente utilizzato, quale base della sentenza d'appello. Sarebbe stato necessario, invece, riaprire l'istruttoria, a richiesta di parte e - accertata la contumacia, l'assenza o il rifiuto dell'imputato di rispondere all'esame - disporne la lettura.

Né per pervenire alla medesima decisione assunta dal giudici territoriali sarebbe sufficiente utilizzare gli altri elementi di prova, poiché le dichiarazioni dell'imputato sarebbero gli unici che documentano il passaggio effettivo dell'auto dell'imputato sul luogo ove ha trovato la morte Tappeiner. I testimoni avrebbero menzionato nel corso delle indagini una BMW e solo in dibattimento, resisi conto che si trattava di una AUDI, avevano modificato la versione, rimanendo vaghi sul riconoscimento del veicolo. Né la serata trascorsa dal Kofler con Mitterhofer avrebbe rilevanza nella ricostruzione della dinamica. L'avere quest'ultimo affermato che...

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