Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine781-800

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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. lav., 27 luglio 1999, n. 8150. Pres. Sommella - Est. Dell'Anno - P.M. Nardi (diff.) - Targhetti ed altra (avv.ti Ippolito e Del Re) c. Inail (avv.ti Varone, Noto e Rossi)

Previdenza e assistenza (assicurazioni sociali) - Inail - Infortunio - Artigiani - Attività protette - Limiti - Operazioni materiali e sussidiarie - Inclusione - Svolgimento fuori del laboratorio artigiano - Irrilevanza - Fattispecie.

In applicazione del principio secondo il quale l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, in attuazione dell'art. 38 Cost., dà rilievo non già, restrittivamente, al cosiddetto rischio professionale, come tradizionalmente inteso, ma a tutti gli infortuni in stretto rapporto di connessione con l'attività protetta, quanto agli artigiani tale assicurazione copre anche le operazioni complementari e sussidiarie espletate al di fuori dei locali ove si svolge la sua attività, tra le quali non può non ricomprendersi quella di approvvigionamento dei pezzi di ricambio dei macchinari utilizzati per l'attività artigianale. (Nella fattispecie, la S.C. ha annullato la decisione del tribunale che, in riforma della sentenza del pretore, aveva escluso l'indennizzabilità dell'infortunio occorso ad un artigiano mentre rientrava presso la sede della sua ditta recandovi un pezzo di ricambio acquistato per il funzionamento del telaio del quale si serviva per l'espletamento della propria attività). (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2) (1).

    (1) Contra, nel senso che il rischio tutelato è solo quello connesso intrinsecamente all'attività tipica e peculiare dell'artigianato e non anche quello relativo ad attività marginali ed occasionali, v. Cass. civ. 23 ottobre 1985, n. 2679, in Arch. civ. 1986, 232. In senso conforme alla massima in epigrafe v. Cass. civ. 2 ottobre 1998, n. 9797, ivi 1998, 1345; Cass. civ. 24 aprile 1998, n. 4255, ivi 1999, 241; Cass. civ. 11 settembre 1997, n. 8919, in questa Rivista 1997, 981 e Cass. civ. 28 settembre 1996, n. 8570, in Arch. civ. 1997, 672.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso del 6 maggio 1992, Targetti Berta e Granchi Mara - premesso di essere eredi di Granchi Franco, del quale erano rispettivamente vedova e figlia, e che lo stesso era deceduto il 16 aprile del 1991 a causa di lesioni patite a seguito di un infortunio occorsogli il 29 marzo precedente, data nella quale venne coinvolto in un incidente stradale mentre, alla guida della propria automobile, rientrava presso la sede della sua ditta artigianale dall'acquisto di un pezzo di ricambio necessario per il funzionamento di un telaio, utilizzato nella esplicazione della attività lavorativa, rottosi lo stesso giorno - convennero in giudizio, avanti il Pretore di Prato, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro chiedendone la condanna alla costituzione, in loro favore, della rendita per i superstiti di vittime da infortuni sul lavoro.

Costituitosi il contraddittorio, il pretore accolse la domanda con pronuncia resa il 6 aprile 1993, che il tribunale ha riformato con la sentenza indicata in epigrafe all'esito del giudizio di appello instaurato dall'istituto.

Il giudice di secondo grado ha rilevato che, pur essendo rimasto provato che il sinistro si era verificato durante il viaggio che il Granchi aveva intrapreso per l'esclusiva ragione indicata dagli eredi del lavoratore, tuttavia lo stesso non poteva ritenersi indennizzabile in quanto la tutela assicurativa accordata agli artigiani è limitata agli infortuni subiti nell'esercizio della specifica attività lavorativa manuale per la produzione dei beni o dei servizi oggetto della attività stessa o che sia, con questa, in rapporto di intrinseca connessione, e non anche a quella peculiarmente imprenditoriale inerente la direzione, l'organizzazione e l'amministrazione dell'impresa, nella quale deve farsi rientrare il momento temporalmente precedente alla esecuzione della prima, e da questa distinto, che attiene alla scelta del ripristino dell'efficienza dei macchinari da utilizzare, con riferimento ai tempi e alle modalità che si reputino necessari per porre rimedio all'inconveniente.

Inoltre, ha osservato il tribunale che nella concreta fattispecie, a fronte di ipotizzabili soluzioni alternative e in assenza di una prova positiva sulla indispensabilità della scelta operata dal Granchi (con riguardo alla assenza di altri macchinari che avrebbero potuto consentire di proseguire ugualmente nella attività lavorativa, alla impossibilità di reperire pezzi di ricambio presso più vicini punti di vendita, alla necessità dell'utilizzo dell'automobile e alla non delegabilità ad altri della incombenza), era da ritenersi che la stessa fosse stata adottata nell'esercizio di un discrezionale potere organizzativo, venendo in questione quindi una attività diversa da quella del lavoratore subordinato che debba spostarsi in un determinato luogo per espletare la sua opera.

