Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13 maggio 2008, n. 19206 (ud. 27 marzo 2008). Pres. De Maio - Est. Petti - P.G. Ciampoli (conf.) - Ric. Crupi

Getto pericoloso di cose - Emissione di gas, vapori e fumi - Punibilità - Esalazioni provenienti da attività produttive - Esclusività - Esalazioni comunque imputabili all'attività umana - Presenza di numerosi animali in giardino senza adozione di idonee cautele - Sussistenza del reato. Getto pericoloso di cose - Emissione di gas, vapori e fumi - Odori sgradevoli - Accertamento mediante testimoni - Ammissibilità.

Le emissioni di gas, vapori o fumo idonei ad imbrattare o cagionare molestie alle persone non sono solo quelli provenienti da attività produttive nei casi non consentiti dalla legge, ma anche tutte quelle esalazioni maleodoranti comunque imputabili all'attività umana, quali ad esempio quelle provenienti dalla presenza nel proprio giardino di numerosi animali senza l'adozione di cautele idonee ad evitare disturbo o molestie ai vicini. (C.p., art. 674) (1).

In tema di emissioni idonee a creare molestie alle persone, laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. (Fattispecie relativa alla detenzione in giardino di trenta gatti e quattro cani, causa di emissioni di gas nauseabondi, provenienti da escrementi ed urine). (C.p., art. 674) (2).

    (1) Nel senso che l'art. 674 c.p. non punisce solo le emissioni di gas, vapori o fumo provocate con l'esercizio di attività produttive, bensì qualunque emissione, v. la citata Cass. pen., sez. I, 15 novembre 1993, Grandoni, in questa Rivista 1995, 124.

    (2) Negli stessi termini, cfr. Cass. pen., sez. I, 14 gennaio 2000, Samengo massimata, in Cass. pen. 2000, 3010 e Cass. pen., sez. III, 26 maggio 1998, Labita, ivi 1999, 2158.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza del 24 ottobre del 2006, il Tribunale di Messina condannava Crupi Flavia alla pena di euro 105 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, quale responsabile del reato di cui all'articolo 674 c.p. per avere, mediante la detenzione nel proprio giardino di trenta gatti e quattro cani, provocato emissioni di gas nauseabondi, provenienti da escrementi ed urine degli animali, atti a creare molestie ai vicini. Fatto commesso a Messina nel mese di luglio del 2003.

Il tribunale osservava che le dichiarazioni dei confinanti, costituitisi parti civili, erano state confermate dalle testimonianze degli agenti di polizia, i quali avevano affermato e constatato che nell'abitazione delle parti offese si sentiva un «odore nauseabondo provenire dalle aiuole poste a confine con il giardino Vadala», probabilmente perché gli animali facevano lì i loro bisogni.

Ricorre per cassazione l'imputata per mezzo del proprio difensore denunciando illogicità della motivazione per avere il tribunale fondato l'affermazione di responsabilità sulla sola deposizione delle persone offese, senza considerare gli altri elementi processuali.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Anche se la prevenuta non ha contestato l'astratta configurabilità del reato, è opportuno ribadire il principio già in passato affermato da questa Corte (Cass., sez. I, 15 novembre 1993 n. 10336), in forza del quale le emissioni di gas, vapori o fumi idonei ad imbrattare o cagionare molestie alle persone non sono solo quelli provenienti da attività produttive nei casi non consentiti dalla legge, ma anche tutte quelle esalazioni maleodoranti comunque imputabili all'attività umana, quali ad esempio quelle provenienti dalla presenza nel proprio giardino di numerosi animali senza l'adozione di cautele idonee ad evitare disturbo o molestie ai vicini.

Precisato ciò, si rileva che il ricorso è inammissibile perché sotto l'apparente deduzione del vizio d'illogicità della motivazione in realtà il ricorrente censura l'apprezzamento delle prove da parte del tribunale la cui motivazione non presenta alcun vizio logico o giuridico.

Invero, il tribunale ha dato atto che gli animali dal punto di vista sanitario erano tenuti bene, ma ciò non escludeva che, per il loro rilevante numero, dal luogo dove erano custoditi potessero, specialmente nei mesi estivi, propagarsi odori nauseabondi, idonei a creare molestia alle persone che abitavano nella zona.

