Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine551-588

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 18 febbraio 2009, n. 7069 (ud. 29 gennaio 2009). Pres. Ferrua - Est. Palla - P.M. Delehaye (diff.) - Ric. R.F

Ingiuria e diffamazione - Diffamazione - In ambito condominiale - Lettera di denuncia di un condomino del comportamento dell'amministratore - Invio agli altri condomini - Riferimento a comportamenti mai tenuti dall'amministratore - Operatività del diritto di critica - Esclusione.

La lettera, inviata agli altri condomini, con cui si denuncia e censura, da parte di un condomino, l'operato dell'ex amministratore, con affermazioni non corrispondenti al vero e implicanti un giudizio di disonestà sul suo operato, non può costituire espressione del diritto di critica, il cui esercizio richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate. Non può, infatti, essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti (o espressioni mai pronunciate), per poi esporlo a critica come se quei fatti (o quelle espressioni) fossero effettivamente a lui riferibili. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 51; c.p., art. 595) (1).

    (1) Sempre con riferimento alla configurabilità in ambito condominiale del reato de quo e dell'esimente di cui all'art. 51 c.p., si veda Cass. pen., sez. V, 31 maggio 2006, Reccagni, in Arch. loc. 2006, 517, per la quale costituisce facoltà ricompresa nel diritto del comproprietario segnalare nel corso dell'assemblea del condominio di un edificio, nel rispetto del limite della continenza e della verità del fatto, episodi costituenti reato imputabili ad altro condomino e riguardanti la cosa comune.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - R.F., a mezzo dei suoi difensori, ricorre avverso la sentenza 11 luglio 2008 della Corte di appello di Torino con la quale, in parziale riforma di quella emessa il 20 febbraio 2006 dal Tribunale di Mondovì, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di diffamazione, relativo al contenuto della lettera dal R. inviata il 4 agosto 2000 all'amministratore in carica e ai condomini del condominio (Omissis), perché estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

Deduce il ricorrente, nel chiedere l'annullamento dell'impugnata sentenza, violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), trattandosi di una lettera di denuncia e censura dell'operato dell'amministratore, inviata da un condomino, espressione del diritto di critica formulato non con espressioni trasmodanti o ingiuriose, bensì con l'esposizione di fatti e circostanze. La corte di appello, invece, con motivazione carente, contraddittoria ed illogica, aveva ritenuto non veri i fatti esposti nella missiva, senza apprezzarne peraltro la corrispondenza o meno al vero, come nel caso del giudizio di «incompetenza in materia edilizia» rivolto al rag. C prima e al geom. Ca. poi, con riferimento all'avere il primo convocato il R. e l'impresa B. per il tracciamento delle aperture a soffitto con una bomboletta di vernice e nell'avere il geom. Ca. annunciato, durante l'assemblea del 7 aprile 2000, di volere eseguire una nuova pavimentazione dei balconi della torre da sovrapporre a quella esistente, circostanze che non si erano rivelate non corrispondenti al vero, da cui conseguiva che il termine «incompetenza» doveva ritenersi scriminato dall'esercizio del diritto di critica.

Neppure falsa era stata giudicata dai giudici di secondo grado l'affermazione - pure contenuta nella missiva e quindi nel capo d'imputazione - secondo la quale il geom. Ca. avrebbe proposto all'impresa L.A. di maggiorare l'importo della propria fattura da lire 220.000 a lire 550.000, mentre censurabili erano le motivazioni con cui la Corte territoriale aveva escluso la rispondenza al vero degli altri fatti enunciati e cioè il non aver provveduto il rag. C, alla data della missiva, a far pervenire ai condomini e a versare sul conto del condominio la somma di lire 55.592.600 che la Ditta T.S. era stata condannata a pagare al condominio ed aveva già interamente versato al C. entro la data del 15 aprile 1998, dal momento che comunque detta somma, al tempo in cui il R. aveva scritto la missiva (4 agosto 2000) in argomento non era stata ripartita tra i condomini né evidenziata in bilancio, circostanza che rappresentava l'elemento essenziale dell'accusa mossa all'amministratore, per cui la Corte di merito avrebbe dovuto ravvisare gli estremi dell'esimente del diritto di critica, essendo peraltro risultato corrispondente al vero che il C. avesse posto a carico dei condomini le spese processuali, da addebitarsi invece alla ditta esecutrice dei lavori.