Di questa decisione viene chiesta la cassazione dalla Targetti e dalla Granchi con ricorso sostenuto da due motivi, seguito da memoria, che, peraltro, è stata depositata tardivamente rispetto al termine fissato dall'art. 378 del codice di procedura civile.

L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con la prima ragione di censura - denunciando falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 85 del D.P.R. n. 1124 del 1965 e 3 della Costituzione, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - le ricorrenti deducono che, al fine di fornire ragione della decisione, il tribunale è richiamato a principi affermati da questa Corte con sentenze le cui motivazioni non appaiono condivisibili con riferimento ai rigidi criteri distintivi tra attività propriamente lavorativa del lavoratore artigiano e attività di carattere più latamente imprenditoriale svolta dallo stesso con riferimento alle fasi della organizzazione e direzione dell'azienda, dovendo invece ritenersi che siano da inquadrarsi nella prima tutti gli atti che siano meramente esecutivi di decisioni assunte dal lavoratore in un momento temporalmente precedente purché collegabili al lavoro esercitato dall'artigiano, non potendoPage 782 restare mutata la loro natura se a compierli sia un dipendente dell'artigiano o quest'ultimo in proprio.

Il rilievo è fondato.

Assunta in punto di fatto la ricostruzione della vicenda come operata dal tribunale, e cioè che l'occorso si verificò mentre il Granchi faceva ritorno al laboratorio dal quale si era allontanato per recarsi da un fornitore di pezzi di ricambio per la riparazione di un macchinario da lui utilizzato nell'esercizio della propria attività artigianale, il problema che si pone è quello di accertare se possa farsi rientrare tra «i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro» (secondo la definizione del concetto di «infortunio sul lavoro» fornita dalla disposizione di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965) quello che si produca a carico dell'artigiano nel corso di uno spostamento che si sia reso necessario per recarsi dai locali della sua azienda in altro luogo per motivi diversi da quelli strettamente inerenti alla attività di produzione ma connessi a questa.

La questione si è già posta all'esame della giurisprudenza che, per il vero, non l'ha risolta in senso uniforme, e ciò in considerazione della equivoca formulazione dell'art. 4 del testo unico sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, che, nell'estendere la assicurazione antinfortunistica a categorie di lavoratori diversi da quelli di cui all'art. 1, al punto 3), indica «gli artigiani che prestano abitualmente opera manuale nelle rispettive imprese».

Il riferimento, da un lato, al requisito della «opera manuale» e, dall'altro, a che questa venga espletata «nelle relative imprese» ha indotto a restringere la tutela assicurativa ai soli rischi immediatamente e direttamente connessi alla fase materiale della attività «peculiare e tipica» della prestazione artigianale svolta all'interno dei locali aziendali, con esclusione perciò delle operazioni esterne, collegabili alla prima in maniera marginale o indiretta (ex plurimis, Cass. 23 aprile 1985, n. 2679; 27 gennaio 1993, n. 996; 13 febbraio 1993, n. 1816).

Con altre decisioni si è invece respinta una interpretazione talmente restrittiva allargandosi l'area della protezione anche alle operazioni propedeutiche al lavoro manuale tipico costituenti, di questo, la fase preparatoria (Cass. 16 marzo 1992, n. 3196, in fattispecie di incidente stradale subito da un artigiano falegname che con la propria vettura si era recato presso l'abitazione di un cliente per effettuare la misurazione di opere commissionate) o ad atre successive, connesse e accessorie rispetto alla attività vera e propria (Cass. 19 aprile 1995, n. 4346, in fattispecie di infortunio occorso all'istruttore di una scuola guida durante il ritorno nel luogo di ubicazione della azienda da quello in cui si era riaccompagnato un allievo dopo la lezione).

Con queste pronunzie si è quindi progressivamente ampliato lo stesso concetto di manualità e, per altro verso ancora, si è inteso ridefinire il requisito dell'esercizio della attività nella impresa come presupposto soggettivo della tutela intendendosi questa assicurata ai soggetti che versino in quella determinata situazione personale e che, cioè, prestino lavoro in una impresa ma non richiedendosi che l'evento dannoso si verifichi necessariamente nel normale luogo in cui il lavoro normalmente viene svolto o che sia causato direttamente dalle attività tipiche di questo.

Con altra sentenza ancora, si è ritenuta la operatività della copertura assicurativa nella ipotesi in cui il lavoratore artigiano aveva subito un infortunio mentre faceva rientro alla sua abitazione dopo essersi recato a consegnare a un cliente cose da lui eseguite nella esplicazione della attività...

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