Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine455-500

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@CORTE DI CASSAZIONE 18 maggio 2009, n. 20780. Pres. Gemelli - Est. Canzio - P.M. Ciani (conf.) - Ric. Iaccarino

Misure cautelari personali - Termini di durata massima della custodia cautelare - Contestazione a catena - Prima ordinanza emessa nell’ambito di un procedimento conclusosi con sentenza irrevocabile - Applicabilità del meccanismo ex art. 297, c. 3 c.p.p. - Esclusione.

La disciplina, prevista dall’art. 297 comma 3 c.p.p. in tema di cd.contestazioni a catena”, della retrodatazione dei termini di durata della custodia cautelare relativi ad una misura disposta con ordinanza successiva, non opera quando per i fatti di cui alla prima ordinanza l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato ancor prima dell’adozione della seconda misura. (Mass. redaz.) (C.p.p., art. 297) (1).

    (1) Importante decisione delle Sezioni unite della Cassazione, a componimento del contrasto di cui alla motivazione.

SVOLGIMENTO DELLA PENA. 1. – Iaccarino Leonardo è stato colpito da due ordinanze coercitive emesse dal G.i.p. di Palermo in distinti procedimenti:

– la prima del 23 marzo 2005, a seguito dell’arresto in flagranza avvenuto il 21 marzo 2005, per illecita detenzione, in concorso con Contini Giuseppina, di un ingente quantitativo pari a circa 200 kg di hashish ex artt. 110 c.p., 73, commi 1 e 4 e 80, comma 2 D.P.R. n. 309 del 1990, reato per il quale è stato condannato con sentenza pronunciata, col rito abbreviato dal G.u.p. di Palermo il 20 luglio 2005, confermata dalla Corte d’appello di Palermo il 24 febbraio 2006 e divenuta irrevocabile il 7 marzo 2007 (Cass., sez. VII, 7 marzo 2007, n. 20850), alla pena di anni tre di reclusione interamente espiata fino al 21 marzo 2008;

– la seconda del 23 settembre 2008, per le imputazioni di partecipazione ad associazione finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti del tipo hashish ex art. 74 D.P.R. cit. e di acquisto, detenzione, trasporto e cessione di ingenti partite delle medesime sostanze ex artt. 110 e 81 cpv. c.p., 73 e 80 comma 2 D.P.R. cit., nel periodo compreso fra gennaio e marzo 2005 e in occasioni diverse da quella già contestata del 21 marzo 2005.

Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 26 novembre 2008, rigettava l’appello proposto da Iaccarino (arrestato il 7 ottobre 2008) avverso il provvedimento del G.i.p. reiettiva dell’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di durata massima di fase della custodia cautelare applicata con la seconda ordinanza del 23 settembre 2008, sull’assorbente rilievo – ai fini della inoperatività della retradatazione prevista dall’art. 297, comma 3 c.p.p. per i casi di contestazioni a catena – del difetto del presupposto della necessaria “coesistenza della pluralità delle misure”: ciò per effetto del passaggio in giudicato della condanna in ordine al fatto contestato con il primo titolo custodiale, a prescindere da ogni verifica dell’asserita identità o connessione qualificata, per il profilo della continuazione o del nesso teleologico, esistente fra quel fatto, il delitto associativo e gli ulteriori reati-fine contestati con la seconda ordinanza cautelare.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, il quale ha ribadito la tesi della identità o connessione qualificata delle fattispecie contestate e comunque della piena conoscibilità e desumibilità, da parte della stessa autorità giudiziaria, dei fatti-reato di cui alla seconda ordinanza coercitiva già alla stregua degli elementi investigativi (intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti su strada e sequestro di partite di stupefacenti) che avevano portato all’arresto e alla prima ordinanza coercitiva, alla data quindi del rinvio a giudizio per l’episiodio di detenzione di 200 kg di hashish del 21 marzo 2005, assumendo per contro l’irrilevanza della sopravvenuta, definitiva, condanna per questo fatto.

  1. – La Quinta sezione, con ordinanza del 13 febbraio – 3 marzo 2009, rilevata la pregiudizialità della questione relativa all’efficacia preclusiva, sulla richiesta retrodatazione dei termini della seconda ordinanza custodiale, del giudicato di condanna per il fatto di cui al primo titolo, intervenuto ancor prima dell’emissione della seconda ordinanza per altre fattispecie di reato e in un diverso procedimento davanti alla stessa autorità giudiziaria, ha osservato che sulla controversa questione persiste un radicato contrasto giurisprudenziale e ne ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite, cui il ricorso è stato assegnato per l’odierna udienza in camera di consiglio.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. – Occorre premettere che la norma dell’art. 297, comma 3 c.p.p., come sostituita dall’art. 12 della legge n. 332 del 1995, nel dilatare l’ambito oggettivo d’incidenza della disciplina della retrodatazione degli effetti della custodia cautelare nell’ipotesi di c.d. “contestazione a catena”, già prevista dalla disposizione codicistica del 1988 per le sole ordinanze cautelari emesse per lo “stesso fatto”, benché diversamente circostanziato o qulificato, stabilisce che lo speciale regime (secondo l’interpretazione che di esso hanno dato le Sezioni Unite con la sentenza 22 marzo 2005, n. 21957, P.M. in proc.Page 456 Rahulia, RV. 231057-059) si applica anche alle ordinanze emesse nello “stesso procedimento” per “fatti diversi”, sempre che:

