Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. V, 8 maggio 2008, n. 18799 (ud. 6 febbraio 2008). Pres. Calabrese - Est. Marasca - P.M. Izzo (diff.) - Ric. Santillo

Ingiuria e diffamazione - Diffamazione - Mancata pulizia delle strade - Critica aspra rivolta dal sindaco all'Amministrazione provinciale - Configurabilità del reato - Esclusione.

È da escludere la configurabilità del reato di diffamazione a carico di un sindaco il quale, a fronte del mancato sgombero delle strade dall'accumulo di neve, abbia affermato, in una missiva diretta al presidente della provincia, che il soggetto cui, dall'amministrazione provinciale, era stato affidato il relativo servizio, lo svolgeva con «menefreghismo e scarsa professionalità». (Mass. Redaz.). (C.p., art. 595) (1).

    (1) Nulla in termini. Si veda, per quanto di utilità, Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 2007, Mazzucco, in CED - Archivio penale, RV 237726, per la quale sussiste l'esimente del diritto di critica qualora - con una missiva indirizzata al sindaco e alla giunta locali - si accusino alcuni vigili urbani di «scarsa professionalità» e di «superficialità mista a incoscienza e presuntuosità» in relazione al rilevamento degli incidenti stradali, considerato che tali espressioni costituiscono giudizi di valore e che essi rispettano i canoni della pertinenza e della continenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Santillo Giuseppe, sindaco pro tempore del Comune di San Polo Matese, veniva condannato, anche al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile Spina Michele, nei due gradi di merito - sentenze del Giudice di pace di Campobasso del 25 ottobre 2004 e del tribunale della stessa città del 9 maggio 2006 - per il reato di diffamazione, perché con una missiva diretta al Presidente della Provincia di Campobasso si lamentava del fatto che le strade non erano state sgomberate dalla neve in quanto lo Spina, affidatario del servizio, lo svolgeva con menefreghismo e scarsa professionalità.

Con il ricorso per cassazione Santillo Giuseppe deduceva i seguenti motivi di impugnazione:

1) la violazione dell'articolo 595 c.p. perché nel capo di imputazione non si faceva riferimento alla comunicazione con più persone, circostanza emersa soltanto dopo nel corso del dibattimento;

2) la inossevanza dell'articolo 595 c.p. perché i termini usati non sono ingiuriosi;

3) la violazione dell'articolo 597 c.p.p. perché il giudice di appello non si è pronunciato su tutti i motivi di appello - esercizio di un diritto, assenza di danno per la parte civile, atto di costituzione della parte civile privo dei requisiti previsti dall'articolo 78 lettera d) c.p.p. -;

4) la violazione dell'articolo 597 c.p.p. per non essersi pronunciato il giudice di appello sull'appello incidentale della parte civile;

5) la erronea applicazione dell'articolo 596 c.p.p., avendo l'imputato chiesto di provare la verità;

6) la violazione dell'articolo 598 c.p.p. perché la missiva in questione diede inizio ad un procedimento amministrativo.

È fondato il secondo motivo posto a sostegno del ricorso proposto da Santillo Giuseppe.

È necessario chiarire immediatamente che, come già detto in premessa, Santillo era sindaco del Comune di San Polo Matese e Spina Michele era affidatario del servizio di pulizia delle strade del comune dalla neve; l'appalto era stato concesso dalla Provincia di Campobasso.

Orbene è fuori dubbio che per la carica rivestita il Santillo avesse non solo il potere, ma il dovere nell'interesse della comunità amministrativa di controllare l'esatto adempimento dell'appalto e di compiere tutte le azioni necessarie per garantire il risultato, ovvero la pulizia delle strade.

Ed è altrettanto pacifico che l'interlocutore del sindaco non poteva essere il Presidente della Provincia di Campobasso, che era l'ente appellante ed era, quindi, l'unico soggetto in grado di richiamare l'appaltatore ed invitarlo ad effettuare un servizio più puntuale con conseguenti minori disagi per i cittadini.

Del tutto legittimamente, pertanto, il Santillo ha segnalato presunti disservizi nella pulizia delle strade all'ente appaltante per risolvere quello che appariva un serio problema per la popolazione, tanto è vero che anche un pulmann di linea aveva avuto difficoltà a percorrere alcune strade dirette al paese di San Polo Matese.

Naturalmente, proprio per il ruolo rivestito e per il fatto che il comune da lui amministrato fosse uno dei destinatari del servizio demandato allo Spina, il Santillo, oltre a denunciare disservizi, aveva certamente la possibilità, anzi anche in questo caso il dovere, di esprimere delle valutazioni sull'adempimento del servizio di sgombero delle strade dalla neve al fine di provocare l'apertura di un procedimento amministrativo - cosa avvenuta nel caso di specie - volto ad accertare la fondatezza della denuncia ed a verificare se ricorressero o meno i presupposti per applicare una sanzione all'appaltatore o addirittura se vi fossero i presupposti per una rescissione o una risoluzione del contratto di appalto.