Non è vero che il Tribunale di Messina ha fondato l'affermazione di responsabilità sulle sole dichiara-Page 358zioni delle persone offese, in quanto dalla sentenza impugnata risulta che l'assunto dei denuncianti era stato confermato anche dalla polizia municipale che aveva effettuato un sopralluogo, rilevando che dal giardino della prevenuta provenivano odori nauseabondi. In tema di emissioni idonee a creare molestie alle persone, laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL (cfr. Cass. 99/215147; Cass. 98/210959).

Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

La ricorrente è tenuta altresì alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile, liquidate come nel dispositivo che segue. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. II, 21 aprile 2008, n. 10323. Pres. Elefante - Est. De Julio - P.M. Ceniccola (conf.) - Centro Soccorso Stradale di Michele Delfiore & C. sas c. Sangiorgio

Circolazione stradale - Sosta, fermata e parcheggio - In area privata, sottoposta a servitù di uso pubblico - Portico condominiale - Rimozione di ciclomotore operata da carro attrezzi privato in esecuzione di contratto di prestazione d'opera stipulato con il condominio - Accertamento di violazione al codice stradale - Omissione - Illegittimità.

È illegittima la rimozione operata da una società di soccorso stradale di un ciclomotore posteggiato in area privata ma gravata da servitù di uso pubblico (nella specie portico condominiale) se non viene accertata dall'autorità amministrativa la violazione di un divieto al codice della strada. (Nuovo c.s., art. 157; nuovo c.s., art. 158; nuovo c.s., art. 159) (1).

    (1) La sentenza del Giud. di pace di Bologna 21 marzo 2003 - confermata dalla pronuncia in epigrafe - trovasi pubblicata in Arch. giur. circ. 2003, 227.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - In esecuzione del contratto di prestazione d'opera stipulato con il Condominio di Via Parini 26, Bologna, il Centro Soccorso Stradale (CSS) di Michele Delfiore e C. sas rimuoveva dal portico condominiale il ciclomotore di proprietà di Pietro Sangiorgio, ivi abusivamente parcheggiato e nonostante la presenza di appositi cartelli con l'indicazione di «proprietà privata - divieto di sosta» e con l'avvertimento che i motoveicoli sarebbero stati rimossi a spese dei trasgressori.

Pietro Sangiorgio, proprietario del ciclomotore, ritirava il mezzo, pagando la somma di lire 265.000 per spese di rimozione, trasporto e custodia, e, deducendo l'illegittimità della rimozione in quanto operata da privato e non dall'autorità amministrativa all'uopo preposta, adìva il Giudice di pace di Bologna per la condanna del CSS alla restituzione della somma, oltre al risarcimento dei danni.

Con sentenza in data 11-21 marzo 2003 il Giudice di pace di Bologna accoglieva la domanda e condannava il Centro di Soccorso Stradale di Michele Delfiore e C. sas alla restituzione a Sangiorgio Pietro della somma di Euro 136,86, oltre agli interessi legali ed alle spese del giudizio.

Avverso detta sentenza il Centro di Soccorso Stradale ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi.

Sangiorgio Pietro ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo la società ricorrente denuncia mera apparenza ovvero contraddittorietà e perplessità dell'intera motivazione della sentenza impugnata, poiché risulta impossibile ricostruire il processo logico-giuridico seguito dal Giudice di pace di Bologna, con una motivazione del tutto perplessa e contraddittoria, che rende dubbia la qualificazione giuridica delle posizioni soggettive e dei rapporti giuridici, che detto giudice ha posto a fondamento del suo iter argomentativo.

Secondo il ricorrente il giudice di pace ha preteso «di poter configurare un atipico e non meglio precisato affievolimento del diritto di proprietà che deriverebbe da una servitù d'uso pubblico - precisamente da un diritto di pubblico passaggio pedonale - gravante sull'area del portico stesso» (cfr. ricorso a pag. 6).

Il motivo è infondato.

Non sussiste, infatti, un vizio di motivazione deducibile avverso la sentenza pronunciata secondo equità dal giudice di pace in causa del valore che non...

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