    – questi siano stati commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza cautelare;

    – sussita la connessione qualificata, rappresentata del concorso formale dei reati, del reato continuato e dalla connessione c.d. esecutiva di cui all’art. 12 lett. b) o c) c.p.p., e in tal caso essa opera automaticamente, cioè indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti, al momento dell’emissione della prima ordinanza, l’esistenza dei fatti oggetto dell’ordinanza successiva e degli elementi idonei a giustificare le relative misure;

    – ovvero, nel caso in cui le ordinanze cautelari riguardino fatti tra i quali non sussite la suddetta connessione, al momento dell’emissione della prima esistevano elementi idonei a giustificare le misure applicate con le ordinanze successive.

    Nel caso in cui più ordinanze cautelari siano adottate nei confronti di un imputato in “procedimenti diversi” per “fatti diversi”, in relazione ai quali esite una connessione qualificata, la retrodatazione opera altresì per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza.

    Le Sezioni Unite, con la successiva sentenza 19 dicembre 2006, n. 14535/07, Librato, RV. 235909 (la cui soluzione è stata condivisa da C. cost., ord. n. 445 del 2005), hanno inoltre aggiunto che, nel caso in cui più ordinanze cautelari siano adottate nei confronti di un imputato in “procedimenti diversi” per “fatti diversi” tra i quali non sussite la suddetta connessione, e però gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, soltanto se i due procedimenti siano in corso davanti alla “stessa autorità giudiziaria” e la loro separazione sia stata frutto di una scelta, indebita e consapevole, del pubblico ministero.

    Al di fuori di ogni automatismo riacquista valore, in tal caso, il riferimento soggettivo, poiché i procedimenti avrebbero potuto esere riuniti e i provvedimenti coercitivi essere adottati in un unico contesto temporale.

    Hanno peraltro opportunatamente osservato le Sezioni Unite nella più recente sentenza Librato (e il rilievo non appare trascurabile ai fini della soluzione dell’odierna questione) che “... Rispetto a una misura adottata in un altro procedimento l’effetto della retrodatazione sarebbe diverso, quello cioè di ridurne la possibile durata o addirittura di impedirla, mentre contemporaneamente la misura adottata nel primo procedimento, qualora i termini non fossero decorsi, potrebbe proseguire senza alcun prolungamento indebito. A ben vedere di retrodatazione si parla correttamente quando, essendo in corso l’esecuzione di una misura cautelare, sono emesse nello stesso procedimento altre ordinanze e i temini si fanno decorrere dal momento in cui è iniziata l’esecuzione della misura, anziché, come prevede l’art. 297 comma 2 c.p.p., dal momento in cui è stata notificata la successiva ordinanza. Se invece i procedimenti sono diversi e i termini del secondo si fanno decorrere dall’inizio dell’esecuzione della misura adottata nel primo la situazione è diversa: la durata della misura disposta nel primo viene imputata al secondo (che in molti casi non era neppure iniziato), dando luogo a un fenomeno concettualmente differente da quello della retrodatazione, benché per consuetudiene con lo stesso vocabolo ...”.

  2. – Ciò posto, va rilevato in linea di fatto che le due ordinanze custodiali, nel caso in esame, sono state emesse dalla medesima autorità giudiziaria a carico dello stesso imputato e in procedimenti diversi, per fatti commessi antecedentemente alla prima misura, mentre il secondo provvedimento restrittivo è stato eseguito quando la pena inflitta con la sentenza definitiva di condanna per i fatti di cui alla prima ordinanza era già stata interamente espiata (in questa essendo stato computato il “presofferto”) ed era stata pertanto disposta la scarcerazione dell’imputato.

    Di talché, il Tribunale del riesame non ha ritenuto di procedere al vaglio delle condizioni previste dall’art. 297, comma 3 c.p.p. (nella lettura che della norma è stata data – nei termini suindicati – dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione) per l’operatività della retrodatazione, in presenza di più ordinanze custodiali emesse dalla stessa autorità giudiziaria in procedimenti diversi a carico dello stesso imputato, sotto i distinti profili della identità o connessione qualificata dei fatti-reato contestati, dell’anteriorità dell’intera serie di condotte criminose rispetto...

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