Quanto alle ulteriori affermazioni contenute nella missiva de qua - conclude il ricorrente - esse avevano riguardato molteplici e varie vicende di appalti e relativi capitolati, progetti, esecuzioni di lavori ed erogazioni di compensi, affermazioni talune inesatte, altre corrispondenti al vero, altre ancora non riscontrabili, tutte peraltro pertinenti ed espresse con continenza, mentre infine il termine «complicità» impiegato per stigmatizzare la responsabilità del geom. G. nell'esecuzione dei lavori da parte della ditta Ara-Page 552gno in ritenuta difformità dal progetto, non era significativo di volontà offensiva e diffamatoria, come illogicamente ritenuto in sentenza. Con memoria depositata il 14 gennaio 2009, il difensore delle parti civili ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque infondato per avere il R. attribuito infondatamente alle parti civili specifiche azioni contrarie ai propri doveri e pregiudizievoli per tutti i condomini, laddove peraltro il ricorso del medesimo in altro non consisteva se non in una reiterazione degli argomenti difensivi già prospettati con i motivi di appello, quindi non specifici, ed inoltre inammissibilmente diretto ad un riesame dei fatti finalizzato all'annullamento della sentenza di secondo grado per vizi della motivazione, pur in presenza della già intervenuta declaratoria di improcedibilità per prescrizione.

Il ricorso è infondato.

Poiché l'applicazione della causa estintiva del reato è preceduta dal giudizio relativo alla inesistenza di prova evidente circa la non ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito, di regola in tal caso la decisione è insindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che un eventuale annullamento con rinvio imporrebbe la prosecuzione del giudizio resa incompatibile dall'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva ex art. 129 c.p.p. (Cass., sez. IV, 13 novembre 2002, n. 4841, in C.E.D. Cass., n. 223318).

Tuttavia tale principio non è applicabile allorché detta declaratoria, conseguente al riconoscimento di attenuanti, sia stata - come nella specie - pronunciata dal giudice di merito, la cui decisione sia stata quindi oggetto di ricorso: in tale ipotesi, infatti, ove si precludesse la possibilità di annullamento con rinvio per riscontrati vizi di legittimità, resterebbero immuni da censura i provvedimenti nei quali si affermi sostanzialmente la responsabilità dell'imputato con una motivazione manifestamente illogica o addirittura ai limiti dell'arbitrio (Cass., sez. VI, 7 febbraio 2003, n. 23248, in C.E.D. Cass., n. 225670), ovvero allorché la sentenza di merito abbia deciso non solo in ordine al reato per cui è intervenuta la prescrizione, ma - come nel caso in esame - anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati, in quanto eventuali vizi devono comunque essere rilevati e dichiarati in sede di legittimità, riflettendosi essi sulla validità delle statuizioni civili (v. Cass., sez. V, 9 giugno 2005, n. 26645, in C.E.D. Cass., n. 231916).

Ciò premesso, va osservato che in materia di diffamazione, la critica che si manifesti attraverso l'esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente, nella ricorrenza degli altri requisiti (rappresentati dall'interesse alla comunicazione e dalla correttezza del linguaggio adoperato), allorché sussista la verità oggettiva di quanto rappresentato quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento della elaborazione critica (Cass., sez. V, 6 giugno 2006, n. 29383, in C.E.D. Cass., n. 235004), poiché l'esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate in quanto non può essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti (o espressioni mai pronunciate), per poi esporlo a critica come se quei fatti (o quelle espressioni) fossero effettivamente a lui riferibili (Cass., sez. V, 31 gennaio 2007, Vullo, in Cass. pen. 2008, p. 1050).

Orbene, nella specie, con motivazione congrua, esaustiva, ed immune da vizi di illogicità, la Corte di merito ha evidenziato la non corrispondenza al vero della affermazione contenuta nella lettera 4 agosto 2000 inviata dal R. all'amministratore Ca. e ai condomini del condominio (Omissis), nella quale si sosteneva che il precedente amministratore C., ricevuta l'intera somma di lire 55.592.600 (dovuta al condominio dalla ditta T.S. in forza di sentenza del Pretore di Mondovì) entro il 15 aprile 1998, non aveva mai provveduto a far pervenire il risarcimento ai condomini né a versare la somma sul conto corrente del condominio, essendo rimasto documentalmente provato che il pagamento rateale di detta somma si era concluso solo dopo la cessazione dalla carica del C., il quale aveva informato l'8 giugno 1998 al riguardo il consiglio dei condomini che a tale data era stata corrisposta dalla ditta debitrice solo la somma di lire 15.000.000, riferendo poi in sede di assemblea condominiale del (Omissis) che proprio il mancato versamento di una consistente quota di spese condominiali da parte del R. lo aveva costretto ad utilizzare parte della somma già incassata dalla T.S. per coprire gli esborsi fatti. L'avere pertanto, contrariamente al...

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