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Il problema è, quindi, costituito dai toni e dalle espressioni usate dal Santillo per censurare la condotta dello Spina, espressioni che sono state ritenute dai giudici di merito diffamatorie.

Il Santillo, che evidentemente era un po' alterato sia perché una precedente missiva del vice sindaco sullo stesso argomento non aveva sortito gli effetti sperati, sia perché in situazioni di oggettiva difficoltà - tre giorni consecutivi di nevicate - le immancabili proteste dei cittadini vengono indirizzate sempre al primo cittadino, nella nota inviata al Presidente della Provincia, dopo avere denunciato la situazione precisava che l'affidatario del servizio di sgombero delle strade dalla neve svolgeva la sua attività con menefreghismo e scarsa professionalità.

Certamente il termine menefreghismo è inelegante e nei rapporti tra organi istituzionali non dovrebbe essere mai usato; il problema, però, non è quello di valutare una certa ruvidezza espressiva del sindaco, ma di verificare se detto termine sia da considerarsi offensivo oppure no.

Ebbene con tale termine si indica l'atteggiamento di chi non si impegni troppo nelle cose che avrebbe il dovere di fare; più genericamente l'espressione incriminata indica la tendenza a non curarsi delle cose a cui si deve dar peso per indolenza di carattere.

In buona sostanza, tenuto conto del contesto nel quale è stata usata l'espressione incriminata, con la stessa il Santillo ha voluto denunciare che nella esecuzione del lavoro l'appaltatore non metteva la dovuta attenzione creando disagi alla popolazione.

Tenuto conto del contesto dinanzi descritto e del fatto che il Santillo aveva il dovere ed il diritto di controllare l'esecuzione del lavoro dell'appaltatore ed il dovere di rappresentare le sue valutazioni all'ente appaltante, non si può ritenere che l'espressione stessa, ancorché inelegante e poco adatta nei rapporti istituzionali, abbia una portata offensiva.

Con l'espressione scarsa professionalità, poi, si stigmatizza un modo di lavorare non soddisfacente; quest'ultima pacificamente non è una espressione offensiva perché colui il quale ha il dovere di controllare il lavoro svolto da altri, come è nel nostro caso, e, quindi, il diritto di esprimere valutazioni sul lavoro stesso per le determinazioni degli organi competenti, può certamente utilizzare una siffatta espressione che appare del tutto corretta.

Del resto si tratta di espressione che viene comunemente usata da chi debba esprimere valutazioni sul lavoro prestato da dipendenti o, come nel caso di specie, da affidatari di un appalto pubblico; anzi il problema in questo settore è proprio l'atteggiamento opposto dei pubblici amministratori che spesso non garantiscono controlli davvero penetranti, limitandosi a verifiche superficiali sull'esatto adempimento dei compiti affidati a soggetti esterni all'amministrazione con conseguente danno per i cittadini amministratori.

Anche tale espressione, pertanto, tenuto conto del contesto nel quale è stata utilizzata, non ha portata offensiva.

L'accoglimento di tale motivo di impugnazione rende ovviamente superfluo l'esame degli altri motivi di ricorso.

Per tutte le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 24 aprile 2008, n. 10786. Pres. Settimj - Est. Bertuzzi - P.M. Russo (conf.) - Autoscuola Starnoni di Lollo Sara & C. Snc c. Prefettura di Pordenone

Depenalizzazione - Applicazione delle sanzioni - Soggetto responsabile di violazione al codice della strada - Invito a fornire informazioni sui dati personali e sulla patente del conducente - Obbligo del proprietario del veicolo - Inottemperanza - Conseguenze - Fattispecie in tema di autoscuola.

Il proprietario del veicolo (nel caso di specie, un'autoscuola) deve ottemperare all'invito di fornire informazioni sui dati personali e sulla patente di guida della persona cui ha affidato la conduzione del veicolo resasi responsabile di violazioni del codice della strada, e nel caso non possa o non voglia comunicare tali dati ne risponde. (Mass. Redaz.). (Nuovo c.s., art. 126 bis; nuovo c.s., art. 142; nuovo c.s., art. 180) (1).

    (1) Si rimanda, per un precedente nel senso di cui in massima, alla sentenza riportata in parte motiva Cass. civ. 12 giugno 2007, n. 13748, in CED Archivio civile, RV 598104.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con atto notificato il 6 dicembre 2005, la Autoscuola Starnoni di Lollo Sara & C. Snc, in persona del legale rappresentante Starnoni Roberto, ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza del Giudice di pace di Pordenone del 26 giugno 2005, che aveva respinto il suo ricorso avverso l'ordinanza-ingiunzione con cui il Prefetto di Pordenone le irrogava una sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione dell'art. 180, comma 8, codice della strada, per avere, senza giustificato motivo, non ottemperato all'invito...

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